Domenica scorsa Gesù è stato condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato, oggi è lui che prende con sé tre apostoli e li porta sul monte. Questo gesto rivela tutta l’attenzione e la delicatezza che Dio ha per noi. Sei giorni prima, a Cesarèa di Filippo, aveva chiesto: «voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). E dopo la professione di fede di Pietro, «Tu sei il Cristo» (Mt 16,16), ha iniziato a parlare della sua passione, morte e risurrezione, che bisogna seguirlo sulla via della croce (cf Mt 16,24-27). I discepoli rimasero sconcertati tanto che «Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”» (Mt 16,22). Gesù lo rimprovera duramente, corregge l’errore (cf Mt 16,23), ma poi per incoraggiarli fa loro gustare un anticipo della gloria della risurrezione alla quale si arriva dopo la croce. «Ha voluto mostrare ai suoi discepoli la sua gloria non per evitare a loro di passare attraverso la croce, ma per indicare dove porta la croce. Chi muore con Cristo, con Cristo risorgerà. E la croce è la porta della risurrezione. Chi lotta insieme a Lui, con Lui trionferà» (Papa Francesco). È stata per i tre discepoli un’esperienza unica, tanto che Pietro ne parla nella sua II lettera: «siamo stati testimoni oculari della sua grandezza… eravamo con lui sul santo monte» (2Pt 1,16-18).
Gesù ci accompagna nel cammino, ci sostiene con la sua grazia e ci mostra già la meta, il dono che ci ha fatto; sappiamo che siamo destinati all’eternità, a stare con lui: «verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3). Mosè ed Elia, la Legge e i profeti, confermano che è lui il Messia atteso, la voce del Padre ci dice che per essere suoi discepoli, non basta vederlo, ma è necessario ascoltarlo: non è la visione che cambia la vita dei discepoli, ma l’ascolto della sua parola, è questa che ci trasfigura, ci fa cambiare: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28). Abramo non ha visto la terra, ha ascoltato la promessa ed è partito e questa sua fiducia l’ha trasfigurato, l’ha fatto cambiare da un anziano sterile, a padre di una moltitudine. Così pure noi, ascoltando e vivendo la parola veniamo da essa trasfigurati, cambiati da peccatori in santi; la sua luce illumina il cammino, infonde speranza, allontana la paura, indica la meta. Aver presente la meta, aiuta molto quando la fatica si fa sentire, quando sei disorientato, quando perdi una persona cara: sai che c’è una destinazione per questo “viaggio”, non finisce tutto qui. E così ricevi forza per andare avanti, affronti le difficoltà senza farti schiacciare, impari a “soffrire per il Vangelo”, cioè a impegnarti veramente per il bene anche se questo ti costa sofferenza, sai che ne vale la pena e che non sei solo, sai che l’ultima parola è quella della vita che ha vinto la morte e perciò per ogni cosa c’è una via di uscita.
Ogni volta che ci fermiamo a pregare da soli o qui in chiesa insieme, facciamo l’esperienza dei tre discepoli: saliamo con Gesù sul monte, facciamo una sosta per prendere nuovo slancio nel cammino, per essere trasfigurati dalla luce della sua parola. Scesi dal monte della preghiera, siamo chiamati a mostrare la bellezza che abbiamo contemplato, il vero volto di Dio, a trasfigurare tutto e tutti con l’amore che abbiamo ricevuto. Diffondiamo con la nostra vita la luce e la bellezza del nostro Dio. Meditare questo Vangelo mentre il mondo fa i conti con il coronavirus, ci fa sentire in modo particolare la presenza del Signore; siamo impauriti, la prudenza ci fa stare lontani l’uno dall’altro, siamo addolorati, ma lui si avvicina e dice anche a noi «Alzatevi e non temete». E le sue parole sono sempre concrete, ci donano la forza per alzarci e il coraggio per non temere. Ognuno sia per gli altri il segno della sua presenza.
don Alfonso Lettieri