Sant’Alfonso è «un modello nuovo di vita cristiana» che ci viene incontro dal «700 napoletano» per indicarci la via della «conversione missionaria delle nostre comunità». Le parole del vescovo Antonio Di Donna ci preparano alla Festa liturgica del nostro patrono – la celebreremo ancora una volta unitariamente ad Arienzo, città della nostra diocesi dove il santo ha vissuto, il prossimo primo agosto – perché ci aiutano ad entrare nel cuore del «più napoletano dei santi».
Alfonso, «antesignano, pioniere del Vangelo vissuto in periferia» lo ha definito il vescovo, ci chiede di essere missionari attraverso le sue due conversioni: da «brillante avvocato del Foro di Napoli» a sacerdote capace di diffondere la fede tra gli umili, con l’originale creazione delle Cappelle serotine, e di «suscitare germi di santità nei luoghi più malfamati, al Mercato e al Lavinaro»; e poi spostandosi da Napoli verso l’entroterra per «annunciare il Vangelo ai deboli, ai poveri e agli abbandonati, chiamati “i cafoni”, delle zone interne e impervie della Campania». Perciò anche il «solo difetto» del santo, come ripete scherzosamente il vescovo con riferimento al periodo estivo in cui cade la sua morte e memoria liturgica, può diventare una risorsa: sì, perché l’estate sta diventando sempre più un tempo in cui quei “cafoni” si moltiplicano pur nascosti dal caldo che costringe a starsene al riparo. Eppure proprio in questo tempo dell’anno, che rischia per molti di diventare “periferico”, le nostre comunità hanno la possibilità di farsi “prossimo” ai nostri vecchi e ammalati che vivono spesso una solitudine ancora più angosciante; o alle moltitudini di ragazzi che rischiano la “strada” più di quanto già la “frequentino” durante l’inverno. E poi le tante famiglie che di vacanza non assaporano neanche il profumo. «Pregare, predicare, dare udienza» è il programma del vescovo Alfonso Maria de’ Liguori che monsignor Di Donna ha fatto suo fin dall’inizio del servizio episcopale. Ancora una volta in questa estate 2016, dal XVIII secolo il più santo dei napoletani viene incontro alla Chiesa particolare di Acerra – presbiteri, diaconi, religiosi, religiose e fedeli laici – perché sappia concretamente declinare i suoi insegnamenti nella vita di ogni giorno, per quanto torrido e complicato che sia.