Viviamo tempi difficili, immersi come siamo in una crisi che non è soltanto economica, ma più profondamente è crisi di senso, di motivazioni esistenziali, crisi delle istituzioni, crisi di tensione al bene comune.
E’ possibile, in questa situazione, stare di fronte alla realtà con uno sguardo che non sia quello del cinismo, della rassegnazione e della superficialità? E’ possibile in questa città un cammino positivo per una ripresa nuova, personale, sociale e istituzionale?
C’è un aforisma che dice: «Se non credi nei miracoli significa che non sei abbastanza realista!». Sì, ci vuole un miracolo per Acerra. Per questo, oggi, è tempo di speranza. La speranza non è una virtù per i tempi tranquilli, ma è l’unica virtù di cui abbiamo necessità assoluta nelle epoche di instabilità e incertezza, come questa che stiamo vivendo.
La paura, che è l’opposto della speranza, rischia di avere il sopravvento. Per non cadere nella paura ciascuno di noi si deve domandare: io che cosa posso fare?
La responsabilità personale è il primo dei due pilastri su cui poggia la Speranza. L’altro è la solidarietà sociale: essa è la terza via tra il Darwinismo economico del Capitalismo ed il Totalitarismo ideologico del Comunismo. Occorre una nuova solidarietà mondiale, come suggerisce il Papa nella ‘Charitas in veritate’ per superare la crisi economica che ha coinvolto tutta l’Europa; questa è anche la nuova solidarietà cittadina necessaria per salvare la nostra amata Acerra.
Da dodici anni sono cittadino di questa città, sempre divisa, frammentata, spappolata. Nell’arco di un decennio siamo alla terza esperienza di commissariamento prefettizio, assistiamo ogni giorno ad un depauperamento progressivo della vita economica, morale e sociale, che investe molti ceti cittadini, mentre altri, pochi, sguazzano nell’abbondanza e nell’eccesso. Come membro di questa comunità e come Vescovo che ha scelto di stare con voi soffrendo e lottando al vostro fianco, nelle più diverse situazioni di emergenza economica, ambientale e religiosa, io sento il dovere di denunciare questo malessere. La crisi, l’instabilità cittadina, la discordia non possono essere occasione per sbranarci gli uni con gli altri. Via i pregiudizi virulenti che ci avvelenano e ci distruggono. Non possiamo cedere al torpore sottile dei professionisti della politica, che pontificano quotidianamente nella nostra città. Coloro che sono più dotati culturalmente e civilmente professino la loro fede assolvendo l’impegno di una cittadinanza attiva e rischiosa in prima persona. Non possiamo gettare al vento le capacità di cui questa città pure è fornita. Lasciamo i teatrini e la chiacchiera che riempie le nostre piazze e rimbocchiamoci le maniche. Tutti. Ciascuno di noi deve fare il possibile nello spazio che ci è dato adesso, in famiglia, in politica, a scuola, in parrocchia, con gli amici, sui giornali.
Torna attualissimo il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata della pace del capodanno 2012: ‘educare i giovani alla giustizia e alla pace’: «Essi, dice il Papa, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale possono offrire una nuova speranza al mondo». Ma i giovani hanno bisogno di essere educati ad uscire da se stessi per essere introdotti nella realtà, verso la pienezza del dono di sé. Tale processo si nutre dell’incontro di due libertà: la responsabilità dell’allievo, del giovane aperto a lasciarsi guidare alla conoscenza della realtà e la responsabilità dell’educatore adulto e professionista, che deve essere disposto a donare se stesso. Per questo sono necessari in questa città autentici testimoni e non meri dispensatori di regole, di informazioni, testimoni che sappiano vedere più lontano degli altri. Testimone è colui che vive per primo il cammino che propone.
