Al «centro» della Quaresima c’è perciò il «Battesimo», e Di Donna ha ancora una volta richiamato il pericolo per tutti noi, «battezzati da bambini», di «non fare mai nella nostra vita un vero itinerario di fede», di essere cioè «nati cristiani» ma «con il rischio serio di non diventarlo mai».
La Chiesa, nella sua saggezza di madre ed educatrice, ci viene allora incontro, proponendoci di compiere questo cammino per vincere la tentazione di «essere cristiani per abitudine» e «passare ad una fede per scelta», perché «cristiano è chi sceglie e segue Gesù Cristo». Questa è la «fede matura» che «lo Spirito del Signore» chiede «da anni a noi, popolo di antica cristianità», con le parole del profeta Gioele: la scelta sempre nuova di passare dagli idoli al Dio vivo e vero, dando il primato alla sua Parola, che «ci invita fortemente a ritornare all’essenziale».
«Facciamo un po’ di pulizia», ha esortato il vescovo, ritorniamo a quel Vangelo che ci libera dalle dipendenze ed idoli del nostro tempo e da una religiosità «esteriore» e in cerca dell’«applauso».
Il «viaggio» non è facile, bensì comporta una «lotta», perché la vita cristiana non è qualcosa di «romantico» ma un «combattimento contro lo spirito del male».
E «le armi del Vangelo» proposte da Gesù sono il digiuno, la preghiera, la carità, che il vescovo ha definito «tre forme di relazioni». La preghiera, infatti, indica «il nostro rapporto con il Signore; il digiuno – che «non vuol dire solo non mangiare», ma «alleggerirsi di tutto ciò che appesantisce il nostro cuore» e «il nostro spirito» – indica il rapporto con noi stessi e le nuove schiavitù che nascono dal rapporto di «dipendenza dalla televisione, dai telefonini, dal computer, dal gioco»; infine, la carità, che indica «la relazione con gli altri, sopratutto i più poveri». Relazione dunque con Dio, con se stessi e con gli altri. Questi tre rapporti, queste tre relazioni «devono stare sempre in armonia», ha detto il vescovo, perché
quando si rompe sopratutto la prima, saltano pure le altre, e va in frantumi anche «il rapporto con il creato, con l’aria, con l’acqua, con la terra», di cui «sappiamo bene dalle nostre parti».
La Quaresima è dunque un’occasione favorevole per comprendere l’intreccio tra queste relazioni e recuperare la loro «armonia».
In quest’anno particolare del Giubileo della Misericordia, dobbiamo accogliere ancora più intensamente «questo appello che ci viene dallo Spirito del Signore» e lasciarci «riconciliare con Dio», senza rimandare perché «adesso è l’occasione opportuna».
Si tratta di un appello che torna «insistente» soprattutto in questi ultimi anni «in cui viviamo di crisi in tutti i sensi», ha ancora affermato Di Donna, precisando che «la Parola di Dio della Quaresima», e la «congiuntura economica» con «tanti per strada» sopraffatti dalle difficoltà di far quadrare il «bilancio familiare», ci dicono che questa è un’occasione di cui dobbiamo «approfittare» per «rivedere» il nostro «modo di vivere» recuperando «sobrietà» e «moderazione».
Concludendo, Di Donna ha richiamato Papa Francesco indicando tre cose importanti intorno alle quali fare «il nostro programma» per la Quaresima.
«Riscoprire la Parola di Dio», sopratutto «le pagine della misericordia», architrave e asse portante della sacra scrittura». Il vescovo ha perciò consigliato per «questo cammino verso la Pasqua più catechesi al popolo (egli stesso le farà nelle tre foranie della diocesi, vedi pag. 8) e «più Parola di Dio».
Poi, riscoprire «la Confessione», da programmare in tempo per «giungere rinnovati» alla Pasqua, e che sia «bella, profonda e completa, a partire da un esame di coscienza non superficiale». A tal proposito, il vescovo ha ricordato che «in Cattedrale ci sono tutti i giorni i confessori», e che «a tutte le parrocchie» sarà offerto un sussidio perché «il popolo si prepari a questo momento importante», precisando che la Riconciliazione è «un momento di festa, non un tribunale».
Infine, riscoprire in questo tempo «le classiche sette opere di misericordia corporale e spirituale», che «il catechismo non ha mai cancellato», ma «noi abbiamo trascurato» dimenticando che rappresentano «un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso addormentata rispetto ai poveri e alla povertà»; queste opere «sono la traduzione della fede in atti concreti, precisi, operativi, quotidiani».
Solo così, il rito «austero» delle «ceneri sul capo» sarà veramente il segno di una «volontà determinata» e orientata alla conversione e al Vangelo, per mettere il Signore al primo posto.
Buon viaggio quaresimale «dalla testa ai piedi», ha concluso Di Donna citando don Tonino Bello, dal Mercoledì delle Ceneri, «simbolo fortissimo che indica i nostri progetti andati in fumo senza la fiducia in Dio», al Giovedì Santo, con la «Lavanda dei piedi», segno di servizio attraverso il quale passa la nostra salvezza, perché se torniamo a fidarci di Lui, «non tutto è perduto», e il «Signore» farà «rinascere la vita dalle ceneri e dai nostri fallimenti».
Le celebrzioni del vescovo