Sarebbe giusto e molto bello se quest’anno in Italia la Giornata mondiale contro l’Aids – che dal 1987 celebriamo ogni primo dicembre – venisse anticipata, nel nome di Francesca. Il vero nome della bambina non è questo, ma la storia di paura e di esclusione che la riguarda è purtroppo esattamente quella che raccontiamo oggi. Ce l’hanno fatta conoscere Fortunata e Antonio, suoi genitori affidatari, con una coraggiosa e appassionata ‘lettera aperta’ indirizzata al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Siamo certi, vogliamo essere certi, che si troverà una soluzione per non far vivere a Francesca la stessa condizione di rifiuto e di isolamento che, secoli fa, toccava ai lebbrosi. Sì. Una soluzione si deve trovare e si troverà, comunque. Ne è garanzia la pronta disponibilità all’abbraccio espressa da un vescovo che di nome si chiama Angelo. Ma il problema che oggi vogliamo porre è come sia possibile che dopo 28 anni di civili battaglie, di film, di libri, di dibattiti, di maratone, di tenace informazione scientifica e di polemiche sacrosante (anche se qualche volta forzate e un po’ pretestuose…) in Italia scuole promosse e organizzate dallo Stato non siano capaci di ‘vedere’ una piccola cittadina seriamente malata, ma accoglibile e integrabile con saggezza e umanità e, dunque, la tengano fuori della porta. È bene che scandali come questo ci scuotano e ci tengano svegli. Se il ‘no’ a Francesca si capovolgerà in ‘sì’ daremo un degno prologo alla Giornata contro l’Aids, e saremo un po’ meno in ritardo nell’avere e usare gli occhi giusti.