Nel consegnare le linee programmatiche per i prossimi due anni, il vescovo Antonio Di Donna ha esortato: «Non si può essere bravi cristiani e disonesti cittadini. Usciamo dalle sagrestie e costruiamo comunità aperte al territorio».
Domenica 19 ottobre in Cattedrale, il vescovo ha presieduto una solenne concelebrazione eucaristica per dare inizio – «insieme» a sacerdoti, religiosi e laici – al nuovo Anno pastorale «nella nostra bella e amata Chiesa di Acerra». Commentando il Vangelo del giorno – perché «la Parola di Dio deve avere sempre il primato su ogni altra motivazione nelle nostre celebrazioni» – monsignor Antonio Di Donna ha parlato della pagina nella quale, per trarlo in inganno, i Farisei chiedono a Gesù se è lecito pagare il tributo a Cesare.
«Mostratemi la moneta del tributo. Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono? Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
La risposta di Gesù alla «trappola di farisei ed erodiani – ha detto il vescovo – è sempre attuale, soprattutto in questo tempo di crisi economica». Perché, se «Gesù riconosce uno Stato che provvede al “Bene comune”, i cristiani sono chiamati a vivere nella città, interessandosi della cosa pubblica e partecipando alla vita politica. Nella religione cristiana, infatti, «fede e politica non sono separate», per cui «la comunità ecclesiale e quella civile collaborano per il bene di tutti», ha detto ancora Di Donna che poi ha ammesso: «Facciamo ammenda, siamo ancora chiusi e ripiegati su noi stessi, ma è giunto il tempo di uscire dalle sagrestie».
Il vescovo ha dunque ribadito quanto già scritto negli Orientamenti pastorali pluriennali, consegnati alla diocesi lo scorso settembre: «Ai cristiani bastano cammini di fede robusti e la Messa della domenica. Poi hanno il dovere di andare ed impegnarsi nei difficili ambienti del lavoro, della famiglia, dell’economia, della politica e della finanza». E quindi la provocazione: «Come mai a tanta religiosità, diffusa soprattutto dalle nostre parti, non corrisponde un altrettanto impegno nella società sociopolitica». Per il presule, «c’è una carenza di senso civico e dello Stato nelle nostre comunità ecclesiali, ancora troppo indifferenti al Bene comune». Eppure, «non si può essere bravi cristiani e disonesti cittadini», ha detto Di Donna citando san Giovanni Bosco e invitando a prendere le distanze da «quelli che ostentano una certa religiosità e poi non vivono la giustizia e l’impegno sociale, o addirittura agiscono nell’illegalità». Il cristiano è invece uno che «restituisce», un cittadino onesto e leale con le leggi dello Stato. «Dobbiamo dirlo forte e chiaro: l’evasione fiscale, oltre che reato è un peccato», è il duro monito del vescovo.
Non per questo, però, bisogna tacere le inefficienze della cosa pubblica. Non è accettabile, per esempio, che «nelle nostre città i poveri muoiano più dei ricchi perché non hanno la possibilità economica o le amicizie giuste per farsi visitare in tempo e curare le gravi malattie da cui vengono colpiti anche a causa del disastro ambientale. Lo Stato deve essere giusto ed equo nelle tasse», ha ammonito ancora il presule, secondo il quale «c’è qualcuno a cui fa comodo che la Chiesa rimanga nelle sagrestie, perché quando i cristiani scendono in campo danno fastidio». E quindi l’esortazione: «Siate sempre attenti ai poteri forti e costruite comunità aperte al territorio».
Il vescovo di Acerra ha anche precisato che «fede e politica devono rimanere distinte». La stessa pagina evangelica, che «ha segnato la nostra civiltà fondando la legittima laicità dello Stato, è una parola liberante che abilita i cristiani ad essere cittadini della città degli uomini e della città di Dio». Stato e Chiesa sono distinti, si rispettano e collaborano reciprocamente, ma «nessun sistema politico si identifica con il Vangelo», e «se lo Stato si arroga il diritto di stabilire il bene e il male contro la legge di Dio e la retta coscienza, il cristiano ha il diritto/dovere di praticare l’obiezione di coscienza», perché «né lo Stato, né il Parlamento, né un partito o un’ideologia possono prendere il posto di Dio nella vita». Quindi, se è vero che «Gesù riconosce l’immagine di Cesare sulla moneta, è altrettanto innegabile che ogni uomo porta impressa l’immagine di Dio, che nessun potere economico, politico o finanziario, può calpestare», ha concluso Di Donna.