Quaresima sono 40 giorni da oggi alla Pasqua, la grande festa cristiana, il cuore della fede e il centro dell’anno.
E’ un tempo a due dimensioni: la prima riguarda il nostro Battesimo. In questo periodo i catecumeni che hanno scoperto il Vangelo e Gesù da adulti e giovani, e non sono stati battezzati da bambini, chiedono di diventare cristiani in cammino verso la grande Veglia pasquale dove riceveranno Battesimo, Cresima ed Eucarestia. Cristiani non si nasce ma si diventa, e non per tradizione sociale bensì per scelta. Da decenni in Occidente – soprattutto nei Paesi di antica cristianità: Italia, Francia e in genere Europa – siamo in un processo lungo di passaggio da una fede di consuetudine e tradizione ricevuta dai padri, ad una fede personale, libera e responsabile. Cristiano è chi sceglie Gesù Cristo e lo segue: si può essere battezzati da bambini senza avere scelto e seguito il Signore.
Ogni anno perciò la Chiesa “madre” ci invita con la Quaresima a riscoprire il Battesimo ricevuto da bambini. E’ stata una cosa buona che i nostri genitori ci abbiano presentato alla Comunità chiedendo il sacramento anche se non capivamo quanto succedeva, ma viene un tempo nella vita in cui quel Battesimo ricevuto nella lontana infanzia va rivissuto. Ecco la prima dimensione della Quaresima: riscoprire il Battesimo e arrivare “nuovi” alla veglia di Pasqua dove rinnovare l’alleanza con il Signore e gli impegni assunti nel Battesimo: la rinuncia a Satana e la professione di fede in Gesù Cristo.
L’altra dimensione è penitenziale. Nei primi secoli i cristiani adulti che dopo il Battesimo rompevano l’alleanza con il Signore attraverso peccati gravi: omicidio, adulterio e apostasia (rinnegamento della fede cristiana di fronte al pericolo delle persecuzioni e di una possibile condanna a morte, martirio) una volta pentiti chiedevano di essere perdonati e riammessi in Comunità. Per riconciliarsi con il Padre dovevano passare dalla Comunità: «Non può avere Dio come padre chi non ha la Chiesa per madre» dicevano gli antichi cristiani.
La Quaresima è il tempo del grande ritorno: «Ritornate a me con tutto il cuore» ci ha detto il profeta Gioele nella prima lettura. E il Mercoledì delle ceneri ne accentua il carattere penitenziale: in questo giorno coloro che avevano peccato e chiedevano di essere perdonati, prendevano sul capo il simbolo delle Ceneri e iniziavano un Cammino di ascolto della parola di Dio, penitenza e soprattutto carità, e durante la Settimana Santa venivano riconciliati, riammessi e perdonati, per partecipare rinnovati alla grande Veglia pasquale.
La Quaresima è “fuori moda” con le sue parole antiche – sacrificio, ascesi, conversione, sforzo – e con i suoi simboli. Nella preghiera iniziale ho parlato a nome della Chiesa: «Concedi o Padre al tuo popolo di affrontare il combattimento contro lo spirito del male con le armi della penitenza». E’ lontana dal mondo dei nostri ragazzi: e mi fa piacere che stasera ci siano in Cattedrale quelli del Centro diurno della Caritas, che saluto con i loro animatori. Lontana da linguaggio, mentalità e stile di molti giovani e adulti “allontanati”, la Quaresima è però necessaria. La parola sacrificio, anche se desueta, ci ricorda che sforzo e ascesi servono a maturare e crescere: lo sanno questi ragazzi che tutti i giorni si allenano nel campo sportivo polivalente alle spalle della Cattedrale; lo sa chi deve prepararsi ad una gara e vuole raggiungere il traguardo: non vincerà mai rimanendo nelle sue comodità. Il sacrificio è necessario per superare una vita superficiale e mediocre.
E non si parla ai nostri tempi, da noi in particolare, di conversione ecologica e sviluppo sostenibile? Non tutto è permesso e lecito, non tutto ciò che si può, si deve fare. Alcune cose, se fatte, portano alla deriva l’umanità: pur avendo il potere di farle, non vanno compiute, perché lo sviluppo, la crescita della natura e dell’uomo ha un limite. La Quaresima è perciò fuori moda sì, lontana dai linguaggi di oggi, ma più che mai attuale!
