Una delle tentazioni dell’uomo è quella di accontentarsi di avere tutto il necessario per una vita comoda, senza particolari problemi e scocciature. È una tentazione perché spesso si nasconde in questo pensiero l’accettazione della mediocrità, di accontentarsi di una vita mediocre, del minimo indispensabile. Si potrebbe avere molto di più, ma per non scomodarsi non si fa niente per conquistarlo. Così in noi credenti si può insinuare l’idea che la fede ci deve aiutare a stare tranquilli, deve evitarci ogni problema, allontanare da ogni fatica. Anche qui c’è l’idea di mediocrità, di una fede che non ti scomoda, di una fede che “mette a posto” la coscienza ma non ti fa fare nient’altro. È ciò che il Papa parlando ai giovani ha presentato come una felicità da divano «contro ogni tipo di dolore e timore. Un divano che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci» (discorso del 30 luglio 2016).
All’inizio del terzo millennio san Giovanni Paolo II ha ricordato a tutti qual è la «“misura alta” della vita cristiana ordinaria»: la santità. Questa misura alta per Gesù ha come modello il Padre e perciò ci invita ad essere misericordiosi come il Padre nostro è misericordioso (cf Lc 6,36). Così come con le beatitudini ci invita ad entrare nel Regno di Dio, nella logica stessa di Dio presentando l’identikit del discepolo, di chi non confida in se stesso ma nel Signore. Solo così si può essere beati, benedetti secondo Geremia che usa immagini rigogliose per chi confida nel Signore: è «come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti». Immagini che trovano il pieno compimento in Gesù, infatti, è lui l’uomo delle beatitudini, è lui che ha confidato pienamente nel Padre, «come un bimbo svezzato in braccio a sua madre» (Sal 130,2), in ogni momento, da quando ha avuto fame nel deserto: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» – ha detto al tentatore (Mt 4,4), fino a quando è stato inchiodato nudo sulla croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). E il Padre non lo ha abbandonato, dopo tre giorni lo ha risuscitato (Lc 24,1-6).
Gesù si è incarnato nella nostra umanità – «egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi» (Eb 4,14) – con la sua vita ci incoraggia: il povero, l’affamato, chi sta piangendo, chi è perseguitato non è dimenticato, il Padre ha provveduto a loro mandando il suo Figlio «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione»: «Cristo ci ha liberati» – ricorda san Paolo (Gal 5,1).
Entriamo nella beatitudine di coloro che confidano pienamente in Dio, di coloro che hanno come unica ricchezza l’amore del Padre, che si lasciano asciugare da lui le lacrime, che nelle difficoltà continuano a confidare in lui, che nella persecuzione restano fedeli al Vangelo, perché credono fermamente che hanno una ricompensa grande nel cielo, cioè che c’è qualcuno che da lassù si prende cura di loro.
Lontani da Dio non si sta bene, Luca lo sottolinea con parole dure: «Guai a voi», lo fa per metterci in guardia dall’illusione di poter fare a meno di Dio e di poter avere tutto con la ricchezza, di saziarsi semplicemente riempiendo lo stomaco – la vita ha fame e sete anche di molto altro (di pace, giustizia, fraternità, bellezza, verità…). Gesù ci mette in guardia dall’angoscia di scoprire l’inconsistenza delle cose in cui abbiamo confidato, su cui abbiamo fondato la nostra vita.
Il Vangelo delle beatitudini è paradossale, ci interpella profondamente, stravolge il nostro modo di pensare, ci invita a guardare la vita dal punto di vista di Dio che in Gesù si è fatto povero (cf 2Cor 8,9), ci aiuta a scorgere la sua presenza accanto e dentro ad ogni uomo e ad ogni donna, accanto a noi in ogni momento, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia (cf Mt 25,35-40). Siamo beati perché Dio si è fatto nostro compagno di viaggio, è accanto a noi sempre (cf Mt 28,20) e ci ama (cf Gv 3,16; Gal 2,20). Beati noi!
don Alfonso Lettieri