Se ancora qualcuno pensa alla fede come una assicurazione di comodità e tranquillità, ascoltando la parola di oggi dovrebbe ricredersi. Alla domanda di un tale che chiede se sono «pochi quelli che si salvano», Gesù sposta l’attenzione non su quanti, ma sulla necessità di accogliere la salvezza che Dio ha donato a tutti i popoli: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria» – dice Isaia. L’accoglienza richiede impegno, richiede uno sforzo, una lotta, ma non per sgomitare tra noi per entrare, ma per un impegno continuo a vivere concretamente la fede che abbiamo ricevuto.
L’essere cristiani non dà “diritto” ad entrare nel regno di Dio, come non lo dà semplicemente un culto che non coinvolge concretamente la vita: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21). La porta è stretta, ma è già spalancata, non la apriamo noi, non la apre la nostra bontà, ma la misericordia di Dio, perché Gesù l’ha già aperta per tutti quando ha donato la sua vita. I meriti non sono nostri, ma ci sono stati dati; noi ci sforziamo, lottiamo per poter restare piccoli, per imparare a seguire il Signore. Allora la porta stretta ci indica la giusta misura della nostra vita, della nostra fede, è un aiuto per non perderci la parte migliore, la pienezza che troviamo oltre la porta. Se la porta è stretta, per entrare bisogna avere la giusta misura, bisogna liberarsi da tutto ciò che gonfia: la presunzione di aver acquistato diritti, di aver accumulato meriti; è necessario farsi piccoli, essere umili, giusti. Chi ragiona per meriti e diritti acquisiti, si sentirà dire: «Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!». Sì, partecipiamo alla Messa ogni domenica, preghiamo ogni giorno, ascoltiamo le catechesi del vescovo, ma la fede guida le nostre scelte, il nostro stile di vita, le nostre relazioni o è relegata solo al tempo che stiamo in chiesa e che preghiamo? Dice il Papa: «Il Signore ci riconoscerà soltanto per una vita umile, una vita buona, una vita di fede che si traduce nelle opere». Gesù è la porta (cf Gv 10,9), la certezza di entrare la abbiamo solo se lo seguiamo, se conformiamo la nostra vita alla sua, se ci amiamo come lui ci ama (cf Gv 13,34), se lo accogliamo negli ultimi e nei poveri (cf Mt 25,31ss).
Ad un certo punto il padrone chiuderà la porta. Questo ci sprona a non rimandare mai la nostra conversione, a non perdere nessuna occasione per fare bene, avendo la certezza che, prima di chiudere la porta, il Padre darà sempre a tutti l’occasione per entrare, così come ha fatto con il buon ladrone che ha riconosciuto la sua miseria e ha chiesto di ricordarsi di lui (cf Lc 23,42-43).
Maria, Porta del cielo, ci aiuti ad avere sempre la giusta “misura” e cogliere sempre ogni occasione per passare per la porta stretta.
don Alfonso Lettieri