I poveri e il dialogo con il territorio A Firenze, la Chiesa italiana ha vissuto «giorni di riflessione e confronto, a partire da un umile atteggiamento di ascolto della Parola del Signore, del Magistero papale, delle esperienze individuali e dei diversi punti di vista», una strada da continuare a percorrere «con forza», e con indicatori precisi: la «missionarietà» quale «forma» di «ogni nostra azione ecclesiale» e «presupposto di ogni attività educativa», per annunciare «Cristo, fondamento, modello e pienezza dell’umano»; la «famiglia» e la sua centralità nella Chiesa e nella società; la «scuola», che aiuta la famiglia nell’educazione dei figli e che deve sempre più essere «luogo di autentica formazione integrale e non solo di trasmissione di nozioni o capacità tecniche»; la «cattedra dei poveri», nei quali il Signore si rende presente in modo singolare e dai quali siamo ricondotti all’essenziale, e a riconoscerci poveri noi stessi. Perciò, «le scelte pastorali delle nostre Diocesi» e «dell’intera nostra Conferenza» dovranno essere verificate sull’«opzione preferenziale per i poveri» e sulla capacità di «mantenere vivo il dialogo e il confronto con le diverse culture presenti sul nostro territorio». Valorizzare le Porte Sante in tutte le diocesiSecondo il cardinale, l’Anno Santo che stiamo vivendo è «un motivo di crescita individuale e comunitaria», perché «solo alla scuola della misericordia il nostro mondo può ritrovare la speranza e percorrere la via della pace». Possa quindi questo «Giubileo della misericordia» insegnarci «a guardare le persone e le cose con occhi di bontà» per comprenderle «più a fondo», oltre ogni «rancore» o «indifferenza». Le nostre comunità divengano sempre più luoghi ospitali e accoglienti, in cui le inevitabili e salutari differenze sono occasione di crescita, e non di divisione. Bagnasco invita poi a valorizzare «in tutte le diocesi le Porte Sante», chiarendo che «Dio non lo si adora in un posto più che in un altro», e che «si deve servirlo nel luogo in cui ci ha posti, e amarlo nelle persone che abbiamo a fianco». Una Chiesa vicina ai giovani umiliati e agli adulti sofferenti Nonostante le «voci autorevoli circa la ripresa complessiva dell’economia», di cui «ce ne rallegriamo», il presidente della CEI non può fare a meno di dare «voce alle preoccupazioni della gente comune, accanto alla quale abbiamo la grazia di vivere» perché «siamo quotidianamente testimoni nelle nostre parrocchie e comunità» dell’«umiliazione di giovani che bussano invano alla porta del lavoro» senza la possibilità di «farsi una famiglia», e della «sofferenza di adulti» che hanno perso il lavoro e «da anni resistono grazie a lavori occasionali o alla provvidenza dei nonni». «La Chiesa è vicina» a questa persone, e le esorta a «non arrendersi», alla ricerca, «insieme», di «strade non solo di immediato sostegno, ma anche di nuove opportunità lavorative». Le «responsabilità di creare lavoro e occupazione» sono «altrove», ammonisce il cardinale Bagnasco, assicurando la disponibilità della Chiesa, nonostante i limiti e i già molteplici sforzi, a continuare «a tentare ogni via che l’amore a Cristo e alla gente ci suggerisce possibile, alla luce della misericordia e delle sue opere». Il cardinale ricorda l’esistenza di «una certa realtà che non deve diventare invisibile agli occhi di nessuno»: oltre quattro milioni di poveri e «circa un milione e duecento mila persone aiutate dai Centri di Ascolto delle comunità cristiane» con «problemi persistenti economici, di lavoro e abitativi» non possono passare inosservati. Da qui l’enorme impegno nelle «mense» e nella distribuzione di «pacchi viveri». Tutto questo, per mantenere «la voglia di lottare» e «tenere accesa la fiammella della fiducia», perché «c’è un bene sommerso che non fa notizia, ma crea rapporti e segna la vicenda umana». Questi sforzi vanno incoraggiati «per far crescere il fronte della generosità e del servizio ai poveri e agli indigenti, perché la vita di tante persone richiede risposte concrete e tempestive». La famiglia è il patrimonio più caro e prezioso E’ un «tesoro inesauribile e patrimonio universale», dice il cardinale. Per questo, va «tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti», in particolare per aiutare «la nascita dei figli», perché «l’indice di natalità è un segnale decisivo per valutare lo stato di un Paese». La famiglia è poi «il fondamento e il centro del tessuto sociale, il punto di riferimento, il luogo dove ricevere e dare calore, dove uscire da sé per incontrare l’altro nella bellezza della complementarietà e della responsabilità di nuove vite da generare, amare e crescere». E lo «Stato» deve assumere «doveri e oneri verso la famiglia fondata sul matrimonio, perché riconosce in lei non solo il proprio futuro, ma anche la propria stabilità e prosperità». Anche nell’attuale «acceso dibattito», va ricordato «che i Padri costituenti ci hanno consegnato un tesoro preciso, che tutti dobbiamo apprezzare e custodire come il patrimonio più caro e prezioso, coscienti che “non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”», dice ancora Bagnasco citando Papa Francesco. I figli sono poi «punta di diamante» della famiglia e «il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre; hanno diritto ad ogni precedenza e rispetto, sicurezza e stabilità. Hanno bisogno di un microcosmo completo nei suoi elementi essenziali, dove respirare un preciso respiro: “I bambini hanno diritto di crescere con un papà e una mamma. La famiglia è un fatto antropologico, non ideologico”», ammonisce il presidente della CEI citando ancora il Papa, e ribadendo l’unione e la compattezza dei vescovi «nel condividere le difficoltà e le prove della famiglia e nel riaffermarne la bellezza, la centralità e l’unicità», sognando «un “Paese a dimensione familiare”, dove il rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia». Interpellati da migranti e perseguitati Bagnasco esorta «l’opinione pubblica mondiale», perché «la persistenza dei viaggi della disperazione e delle atrocità che si continuano a perpetrare contro i cristiani e le altre minoranze religiose ed etniche, non deve provocare l’assuefazione», e «nessuno può rassegnarsi a una cultura dell’indifferenza», senza distinzione di «classi» o «provenienza». Il presidente della CEI invita «l’Europa e l’Onu» a «farsi carico della responsabilità di individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni, che gettano un’ombra pesante sulla stessa civiltà», richiamando la necessità «di sollecitare una nuova politica migratoria in Europa, affinché i Paesi dell’Unione non si chiudano, limitando la libera circolazione e riducendo l’impegno condiviso dell’accoglienza». Anche «le comunità ecclesiali, il mondo dell’associazionismo e della cooperazione» devono «fare in modo che i molteplici segni di accoglienza in atto sollecitino la politica locale e nazionale». Per questo, Bagnasco ricorda gli «oltre 27mila coloro che sono ospitati nelle nostre strutture», invitando a «superare soluzioni affidate solo alla generosità di singoli e di organismi», per favorire «un’accoglienza diffusa, che sappia accompagnare e valorizzare la presenza di tanti fratelli e sorelle nei quali si riflette – come in ogni bisognoso – il volto stesso del Signore».