Oggi il Vangelo ci riporta all’ultima cena. Dopo la lavanda dei piedi Gesù fa un lungo discorso. Sta per affrontare la passione, tra poco i discepoli non lo vedranno più e, come un amico, come un fratello li rassicura, li consola. «Uno dei compiti, dei “lavori” del Signore è consolare» (Papa Francesco), infatti, quando annuncia il dono dello Spirito dice che il Padre darà un altro consolatore (cf Gv 14,16). La sua non è una consolazione formale, non è fatta di semplici parole: “sta’ tranquillo, passerà”, ma è data dalla sua presenza, dalla vicinanza che assicura ai discepoli anche dopo la sua partenza: l’altro consolatore il Padre lo dà «perché rimanga con voi per sempre». Dice il Papa: «Il Signore consola sempre nella vicinanza, con la verità e nella speranza. Non nasconde la verità. Sì, è un momento brutto, ma “non sia turbato il vostro cuore. […] Abbiate fede anche in me”». Parole che ritornano diverse volte nella Bibbia e che Dio rivolge a chi è chiamato ad una missione, è un invito ad avere coraggio e fiducia, un coraggio che si basa sulla fiducia in Dio che chiama, invia e non lascia mai soli (cf Dt 1,21; 1Re 2,1-9). In ogni occasione fidarsi dell’unico degno di fiducia: Dio, il quale ha dato prova della sua affidabilità donando nel Figlio la sua vita per noi (cf Gv 3,16).
Il suo è un discorso di addio, ma che non significa non rivedersi più, anzi dà un appuntamento ad un luogo preciso: ci rivediamo presso Dio. Gesù ci precede, va avanti a prepararci un posto per farci stare sempre con lui, questo è il desiderio di chi ama, vuole stare sempre con la persona amata. E ci rassicura, non dobbiamo preoccuparci, nella casa del Padre ci sono molte dimore e per arrivare ad occupare il nostro posto indica se stesso come via da percorrere. La via è qualcosa di concreto, di sicuro, dove puoi poggiare i piedi, sostiene il cammino; è fatta per unire, collegare, quando inizi a percorrerla sai già a quale meta ti porterà: seguendo Gesù, amando come lui ci ama (cf Gv 13,34), siamo sostenuti dalla sua grazia, illuminati dalla verità, sappiamo già quale sarà la nostra meta: la pienezza della vita.
Non sia turbato il vostro cuore. Queste parole giungono in un momento particolare della storia del mondo e della Chiesa, gli ultimi mesi ci hanno messo alla prova, fin dall’inizio la frase ripetuta è stata: Andrà tutto bene. Sì, ma per chi? Sta andando bene per noi che stiamo ancora qui. E per le migliaia di persone morte? Il cuore è turbato e Gesù lo sa, le parole di oggi vogliono aprirci alla speranza perché Dio non ci ha abbandonati, non ha abbandonato nemmeno coloro che non ce l’hanno fatta a vincere questo virus e anche se sono rimaste lontane dai parenti, in un reparto di terapia intensiva, il Signore è rimasto lì accanto a ciascuno per mantenere la promessa: «Verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi», lui che vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (cf 1Tm 2,4). La sua presenza è stata concreta, la sua mano è stata quella di un medico, di un infermiere, di un operatore sanitario che ha stretto la mano di un ammalato; i suoi occhi sono stati quelli che guardavano i medici e chiedevano aiuto: ero ammalato e vi siete presi cura di me (cf Mt 25,36).
Così le parole che dice a Filippo, ci interrogano sulla nostra fede: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre». Da tanto tempo sono cristiano, ascolto il Vangelo, prego: conosco il vero volto del Padre che mi ha mostrato Gesù? Questo è fondamentale perché noi ci possiamo fidare veramente solo di chi conosciamo. E per conoscere Dio, dobbiamo guardare e ascoltare solo Gesù: «La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. “Dio è amore” (1Gv 4,8.16). Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù» (Misericordiae vultus, 8). Questo amore abbiamo ricevuto e siamo chiamati a donare per poter mostrare anche noi il vero volto del Padre (christianus alter Christus), per incoraggiare chi si trova in difficoltà e aiutarlo a non temere: «dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia» (Ibid., 12).
Coraggio! Diciamo con fiducia: «In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso» (Sal 31,2) e viviamo in questa certezza della fede.
don Alfonso Lettieri