Il racconto della passione del Signore ci lascia senza fiato, il susseguirsi degli eventi ci fa sentire sballottati con Gesù da una parte all’altra. Ogni volta che lo ascoltiamo siamo coinvolti, perché non è un semplice racconto, non è un ricordo, non sono scene di un film, è la grandezza dell’amore di Dio per noi, un amore che ci viene donato in abbondanza. Infatti, oggi Gesù dice a ciascuno di noi: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me…Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi», oggi dice per noi: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Pilato ed Erode non trovano in lui nessuna colpa, ma viene condannato lo stesso perché «è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità» (Is 53,5). Oggi si sente ancora il grido: «Crocifiggilo» e i Pilato moderni lo fanno crocifiggere sulle croci della guerra, su quelle della miseria, della discriminazione, dello scarto, della disoccupazione, dell’inquinamento ambientale…
«“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò». Tutto sembra finito, la folla «se ne tornava battendosi il petto». Eppure questo è un racconto pieno di speranza, la Chiesa lo custodisce e lo annuncia da duemila anni. «Si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio». Tre ore di buio: il male ha le ore contate! Qualsiasi sofferenza, qualsiasi buio presente nella nostra vita e nel mondo ha le ore contate, non è per sempre, siamo certi che ha una fine, perché Gesù entrando nella morte ha portato la luce della vita, ha messo un limite al male. Guardando la guerra e ogni altra violenza e miseria umana, sembra che il male sia più potente del bene, ma è una potenza solo apparente, perché la redenzione «costituisce il limite divino imposto al male… in essa il male viene radicalmente vinto con il bene, l’odio con l’amore, la morte con la risurrezione»[1]. Come le donne guardiamo dove hanno deposto Gesù avendo la certezza che tra tre giorni risorgerà, in quella tomba non lo troveremo. In questa Settimana Santa teniamo lo sguardo fisso sulla croce, lì Gesù ci mostra il vero volto di Dio, il suo infinito amore gratuito, la sua predilezione per gli ultimi e per gli scartati, il suo perdono per i peccatori (cf 1Tm 1,15), la sua comprensione per tutti quelli «non sanno quello che fanno». La croce non lascia nessuno indifferente perché ha salvato tutti (cf 1Tm 2,4).
Giovanni Papini, scrittore e poeta, dopo aver scritto per vent’anni [limite imposto al suo male] contro Dio (cf Le memorie d’Iddio), dopo aver insultato Cristo «come pochi altri», diventa un fervente cristiano. Facciamo nostra una sua preghiera:
Gesù, «Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c’è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo. Nessun altro, nessuno dei tanti che vivono, nessuno di quelli che dormono nella mota della gloria, può dare, a noi bisognosi, riversi nell’atroce penuria, nella miseria più tremenda di tutte, quella dell’anima, il bene che salva. Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno, assai più di quelli che sanno… Ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della nostra indegnità e d’ogni impossibile. E tutto l’amore che potremo torchiare dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore».
don Alfonso Lettieri
[1] GIOVANNI PAOLO II, Memoria e identità, Rizzoli, Milano 2005, 34.