«Caro popolo di Dio della Chiesa di Acerra, ricominciamo daccapo e riprendiamo le misure per un nuovo cammino». E’ l’invito di monsignor Antonio Di Donna nel primo Natale da vescovo di Acerra. Da poco più di un mese in diocesi, il presule ha celebrato in Cattedrale la Messa della notte e del giorno. Anche se non è facile «sottrarsi alla magia» di questo tempo – ha detto – dobbiamo evitare di cadere nell’equivoco: «Natale non è la festa dei sentimenti e dei valori; e non è neanche la festa simbolo della più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai conosciuto». Se così fosse rischieremmo di «fare festa senza il festeggiato». Il Natale, ha continuato il presule, «non è una favola» ma «la memoria del fatto storico che ha deciso le sorti dell’umanità».
«Noi crediamo che Gesù di Nazareth è nato nella carne di una donna in un momento preciso della storia, in un luogo preciso dello spazio». E’ questo, secondo il vescovo di Acerra, l’inizio della fede cristiana, che «senza storia diventa illusione». Dalla storia, la fede raggiunge il suo vertice: in quel Bambino nato da una donna a Betlemme Dio è apparso, si è fatto uomo come noi. Questa è la nostra gioia per sempre, nonostante le amarezze del momento. Il Bambino nato in una grotta è il volto umano di Dio; è falsa pertanto ogni pretesa di religione senza il volto di Dio in Gesù Cristo.
La prima conseguenza di tutto ciò è che «l’uomo vale più delle cose, di tutte le banche, l’economia e il potere del mondo» e deve «essere rimesso al centro», perché se Gesù è figlio di Dio eterno che ha voluto assumere la condizione umana, allora l’uomo ha una dignità senza misura; l’uomo «senza aggettivi» nudo e crudo nella sua umanità, così com’è.
Noi invece, ha ammonito Di Donna, abbiamo costruito la nostra storia, anche ad Acerra, su una menzogna: «Le cose valgono più dell’uomo». E le «gravi conseguenze» di questa grande bugia sono sotto gli occhi di tutti: «La menzogna ha partorito morte che prende le sembianze dei veleni nascosti sotto i nostri terreni o dell’aria inquinata che respiriamo».
La notte è ancora lunga, ha aggiunto il vescovo di Acerra. «Sarei falso con me stesso e con voi se, parafrasando Eduardo De Filippo, vi dicessi: ‘Adda passà a nuttata’». Ma nonostante «le tenebre ci assalgono da ogni parte (la morte prematura dei nostri ragazzi, il crollo dell’economia per i nostri campi), noi abbiamo il compito di lasciarci inondare dalla luce di quel Bambino di Betlemme e diventare sentinelle che aspettano l’alba sul territorio». Per «tallonare» le istituzioni, e «stimolare» coloro che hanno responsabilità. Per risvegliare la «coscienza civile» di ognuno con lo stile e il modo di agire di Dio, che in un Bambino avvolto in fasce fa coesistere la povertà assoluta e la gloria del Salvatore del mondo.