Il combattimento contro lo spirito del male, di cui ci ha parlato la liturgia, avviene non con i tank o i carri armati che l’Occidente e l’America danno all’Ucraina nella guerra contro la Russia. Le armi di cui parla il Vangelo sono altre! E sono tre, da sempre. Il Vangelo secondo Matteo che abbiamo ascoltato stasera viene proclamato infatti da duemila anni. Gesù ci esorta ad impugnare contro lo spirito del male con l’elemosina, cioè la carità, la preghiera e il digiuno, che riguardano le nostre relazioni: con Dio, con i fratelli e con sé stessi. Ogni essere umano è fatto di questi tre rapporti.
La relazione con Dio è la prima, quella fondamentale. Se si sbaglia questa si sbagliano anche le altre! Chi deraglia nel suo rapporto con il Signore parte male, con il piede sbagliato. Dunque la preghiera: «Quando tu preghi, entra nella tua stanza, chiudi la porta, e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà». A che punto siamo in questo dialogo con il Signore, nell’ascolto della parola di Dio? Ogni anno il Mercoledì delle ceneri si riparte daccapo: da Dio, dall’essenziale! Se hai accumulato cenere lungo l’anno – ti sei allontanato, hai voluto fidarti più di te, delle tue forze abbandonando il Signore – ritorna: «Ritornate a me con tutto il cuore. Laceratevi il cuore, non le vesti».
Poi la relazione con gli altri, orizzontale, con quelli che stanno vicino a me, camminano con me, i miei fratelli, le mie sorelle. E’ caratterizzata dalla carità, dal dono: «Quando fai l’elemosina».
E infine la terza, con sé stessi. Ognuno di noi vive, bene o male, questa relazione. Tu come stai con te stesso? Ti accetti, ti piaci? Ti ami? E qui ci viene offerto il digiuno, che significa privarsi di qualcosa. Non è per la dieta, materia di nutrizionisti e dietologi! E nemmeno per la prova costume in vista della prossima estate! Significa invece “dimostrare”. Privandoci di qualcosa, rinunciando non solo al cibo, ma a ciò che mi tiene schiavo e da cui faccio fatica ad astenermi perché mi identifico, mi condiziona e ne sono dipendente, dimostriamo a noi stessi di essere più del cibo, e di valere più delle cose, di essere liberi. Il digiuno è dimostrare che «non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Non siamo prigionieri del pane, dei soldi, del sesso e del potere! Il digiuno è sempre per la carità. Si rinuncia ad un pasto, ad una cena, a qualcosa, perché il suo equivalente sia dato ai poveri, a chi ne ha bisogno.
Gesù ci invita a vivere questi tre atteggiamenti – elemosina, preghiera e digiuno – con autenticità. Ormai immersi nella cultura dell’apparire e dell’appaluso – dei post su Facebook, per qualche like in più, perché gli altri dicano: «Hai fatto bene, hai detto bene!» – Gesù ci invita a fare esattamente il contrario. E lo afferma tre volte: «Non fate come gli ipocriti. Hanno già ricevuto la loro ricompensa dagli altri. Tu invece mettiti nel segreto. Quando fai la carità, non sappia la sinistra quello che ha fatto la tua destra. Quando digiuni, profumati il volto. Quando preghi chiuditi nella tua stanza e il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Buon cammino quaresimale. Stasera si parte dalla testa: chineremo il capo su cui sarà imposto l’austero simbolo delle ceneri accompagnato da alcune parole: «Convertitevi e credete al Vangelo» oppure: «Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai». Noi abbiamo familiarità con la cenere, stiamo nella città dell’inceneritore. Ritorniamo all’essenziale, alla verità su noi stessi: che io sono polvere, tu sei polvere. C’è il Creatore e c’è la creatura. Noi non siamo Dio e non possiamo comportarci da padreterni, non lo siamo! Noi siamo cenere, noi siamo polvere, sulla quale il Creatore ha soffiato lo Spirito di vita e siamo stati creati. Ristabiliamo in questa Quaresima l’essenziale, la verità su noi stessi: «Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai»