Oggi la liturgia ci fa vedere qual è la meta del cammino che 11 giorni fa abbiamo iniziato: la luce sfolgorante della Pasqua di Gesù.
Domenica scorsa lo Spirito ha guidato Gesù nel deserto, oggi è lui a prendere con sé tre discepoli e a portarli con lui sul monte a pregare. Mentre era immerso nella preghiera il suo volto «cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». I discepoli sono oppressi dal sonno, ma quando si svegliano vedono la gloria di Dio e Pietro esclama: «è bello per noi essere qui». Quella oppressione dovuta al sonno, ci fa pensare al peso di tutto ciò che noi viviamo nella nostra vita personale e comunitaria. Gesù sta lì, il luogo è pieno di luce, ma i discepoli non subito sono riusciti a vederla. Spesso gli affanni della vita rischiano di coprire la luce del bene e del bello che in essa c’è; la fatica delle relazioni rischia di coprire la bellezza dello stare insieme; le mille cose da fare ci fanno perdere il gusto di contemplare la bellezza del creato e la necessità della sua custodia; il tempo che sfugge fa scadere anche la preghiera in una delle tante cose da fare e non ci permette di gustare fino in fondo quanto e bello stare con il Signore.
Guardando il mondo segnato ancora dalla pandemia e dall’assurdità della guerra, non vediamo che oppressione e morte, stentiamo a scorgere la presenza del Signore, non è facile vedere la sua luce.
L’esperienza che fanno i tre discepoli è unica, segnerà la loro vita, Pietro ne parlerà nella sua seconda lettera (cf 2Pt 116-18), è così bella che vogliono fare tre tende, voglio restare lì a godere della gioia e della pace che solo stando con Dio si può gustare fino in fondo. Ma Gesù non li ha portati lì per tirarli fuori dal mondo. Luca dice che ci sono anche Mosè ed Elia che parlano della passione che sta per compiersi a Gerusalemme. La gloria c’è, ma non esula dalla vita quotidiana, nemmeno dalla fatica e dalla sofferenza, anzi ci passa dentro, la illumina, la trasfigura e dà a ciascuno la forza per affrontare il buio, la pesantezza che la vita e la malvagità dell’uomo riservano. Gesù e i tre discepoli poi scendono dal monte, ma questa esperienza permetterà a tutti di non fermarsi davanti a nessuna avversità; il Maestro non si fermerà nemmeno davanti alla croce, ci salirà sopra e, dall’alto di quel patibolo trasfigurerà anche le tenebre della morte.
Strazianti sono le immagini di mamme che scappano tra le bombe e la neve con i loro piccoli, di anziani che si trascinano il peso dell’età e delle poche cose che riescono a prendere, di uomini che piangono perché devono lasciar partire le loro famiglie. Ma vediamo anche le immagini di tanti volontari che sfidano freddo e bombe per soccorrere i civili, di giornalisti che permettono al mondo di vedere e sapere cosa sta accadendo; sentiamo di tanti che hanno messo a disposizione le loro case per accogliere i rifugiati, di tante donazioni per sostenere l’accoglienza, di tante preghiere e manifestazioni per la pace. In tutto questo la luce della carità contrasta il buio della malvagità dell’uomo, risplende tra le tenebre dell’assurdità della guerra e ci permette di non disperare, di continuare ad essere umani (vedi quelle immagini di donne ucraine che ristorano il giovane soldato russo).
Questa mattina Gesù ha portato con sé sul monte ciascuno di noi, sotto i nostri occhi mostra tutta la bellezza del suo amore, ci dona la parola di vita, ci nutre del suo stesso Corpo e, così come i tre discepoli, anche noi veniamo inondati dalla sua luce, siamo trasfigurati dal suo amore. Ritornando alle nostre case, alla nostra quotidianità, possiamo illuminare della sua luce ogni cosa, tutte le esperienze della vita e ogni persona che incontriamo tenendo accesa la lampada della speranza con gesti concreti di carità.
Tutti i giorni, nella preghiera, Gesù ci porta con sé sul monte, siamo generosi ad accogliere questo dono.
Maria, Madre di speranza, sostenga il nostro cammino.
don Alfonso Lettieri