Domenica scorsa Gesù ci ha presentato un Dio pastore pronto ad affrontare i lupi e a dare la vita per le sue pecorelle (cf Gv 10,11), oggi lo presenta come agricoltore che si prende cura di ogni tralcio della sua vite. Come il pastore conosce una ad una le sue pecore, così il vignaiolo è attento ad ogni tralcio, taglia quello secco e pota per rafforzare quello che porta frutto.
Con queste immagini Gesù ci aiuta a comprendere l’amore del Padre per noi, la sua vicinanza, il continuo operare per il nostro bene: Dio è così vicino che si sporca le mani, lavora, suda, si affatica per noi, è pieno di speranza nel vedere le prime gemme, gioisce nel vedere i grappoli maturi proprio come fa un agricoltore con la sua vigna, come un padre per i suoi figli.
«Io sono la vite voi i tralci». È un’immagine forte questa che usa Gesù. Vite e tralci formano una cosa sola, infatti, Gesù ha stabilito con ciascuno di noi un rapporto stretto, necessario per vivere e per portare frutto: «Senza di me non potete fare nulla». Con il battesimo siamo stati innestati nella vite che è Gesù, abbiamo ricevuto la sua stessa vita e come il tralcio «non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite» così neanche noi se non rimaniamo in lui. Gesù è la vite che ci tiene saldamente radicati in Dio, attraverso i suoi sacramenti riceviamo la linfa per affrontare ogni stagione della vita. Perciò ci dice: «Rimanete in me e io in voi». In un mondo dove tutto è provvisorio, siamo invitati ad una relazione stabile, duratura, a perseverare, ad essere fedeli. È la fedeltà che rende bella una relazione non la precarietà: riscopriamo la bellezza del “per sempre!”. Rimanere in lui è amare come lui ci ama, è rimanere accanto alla persona che hai scelto anche quando diventa più impegnativo, è perseverare nella tua vocazione anche se non c’è l’entusiasmo della prima ora, è portare avanti il tuo lavoro con dedizione anche se i tuoi colleghi non fanno il proprio dovere, è continuare a credere in Dio anche quando sembra che non ti ascolti [Gesù non è sceso dalla croce, è rimasto appeso per amore e fidandosi del Padre (cf Mt 27,39-50)], è tacere per non dire una parola che mette discordia, è dire una parola di consolazione a chi è nella prova, è rimanere accanto ad un ammalato senza farlo sentire un peso…
Ogni domenica il Signore donandoci la sua parola e nutrendoci con il suo Corpo, rende più forte il nostro legame con lui: la sua parola ci illumina, ci aiuta a vedere su quale vite è innestata la nostra vita – solo nel Signore possiamo portare frutti buoni. La parola ci pota. Infatti, mettendola in pratica possiamo tagliare dalla nostra vita le parti secche e permettere alla linfa di circolare; il suo Corpo ci nutre e ci rafforza e non ci fa mancare nulla per portare frutti.
La vite è necessaria per i tralci, ma è su questi che nascono i frutti: per noi è necessario rimanere in Gesù, ma Dio non vuole stare senza noi, il suo legame è così stretto che i frutti li vuole solo attraverso noi: quanto siamo preziosi per Dio!
Maria ci aiuti a rimanere sempre innestati in Gesù per portare frutti buoni.
don Alfonso Lettieri