Cari acerrani, qui siamo in gioco tutti: io, la Chiesa, la comunità cittadina, tutti noi. La pienezza della nostra vita viene proprio dal donarsi, nonostante le nostre fragilità. Solo l’amore è forte come la morte. Cominciamo: comincia tu nella tua famiglia, nella tua scuola, nel tuo quartiere, insieme ai tuoi amici, senza violenza, senza pregiudizi, unendo le forze cambiamo le cose dove è possibile. L’alternativa sarebbe un dormire, passare la vita a criticare, a fregarcene: mettiamoci tutti insieme dietro San Cuono e Figlio.
Sono i nostri Patroni, quelli che hanno guidato le generazioni dei nostri padri, per secoli, ad essere una comunità coesa, sobria e felice.
«La Chiesa, ha detto il Cardinale Sepe nella Lettera conclusiva del Giubileo per Napoli, non è sorta per raccattare alibi», e allora domandiamoci: che cosa fare? Dove abbiamo sbagliato?
Noi siamo qui per fare la nostra parte. Bisogna riequilibrare un rapporto ormai malato tra Acerra e la speranza. Non basta più denunciare, come ogni giorno leggiamo e sentiamo sui manifesti cittadini e sulle nostre piazze. Occorre un altro registro per la svolta: il registro di Acerra come Risorsa e non come eterna capitale di tutte le emergenze. Acerra non può essere una città allo sbando e senza identità. L’uomo di fede attende l’aurora dell’anno nuovo più che la sentinella: la attende con ferma speranza perché sa che porterà luce, misericordia e salvezza. C’è un’oscurità diffusa sul nostro tempo, che non ci permette di vedere con chiarezza la luce del giorno. Eppure noi non cessiamo di attendere l’aurora; particolarmente i giovani attendono e perciò il Papa rivolge a loro il messaggio per la 45^ Giornata per la Pace: «Educare i giovani alla giustizia e alla pace». E noi aggiungiamo: «Tutti insieme dietro San Cuono e Figlio».
Per una città cosciente delle sue radici cristiane, la memoria del passato, che da oltre un millennio lega Acerra a questi Santi Martiri può rivitalizzare esperienze di vita delle generazioni presenti e alimentare la speranza fiduciosa del futuro.
E’ possibile, in questa situazione, stare di fronte alla realtà con uno sguardo che non sia quello del cinismo, della rassegnazione e della superficialità? E’ possibile in questa città un cammino positivo per una ripresa nuova, personale, sociale e istituzionale?
C’è un aforisma che dice: «Se non credi nei miracoli significa che non sei abbastanza realista!». Sì, ci vuole un miracolo per Acerra. Per questo, oggi, è tempo di speranza. La speranza non è una virtù per i tempi tranquilli, ma è l’unica virtù di cui abbiamo necessità assoluta nelle epoche di instabilità e incertezza, come questa che stiamo vivendo.
La paura, che è l’opposto della speranza, rischia di avere il sopravvento. Per non cadere nella paura ciascuno di noi si deve domandare: io che cosa posso fare?
La responsabilità personale è il primo dei due pilastri su cui poggia la Speranza. L’altro è la solidarietà sociale: essa è la terza via tra il Darwinismo economico del Capitalismo ed il Totalitarismo ideologico del Comunismo. Occorre una nuova solidarietà mondiale, come suggerisce il Papa nella ‘Charitas in veritate’ per superare la crisi economica che ha coinvolto tutta l’Europa; questa è anche la nuova solidarietà cittadina necessaria per salvare la nostra amata Acerra.
