Il benessere economico non è tutto, ma non è indifferente. Esso «può servire la vita, rendendola più bella e apprezzabile e perciò più umana».
Con queste parole inizia il Messaggio del Consiglio episcopale permanente, ‘La forza della vita: una sfida nella povertà‘, pubblicato per la 32a Giornata per la vita che si celebrerà in tutta Italia il 7 febbraio 2010.
I vescovi ricordano che lo sviluppo integrale dell’uomo richiede anche il superamento dell’indigenza e del bisogno, sottolineando «tutta la drammaticità della crisi finanziaria che ha investito molte aree del pianeta: la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti. La povertà, infatti, può abbrutire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità». Di fronte alla minaccia insita in una crescente povertà di mezzi e risorse i vescovi richiamano «il dovere di denunciare quei meccanismi economici che, producendo povertà e creando forti disuguaglianze sociali, feriscono e offendono la vita, colpendo soprattutto i più deboli e indifesi».
I presuli italiani mettono però anche in guardia dal considerare il benessere economico un fine e non un mezzo. Esso infatti «è a servizio della vita ma non è la vita». Per questo «tutti siamo chiamati a uno stile di vita sobrio, che non confonde la ricchezza economica con la vita. Ogni vita, infatti, è degna di essere vissuta anche in situazioni di grande povertà». E «la crisi economica che stiamo attraversando può costituire un’occasione di crescita», aiutandoci a «riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri».
Insomma, ci dicono i vescovi, la ricchezza economica non costituisce la dignità della vita, perché «la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto. Sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande».
Citando il n. 44 della recente Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, secondo cui «l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica», i vescovi concludono il messaggio con l’esortazione ad essere «ancora più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono tentare di rinunciare o interrompere la gravidanza», e impegnandosi «a manifestare concretamente loro aiuto e vicinanza». Perché «nella ricchezza o nella povertà, nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale».
Con queste parole inizia il Messaggio del Consiglio episcopale permanente, ‘La forza della vita: una sfida nella povertà‘, pubblicato per la 32a Giornata per la vita che si celebrerà in tutta Italia il 7 febbraio 2010.
I vescovi ricordano che lo sviluppo integrale dell’uomo richiede anche il superamento dell’indigenza e del bisogno, sottolineando «tutta la drammaticità della crisi finanziaria che ha investito molte aree del pianeta: la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti. La povertà, infatti, può abbrutire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità». Di fronte alla minaccia insita in una crescente povertà di mezzi e risorse i vescovi richiamano «il dovere di denunciare quei meccanismi economici che, producendo povertà e creando forti disuguaglianze sociali, feriscono e offendono la vita, colpendo soprattutto i più deboli e indifesi».
I presuli italiani mettono però anche in guardia dal considerare il benessere economico un fine e non un mezzo. Esso infatti «è a servizio della vita ma non è la vita». Per questo «tutti siamo chiamati a uno stile di vita sobrio, che non confonde la ricchezza economica con la vita. Ogni vita, infatti, è degna di essere vissuta anche in situazioni di grande povertà». E «la crisi economica che stiamo attraversando può costituire un’occasione di crescita», aiutandoci a «riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri».
Insomma, ci dicono i vescovi, la ricchezza economica non costituisce la dignità della vita, perché «la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto. Sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande».
Citando il n. 44 della recente Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, secondo cui «l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica», i vescovi concludono il messaggio con l’esortazione ad essere «ancora più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono tentare di rinunciare o interrompere la gravidanza», e impegnandosi «a manifestare concretamente loro aiuto e vicinanza». Perché «nella ricchezza o nella povertà, nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale».