La domenica di Pasqua in Cattedrale, il vescovo Antonio Di Donna ha esortato a vincere la “rassegnazione” e a superare “l’immobilismo” che “regna sovrano” rispetto al “dramma umanitario” ambientale: dall’Osservatorio regionale che “non parte”, alle “bonifiche” che ancora mancano, fino alla “sospensione della carcerazione di alcuni industriali di Acerra riconosciuti colpevoli del grave disastro ambientale”. Una decisione, secondo il presule, che “suscita sconcerto e incoraggia quelli che inquinano”.
Il testo dell’omelia di Pasqua pronunciata nella Cattedrale di Acerra dal vescovo monsignor Antonio Di Donna
Abbiamo ricevuto ancora una volta in questo Anno del Signore 2018 l’annuncio più sconvolgente della storia: Gesù di Nazareth – colui che è stato crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto – è risorto dai morti! Sì, non esito a parlare volutamente di annuncio sconvolgente, perché la fede della Chiesa non lo intende affatto come un mito, una leggenda, o come un puro simbolo di rinascita primaverile, e neppure come la dottrina sull’immortalità dell’anima. Credere che Cristo è risorto dai morti è ben di più! Come dicono i nostri fratelli d’Oriente: Christos Anesti, Alithos Anesti – Cristo è risorto, è veramente risorto, nel suo vero corpo.
Le reazioni di ieri e di oggi a questo annuncio
Anzitutto, la reazione delle donne di cui parla il vangelo secondo Marco che abbiamo ascoltato e che ci sta accompagnando nelle domeniche di quest’anno. Il vangelo dice che “le donne ebbero paura” e che “fuggono via dal sepolcro piene di timore e di spavento”. Certo, c’è la gioia che il Signore è vivo, non è più nel sepolcro, è risorto; ma il vangelo dice che “le donne provarono paura, spavento”.
E perché? Perché si trovano di fronte a un fatto veramente nuovo, il più nuovo della storia, unico, originale nel suo genere: un uomo è risorto! Gesù, colui che è stato crocifisso, ha vinto la morte; è l’unico nella storia il cui sepolcro è vuoto. E questo, ditemi voi, se non è un annuncio sconvolgente!
Ma le nostre reazioni oggi forse non sono di paura o di timore. Anzitutto, vorrei registrare la reazione degli scettici, dei cinici, di quelli che non ci credono e dicono che “non c’è mai stata una risurrezione, non c’è risurrezione”. Come allora, quando il Sinedrio diede l’ordine alle guardie di dire che il suo corpo era stato rubato dai suoi discepoli, così anche oggi, e sempre, c’è la reazione degli scettici, di quelli che dubitano, e non tanto il vero dubbio che è parte della fede – come quello di Tommaso e degli altri apostoli – ma quello scetticismo radicale e di fondo che nega tutto.
Cari amici, vorrei dire simbolicamente a questi scettici anche dei nostri tempi – quelli di alto bordo tra gli intellettuali, ma anche tra noi, tra la gente semplice del popolo: immaginiamoci per un attimo che questi giorni siano solo una leggenda; ammettiamo pure per un istante che quel Gesù non fosse colui che affermava di essere, ma semplicemente un uomo, un grande uomo inseguito dalla vana adorazione dei suoi seguaci; ammettiamo pure che sia morto su una croce ma non è mai risorto, non è mai tornato vittorioso dalla notte del sabato; poniamo pure per un attimo che tutti quelli che nei secoli lo hanno seguito – santi, martiri, e anche noi poveri peccatori di oggi – si siano tutti illusi e si tratti di una gigantesca illusione nel cuore della storia.
Mettiamo pure che sia così, ammettiamo per un istante pure che sia vero, che non c’è affatto resurrezione, che è tutto una pura illusione, o tutto al più un simbolo, come dicevo prima. E che cosa ci resta? Ci resta nella vita mangiare, bere, lavorare, fare sesso, divertirsi? Questo rimane? Rimane passare il tempo, magari pure facendo del bene, o semplicemente ammazzare questo tempo cercando sempre diversi appagamenti; ma alla fine, quando nell’estrema vecchiaia, oppure quando un male improvviso ti ferma, se la resurrezione di Cristo è solo una leggenda e noi moriamo insieme al nostro misero corpo e andiamo al luogo della rottamazione che è il cimitero, che cosa rimane? Si, qualcuno dice che rimane il ricordo di noi in chi ci ha conosciuto – come si scrive quando muore una persona cara, soprattutto giovane: “Tu rimarrai vivo sempre nei nostri cuori” – ma questo fino a quando non muoiono anche loro! Rimangono le opere famose che un uomo può aver compiuto, ma pure quelle prima o poi scompaiono; rimangono le foto, i video, la voce registrata, ma anche quelli sbiadiscono mentre il volto di chi se ne andato sparisce come un punto che scompaia oltre l’orizzonte!
Che rimane? Che resta? Come si può vivere, cari scettici, pensando che tutto avrà fine? E’ una domanda che in questi giorni pasquali viene sospesa nell’aria, forse da molti inascoltata, ma cruciale: come si fa a vivere pensando di venire dal nulla, di essere figli di nessuno e di andare a finire nel nulla? Come si fa a non lasciarsi prendere dalla disperazione se quella pietra quel giorno non è stata rotolata, se la promessa di Cristo è solo un inganno?
Magari finché si è giovani e sani è possibile non porsi il problema, ma soprattutto nell’ora delle prove, degli abbandoni, delle malattie, dei lutti, come si fa a non farsi prendere dalla disperazione? Come si fa a non essere disperati se si pensa che noi moriamo per sempre, che chi ci ha amato e che noi amiamo è destinato a finire nel nulla?
Noi non reggiamo a questa disperazione, e se non reggiamo, come si fa a vivere senza speranza? Se dobbiamo ammettere una speranza, occorre ammettere che quel giorno a Gerusalemme sia veramente andata come è andata, e ciò che quelle donne, le prime testimoni, gli evangelisti, le prime comunità cristiane ci hanno tramandato. Come hanno creduto e sperato i santi, e i martiri e milioni e milioni di sconosciuti cristiani nostri antenati. Si, il nodo della storia è quella pietra, quella pietra che è stata o non è stata rotolata; il nodo, l’enigma da sciogliere è proprio quella pietra tombale, che nel silenzio di una notte è stata rovesciata.
Questa è la prima reazione, quella degli scettici, che ci sono ancora in mezzo a noi.
Ma c’è una seconda reazione, più esistenziale, più pratica e quotidiana, e cioè credere che quell’annuncio, “Cristo è risorto”, riguarda solo lui. Lui si è risorto, d’altra parte era Dio, ma noi che c’entriamo. Oppure pensare che riguarda pure noi, ma in una incerta risurrezione dei morti che verrà: la vita di ogni giorno scorre senza essere toccata dall’annuncio della resurrezione di Gesù. L’annuncio ci scivola addosso e noi continuiamo a vivere nella rassegnazione.
Cari amici, permettete che mi fermi a riflettere su questo punto e dica una parola su questa rassegnazione secondo la quale non si può cambiare nulla, tutto rimanga uguale, tutto è fermo, si va avanti senza rinnovamenti.
Una rassegnazione potente, forte, che anche e soprattutto da noi vedo in questi tempi crescere sempre più come un’alta marea intorno a me. Una rassegnazione che capisco: noi non facciamo esperienza di risurrezione, non facciamo esperienza frequente di veri rinnovamenti, di veri cambiamenti; sembra che nulla cambi, tutto sia fermo, tutto si ripeta monotono in una routine quotidiana. L’immobilismo regna sovrano generando rassegnazione e sfiducia.
Tutto fermo. Per citare soltanto un ambito di questo immobilismo, tutto è fermo nell’impegno per la custodia del creato, la salvaguardia dell’ambiente. Tutto fermo sugli impegni assunti dalle Istituzioni, ma anche i nostri impegni personali e sociali in questo ambito sembrano fermi: l’Osservatorio regionale sull’ambiente non parte; non parliamo delle bonifiche, c’è lo smaltimento delle ecoballe ma anche quello va a rilento; indagini recenti hanno dimostrato che si continua a lucrare sull’affare dei rifiuti; le richieste che più volte i cittadini hanno avanzato – una moratoria seria che si opponga a nuovi insediamenti inquinanti, le richieste di far funzionare le centraline e controllare continuamente l’aria inquinata dalle polveri sottili – sono tutte inevase.
Il mondo del lavoro è fermo, l’agricoltura da noi è ferma, ancora fa fatica a farsi strada la verità – per esempio, per citare solo un caso – sul vigile eroe Michele Liguori: è di questi giorni la notizia che il ministero ancora una volta nega di riconoscerlo vittima del dovere e che l’inquinamento ha causato la sua morte dal momento che aveva a che fare come vigile sentinella con i rifiuti nella nostra terra.
E dulcis, o meglio amarus in fundo, la notizia di queste ultime ore che incoraggia ancora di più purtroppo la rassegnazione e lo sgomento!
Premetto che quanto dirò adesso non è assolutamente contro le persone: noi siamo contro l’errore, ma mai contro gli erranti, le persone che sbagliano, che sono nostri fratelli.
Desta come minimo un forte sconcerto, indignazione e rammarico, la sospensione della carcerazione di alcuni industriali di Acerra riconosciuti colpevoli del grave disastro ambientale di cui ancora oggi non è possibile calcolare completamente gli effetti devastanti sulla salute dei cittadini. Sono stati scarcerati nei giorni scorsi.
Una decisione della Procura generale presso la Corte di Appello di Napoli – anche se un provvedimento che si dice provvisorio, temporaneo – che ridimensiona fortemente quella sentenza grave, chiara, che la Corte di Cassazione, massimo grado di giustizia nel nostro Paese, solo pochi mesi fa aveva emesso e che parlava chiaramente di grave disastro ambientale ad Acerra.
Una decisione che suscita sconcerto perché significa sottovalutare il dramma umanitario dell’inquinamento per il quale da noi ci si continua ad ammalare e morire.
