Come reagiamo davanti alle parole di Giosuè e di Giovanni? Forse ci ricordiamo di qualche parola simile che abbiamo detto anche noi: “Ma chi si crede di essere? Non viene mai a messa; non frequenta la parrocchia, non ha fatto il corso di formazione…”.
Mosè e Gesù ci aiutano ad allargare gli orizzonti: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore». «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi». Che belle queste parole! Ci rendono liberi, ci fanno aprire il cuore e gli occhi per vedere e apprezzare il bene, ci fanno «essere attenti più alla genuinità del bene, del bello e del vero che viene compiuto, che non al nome e alla provenienza di chi lo compie» (Papa Francesco).
Durante la pandemia siamo rimasti ammirati da tante persone che hanno speso il loro tempo, rischiato il contagio e hanno perso la vita per stare accanto agli ammalati, per aiutare le persone sole, per assicurare i servizi essenziali. Di molte non abbiamo visto nemmeno il volto perché mascherato, non ci siamo chiesti se erano credenti, praticanti o atei, di destra o di sinistra, abbiamo apprezzato il bene che hanno fatto, il loro coraggio. È questo atteggiamento che bisogna tener vivo per non cadere in una chiusura che ci impedisce di vedere e apprezzare il bene che c’è in noi e attorno a noi. Gesù ci invita a ragionare in un modo inclusivo e non esclusivo – «Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa» – , a non contrapporre chi è dentro e chi è fuori, chi è amico e chi nemico: come lui dà la vita per tutti (cf Gv 3,17), come Dio fa sorgere il suo sole sui giusti e sugli ingiusti (cf Mt 5,43-45), anche noi siamo chiamati ad avere la stessa fiducia negli altri, ad apprezzare ogni minimo sforzo di bene. Il vero, il bene e il bello non si possono chiudere in confini ben delimitati, lo Spirito soffia dove vuole, ovunque, e spinge il cuore dell’uomo, di ogni uomo a fare il bene: «Lo Spirito si manifesta in maniera particolare nella chiesa e nei suoi membri; tuttavia, la sua presenza e azione sono universali, senza limiti né di spazio né di tempo» (Redemptoris missio 28).
La parola di oggi ci aiuta a comprendere quale idea abbiamo della fede. L’atteggiamento di chiusura, di chi pensa di avere l’esclusiva, tradisce un’idea di fede fatta di una serie di doveri da compiere, meriti da acquistare e non accetta che Dio ami gratuitamente tutti. È necessario che noi cristiani sappiamo seguire le vie che lo Spirito apre anche se non sono quelle “classiche” che siamo abituati a percorrere, sappiamo accogliere le persone senza farle sentire giudicate, sappiamo vedere soprattutto il bene ed essere misericordiosi più che giudici spietati.
Aver conosciuto Gesù e credere in lui è il dono e il “privilegio” più grande che abbiamo. Conoscere Dio e il suo amore per noi è motivo di grande gioia, è la cosa più bella che ci poteva capitare. È questa gioia che ci spinge ad uscire, ad andare verso gli altri e annunciare con la nostra vita l’amore di Dio per tutti. Lo «Spirito ci rende capaci di abbracciare tutti per fare comunione nella diversità, armonizzando le differenze senza mai imporre una uniformità che spersonalizza» (dal Messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato).
Gesù rivolgendosi ai discepoli usa parole che ci sembrano dure, perché lui è deciso ad indicarci la via della vita (meglio entrare nella vita…), ci vuole determinati a tagliare tutto ciò che ostacola il nostro cammino e non vuole che diventiamo ostacolo al cammino degli altri. Chiediamo al Signore con le parole del salmista:
Chi spera in te, per colpa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per causa mia non si vergogni
chi ti cerca, Dio d’Israele (69,7). Amen
don Alfonso Lettieri