Il Vangelo ci riporta ancora sulle rive del mare di Galilea, Gesù è seduto su una barca e continua a parlare in parabole del Regno di Dio e dice che è simile a «un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo; a un granello di senape; al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina». Gesù ci parla del Padre, lo mostra nei suoi modi di agire, egli è il volto misericordioso del Padre (cf Gv 14,8-11; Misericordiae Vultus 1).
Tra i semi buoni seminati nel campo del mondo, il nemico semina erba cattiva, il male. I servi chiedono spiegazione al padrone, quasi a rimproverarlo e vogliono subito andare ad estirparla. Ma Lui ha pazienza, ha cura del grano e non vuole succeda che «raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano». Lo zelo dei servi può fare più danno della zizzania.
Il campo è il mondo, ma anche il mio cuore, la mia vita. L’attenzione di Dio è sul bene che c’è in me e che faccio, poco o molto Lui lo vede e ha pazienza se non porto ancora solo frutti buoni; non mi conosce dai miei peccati, ma dall’amore che dono, dal bene che mi sforzo di fare. Come Padre mi incoraggia e mi sostiene. Aspetta per non rischiare di sradicare pure quei germogli di bene che sono presenti in me.
Dio ha pazienza e speranza: grano e zizzania stanno nello stesso campo, stanno nel mondo, stanno nel mio cuore. Lui sa che la sua parola non torna senza aver portato il frutto per cui l’ha mandata (cf Is 55,10-11) e aspetta finché è possibile perché sa che anche la zizzania può convertirsi in grano, un malvagio in una persona buona. Poi ci sarà la mietitura e solo allora, dopo aver fatto tutto il possibile, la zizzania sarà bruciata. La Sua ottica non è quella del “camminando con lo zoppo si impara a zoppicare: se non tolgo il male tutto diventa male”, ma quella dell’amore misericordioso: “chi è amato impara ad amare; chi riceve il bene, impara a fare il bene”.
Gesù ci invita ad avere il suo stesso sguardo su noi, sugli altri e sul mondo; a non puntare il dito, a non disperare per i propri errori e per quelli degli altri; a non scoraggiarsi per il male nel mondo. Ci invita ad essere positivi, a considerare il bene, a vedere che nel campo il buon grano è molto più della zizzania, a ricordare che il seminatore è Gesù e lui semina solo il bene (cf Mc 7,37). Spesso, invece, noi partiamo dalla zizzania e non consideriamo la bontà del grano. E una persona che ci ha fatto del bene, per un solo errore capita di sradicarla dalla nostra vita.
Le altre due parabole sottolineano che le misure del Regno di Dio non sono quelle enormi che attirano l’attenzione, ma quelle delle piccole cose, piccole come un seme di senape, come un po’ di lievito. Sono piccole le misure ma nella piccolezza si manifesta la grandezza e la forza di Dio (cf 2Cor 12,9): il seme cresce e «diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami», il lievito fa lievitare tre misure di farina corrispondenti a circa 40 chili. Piccoli elementi che cambiano le cose. Questo è molto bello: quando ci sentiamo piccoli, quando siamo in pochi non ci scoraggiamo, sono queste le misure con le quali Dio fa cose grandi. Infatti, Maria canta: il Signore ha guardato l’umiltà/la piccolezza della sua serva e ha fatto grandi cose in me l’onnipotente! (cf Lc 1,48-49).
Come Maria, offriamo la nostra piccolezza al Signore, con la certezza che anche con noi fa grandi cose. Amen
don Alfonso Lettieri