Una decisione che suscita disorientamento per la difformità di giudizio tra i diversi organi della giustizia.
Una decisone che suscita sconcerto perché non tiene in debita considerazione, umilia, mortifica la sensibilità dei cittadini verso il dramma ambientale.
Una decisione che ci sconcerta soprattutto perché, nonostante il decreto del governo di due anni fa, di fatto questa decisione, che speriamo sia revocata, incoraggia quelli che inquinano, visto che poi alla fine questo è il risultato.
Si, è una sensazione di fallimento. Capisco la rassegnazione; capisco la reazione rassegnata e scettica di fronte all’annuncio della Risurrezione del Signore. Noi sperimentiamo il fallimento del nostro impegno, dei nostri propositi, della nostra ansia di giustizia e di verità.
Se c’è un’esperienza che incute terrore all’uomo di oggi è proprio quella del fallimento, e del fallimento esistenziale. Il crocifisso Gesù è l’immagine nella quale si possono riconoscere tutti i falliti. Gesù crocifisso è un fallito. Gesù crocifisso ha annunciato l’amore, ha vissuto dando amore e si è ritrovato su una croce. Il salmo di Pasqua che abbiamo ascoltato lo dice con un’immagine bella, che io amo molto, presa dal mondo dell’edilizia, da quelli che costruiscono case: Gesù crocifisso è “la pietra scartata dai costruttori”, la pietra scartata dai costruttori, dagli ingegneri, dagli architetti di questo mondo.
Si, Gesù crocifisso è uno scartato, bocciato come ogni uomo o donna onesto, giusto! Mettete un uomo onesto e giusto dove volete: in un mercato finanziario, in un parlamento, in un’amministrazione di una città, anche in una curia ecclesiastica. Che cosa avverrebbe? Avverrebbe che quest’uomo onesto sarebbe anche lui scartato.
Anche la nostra bella, povera città di Acerra è una città scartata.
E’ una città scartata perché porta il peso da sola di tutta l’immondizia della regione Campania.
Una città scartata che non è presa in considerazione: si pensi, per esempio, al tentativo di non metterla dentro il numero dei centri diabetologici della regione Campania.
Città scartata, come nell’ultimo caso di queste settimane dimostra la scelta della fabbrica Doria, dove lavorano centinaia di operai della città di Acerra, di andar via da Acerra verso Parma, Sarno o lo stabilimento di Fisciano, e questo perché i prodotti di Acerra non si vendono.
Città scartata anche perché non è adeguatamente rappresentata, e non da oggi, a livello politico regionale e soprattutto nazionale.
Città scartata come il Crocifisso scartato.
Ricominciare daccapo
Ma il salmo della Bibbia continua e dice che “la pietra scartata dai costruttori di questo mondo è diventata pietra angolare”, pietra cioè di fondamento su cui poggia tutto l’edificio. Quello che gli uomini hanno scartato Dio l’ha reso invece fondamentale. Il mondo ha scartato Gesù mandandolo in Croce, ritenendolo non buono, non idoneo, non rilevante per la vita del mondo, ma il Padre risuscitandolo dai morti lo ha messo al centro. “La pietra scartata dai costruttori di questo mondo è diventata pietra angolare”. Una vita fallita agli occhi del mondo, ma che non è stata inutile, come il chicco di grano che marcisce sotto terra ma poi risorge e dà vita alla pianta, come il concime che viene messo per far crescere la pianta.
Quanti santi, quanti martiri nella storia cristiana hanno sperimentato il fallimento della loro opera, ma quel fallimento è stato l’inizio della ripresa. Come Gesù, il primo della fila, il più fallito di tutti: per i giudei e i pagani la sua croce è stato il più madornale e vergognoso fallimento, ma per quelli che credono in lui è invece segno dell’amore più grande. Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per coloro che ama. Si, il fallimento è importante. Il fallimento diventa un nuovo inizio. Dal fallimento della Croce si ricomincia daccapo.
E’ questa la parola cari amici che vorrei consegnare a me e voi come augurio di questa Pasqua 2018. Certo ricominciare è difficile, si può pensare che dopo un fallimento ricominciare è impossibile. E invece, nella resurrezione del Signore, “il Crocifisso è risorto”, l’impossibile è diventato possibile. Avere fede significa questo: credere che l’impossibile è diventato possibile.
Acerra, vuoi risorgere dal tuo fallimento? Vuoi riscattarti e uscire da questa cappa di rassegnazione che è scesa su di te? Ancora con il profeta Isaia vorrei fare mie le parole del Signore verso Sion, Gerusalemme. Rivolgo all’amata città di Acerra, a me e a voi, queste parole del Signore dette dal profeta: “Gerusalemme, Acerra, nessuno ti chiamerà più abbandonata, e la tua terra non sarà più detta devastata, ma tu sarai chiamata mio compiacimento, la tua terra sarà chiamata sposata, perché come un giovane sposa una vergine così ti sposerà il tuo Creatore”.
Risorgi Acerra risorgi dal tuo fallimento, dalle tue ceneri. Riscatta la tua vergogna, ricomincia daccapo, perché nulla è impossibile a Dio.