Siamo in tempo di ferie e le parole di quest’uomo ricco sembrano un programma per l’estate: «ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!». Certo, dopo un anno di lavoro – per chi ce l’ha – questo è un ottimo programma per qualche giorno di relax.
Ciò che Gesù ci invita a considerare è che questo non può essere un programma di vita. Infatti, quest’uomo ricco viene definito “stolto” perché ha fondato la propria vita, il proprio benessere, sui molti beni che ha, cioè su cose che, come vapore (vanità), poi svaniscono e non possono dare quella pace e serenità che il suo cuore desidera. Ha lavorato, ha accumulato beni, dopo un raccolto abbondante ha continuato a lavorare («demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi»), rimandando la vita sempre oltre: «Poi dirò a me stesso…», cadendo in quella cupidigia che rende insaziabili e non fa godere nulla di ciò che si ha.
Notiamo che quest’uomo parla sempre al singolare: «Che farò, farò così, demolirò, costruirò, raccoglierò, poi dirò a me stesso…». Oltre alle sue ricchezze, risalta la sua solitudine; lo vediamo ripiegato su se stesso: «i miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni…». Nella sua vita non c’è nessuno, lui è la misura di se stesso, non si confronta con la realtà della vita che passa. Dio interviene e lo aiuta a rendersene conto: «quello che hai preparato, di chi sarà?». È talmente solo che non ha nemmeno un erede a cui lasciare i suoi beni! Le ricchezze, da sole, non danno felicità se non sono condivise con qualcuno. E la buona notizia per noi sta proprio in queste parole: «anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». La nostra vita vale indipendentemente da ciò che abbiamo, essa è la nostra vera ricchezza, frutto dell’amore di Dio che ci ha creati e non della nostra fatica. Il rischio è proprio quello di diventare stolti, cioè di porre fiducia solo in noi stessi, di pensare di poter vivere solo in relazione alle cose, escludendo gli altri e anche Dio. Perciò il salmista ci fa chiedere al Signore di insegnarci a «contare i nostri giorni» per acquistare un cuore saggio, cioè capace di dare il giusto valore alle cose, evitando di porre fiducia in ciò che è destinato a finire.
Sant’Ignazio di Loyola (oggi si celebra la sua memoria), scrive nel libretto degli Esercizi spirituali: «L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e così raggiungere la salvezza; le altre realtà di questo mondo sono create per l’uomo e per aiutarlo a conseguire il fine per cui è creato. Da questo segue che l’uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutano per il suo fine, e deve allontanarsene tanto quanto gli sono di ostacolo».
San Paolo ci esorta a cercare le cose di lassù, a non accontentarci di poco, delle cose della terra, ma a desiderare il massimo, quello che Dio ci dà: «la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!». Per non vivere una vita vuota, per godere pienamente di tutto ciò che il Signore ci offre, di ciò che ricaviamo con il nostro lavoro, Gesù ci invita ad arricchirci davanti a Dio attraverso la condivisione di ciò che abbiamo, perché serva non solo a noi stessi ma contribuisca alla felicità e al benessere degli altri, con la certezza che c’è più gioia nel condividere un tozzo di pane con qualcuno più che nel fare un pranzo succulento da solo (cf At 20,35).
Gesù non interviene come giudice e mediatore nelle questioni private sollevate da «uno della folla», ma guarda proprio alla vita di ciascuno di noi, e indica la giusta strada per far diventare ciò che abbiamo, con la condivisione, una vera ricchezza che non divide ma unisce e dona felicità a tutti. «La Vergine Maria ci aiuti a non lasciarci affascinare dalle sicurezze che passano, ma ad essere ogni giorno credibili testimoni dei valori eterni del Vangelo» (Papa Francesco).
don Alfonso Lettieri