Quest’anno le luci natalizie per le vie delle nostre città sono sbucate prima del solito. Chissà, forse perché c’è buio e deserto attorno a noi e tutto questo rischia di scendere anche dentro, come una coltre che tutto copre e che offusca la speranza. Sì, siamo ancora un popolo che cammina nelle tenebre. Vogliamo provare a fare un elenco delle tenebre nelle quali camminiamo, soprattutto nel nostro territorio?
La pandemia che è ancora diffusa è come una valle oscura nella quale camminiamo, e nessuno sa quanto durerà. Le nostre città, seppure illuminate dalle luci natalizie, sono tutte un cantiere aperto. Si ripetono uno dopo l’altro i tentativi di portare impianti di trattamento dei rifiuti nel nostro territorio. La crisi economica costringe molte famiglie ad arrivare con fatica a fine mese. Il centro storico rischia la desertificazione, ma soprattutto colpisce il sonno delle coscienze, sia di quelli che si fanno facilmente comprare sia di altri, i quali, pur potendolo, si tirano indietro e non scendono in campo. E, per allargare lo sguardo all’intero Paese, segnali allarmanti giungono sul fronte del rispetto della vita umana dalla nascita alla morte. Sì, siamo un popolo che cammina nelle tenebre. Ma l’oscurità trova un argine nel nostro profondo desiderio di luce, perché noi siamo fatti per la luce. Allora, le luci di questo Natale atteso e temuto non sono solo segno ed espressione della società dei consumi che speriamo presto di lasciare alle spalle. Proprio ora, in queste lunghe ore di nuova angoscia per la situazione del virus e delle sue varianti ci sembra di vagare ancora storditi in un tunnel senza uscita, qualcosa dice che nelle luminarie e negli addobbi natalizi, c’è una ricerca di luce che illumini, riscaldi e aiuti a ritrovare la bussola. «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce». Chi è questa luce? «Io sono la luce del mondo», lo dice Gesù. È il bambino che nasce la luce del mondo, e non è una favola per bambini, come Babbo natale o Cappuccetto rosso o … Alice nel paese delle meraviglie. E quale sarebbe, poi, questo paese delle meraviglie? In questo paese c’è ancora qualcosa di cui meravigliarsi? Sembra che ormai, come dice la gente, non ci meravigliamo più di niente! Purtroppo la nostra coscienza si è talmente abituata all’andazzo delle cose che non ci meraviglia veramente più nulla. E i nostri stanchi Natali, “appezzottati”, cioè falsi, scorrono di anno in anno senza convertirci.
Sì, recuperiamo la capacità di stupirci e di meravigliarci, ma non di fronte a un’ipotetica Alice che non esiste, ma di fronte ai semi di speranza che pure esistono in mezzo a noi. Quando vedremo le nostre città rivivere, nella giustizia e nella pace; quando ci sarà interesse per il bene comune; quando finiranno intrallazzi e furti; quando l’ambiente sarà pulito; quando i giovani non andranno più via, allora sì ci sarà da meravigliarsi e quella città potrà essere realmente chiamata il paese delle meraviglie.
Buon Natale del Signore.
il vostro vescovo Antonio