Da dodici anni sono cittadino di questa città, sempre divisa, frammentata, spappolata. Nell’arco di un decennio siamo alla terza esperienza di commissariamento prefettizio, assistiamo ogni giorno ad un depauperamento progressivo della vita economica, morale e sociale, che investe molti ceti cittadini, mentre altri, pochi, sguazzano nell’abbondanza e nell’eccesso. Come membro di questa comunità e come Vescovo che ha scelto di stare con voi soffrendo e lottando al vostro fianco, nelle più diverse situazioni di emergenza economica, ambientale e religiosa, io sento il dovere di denunciare questo malessere. La crisi, l’instabilità cittadina, la discordia non possono essere occasione per sbranarci gli uni con gli altri. Via i pregiudizi virulenti che ci avvelenano e ci distruggono. Non possiamo cedere al torpore sottile dei professionisti della politica, che pontificano quotidianamente nella nostra città. Coloro che sono più dotati culturalmente e civilmente professino la loro fede assolvendo l’impegno di una cittadinanza attiva e rischiosa in prima persona. Non possiamo gettare al vento le capacità di cui questa città pure è fornita. Lasciamo i teatrini e la chiacchiera che riempie le nostre piazze e rimbocchiamoci le maniche. Tutti. Ciascuno di noi deve fare il possibile nello spazio che ci è dato adesso, in famiglia, in politica, a scuola, in parrocchia, con gli amici, sui giornali.
Torna attualissimo il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata della pace del capodanno 2012: ‘educare i giovani alla giustizia e alla pace’: «Essi, dice il Papa, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale possono offrire una nuova speranza al mondo». Ma i giovani hanno bisogno di essere educati ad uscire da se stessi per essere introdotti nella realtà, verso la pienezza del dono di sé. Tale processo si nutre dell’incontro di due libertà: la responsabilità dell’allievo, del giovane aperto a lasciarsi guidare alla conoscenza della realtà e la responsabilità dell’educatore adulto e professionista, che deve essere disposto a donare se stesso. Per questo sono necessari in questa città autentici testimoni e non meri dispensatori di regole, di informazioni, testimoni che sappiano vedere più lontano degli altri. Testimone è colui che vive per primo il cammino che propone.
Cari acerrani, qui siamo in gioco tutti: io, la Chiesa, la comunità cittadina, tutti noi. La pienezza della nostra vita viene proprio dal donarsi, nonostante le nostre fragilità. Solo l’amore è forte come la morte. Cominciamo: comincia tu nella tua famiglia, nella tua scuola, nel tuo quartiere, insieme ai tuoi amici, senza violenza, senza pregiudizi, unendo le forze cambiamo le cose dove è possibile. L’alternativa sarebbe un dormire, passare la vita a criticare, a fregarcene: mettiamoci tutti insieme dietro San Cuono e Figlio.
Sono i nostri Patroni, quelli che hanno guidato le generazioni dei nostri padri, per secoli, ad essere una comunità coesa, sobria e felice.
«La Chiesa, ha detto il Cardinale Sepe nella Lettera conclusiva del Giubileo per Napoli, non è sorta per raccattare alibi», e allora domandiamoci: che cosa fare? Dove abbiamo sbagliato?
Noi siamo qui per fare la nostra parte. Bisogna riequilibrare un rapporto ormai malato tra Acerra e la speranza. Non basta più denunciare, come ogni giorno leggiamo e sentiamo sui manifesti cittadini e sulle nostre piazze. Occorre un altro registro per la svolta: il registro di Acerra come Risorsa e non come eterna capitale di tutte le emergenze. Acerra non può essere una città allo sbando e senza identità. L’uomo di fede attende l’aurora dell’anno nuovo più che la sentinella: la attende con ferma speranza perché sa che porterà luce, misericordia e salvezza. C’è un’oscurità diffusa sul nostro tempo, che non ci permette di vedere con chiarezza la luce del giorno. Eppure noi non cessiamo di attendere l’aurora; particolarmente i giovani attendono e perciò il Papa rivolge a loro il messaggio per la 45^ Giornata per la Pace: «Educare i giovani alla giustizia e alla pace». E noi aggiungiamo: «Tutti insieme dietro San Cuono e Figlio».
Per una città cosciente delle sue radici cristiane, la memoria del passato, che da oltre un millennio lega Acerra a questi Santi Martiri può rivitalizzare esperienze di vita delle generazioni presenti e alimentare la speranza fiduciosa del futuro.
+ Giovanni, Vescovo