Oggi la Chiesa ci fa volgere lo sguardo verso il SS. Sacramento per considerare il grande dono della presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Per stare con noi e nutrirci per la vita eterna, Gesù ci ha lasciato questo mirabile dono grazie al quale possiamo anche noi partecipare alla “mensa del Signore” e nutrirci di lui Pane vivo che dà vita (cf Gv 6,48-50): beati noi invitati alla cena dell’Agnello! È un dono che la Chiesa ha ricevuto e nei secoli trasmette – come ci ha ricordato Paolo. Gesù ci dà se stesso: la nostra relazione con lui non è astratta, è un incontro reale, concreto.
«Nella notte in cui veniva tradito» abbiamo ricevuto l’Eucaristia, ciò sottolinea la perfetta gratuità del suo amore per noi: «Che cosa Gesù poteva fare di più per noi? Davvero, nell’Eucaristia, ci mostra un amore che va fino “all’estremo” (cfr. Gv 13,1), un amore che non conosce misura» (san Giovanni Paolo II). A questo amore senza misura richiama anche Luca raccontando il miracolo del pane. Gesù insegna alle folle, guarisce quanti hanno bisogno di cure; si fa sera e, mentre i discepoli si preoccupano di far congedare la gente (che ognuno pensi a se stesso), lui pensa a provvedere al loro sostentamento e lo fa coinvolgendo tutti: «Voi stessi date loro da mangiare». Chi è affamato è chiamato a saziare per soddisfare la propria fame! È un invito a non scoraggiarsi davanti alle difficoltà, ma a darsi da fare a partire da ciò che si ha: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci». È poco per cinquemila uomini. Quante volte il renderci conto del poco che siamo e che abbiamo ci frena, non ci fa fare il bene; quanti “se” non ci fanno vedere le nostre reali possibilità: “se avessi di più…”, “se potessi…”. Luca ci invita, dopo aver preso coscienza del poco che abbiamo, a mettere tutto nelle mani di Gesù, a mettere in pratica la sua parola, a fidarci di lui. È bello riascoltare cosa succede dopo che gli apostoli si sono fidati: «Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste». L’abbondanza è una caratteristica dell’amore (cf Gv 2,6-10).
Nella Messa abbiamo la possibilità di vivere tutto questo. Alla presentazione delle offerte noi portiamo il pane e il vino «frutto della terra e del lavoro dell’uomo», «perché diventino per noi il Corpo e il Sangue» di Cristo. Portiamo sull’altare tutta la creazione e tutta la nostra vita, tutto ciò che siamo, ciò che abbiamo fatto nella settimana trascorsa, le cose belle, buone, il dolore e la sofferenza nostra e del mondo. E tutto viene trasformato in Corpo di Cristo per la salvezza del mondo. Così di ciò che abbiamo fatto e offerto, nulla viene perduto.
Viviamo bene il momento della presentazione delle offerte, facciamo entrare tutta la nostra vita nella Messa e nutrendoci del Corpo di Cristo, lasciamoci trasfigurare, diventiamo anche noi un dono per gli altri.
Questa festa, allora, ci invita ad entrare nella logica dell’amore gratuito, a confidare nella Provvidenza, a non aver timore di condividere ciò che siamo e abbiamo. Inoltre, è un invito a meditare sulla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, a curare la nostra partecipazione alla Messa, a rendere ogni celebrazione seria, semplice e bella, a camminare insieme (sinodalità), a vivere veramente come un solo Corpo. Spesso ci lamentiamo che molte persone non partecipano più alla Messa. Questo ci deve far riflettere sulla nostra testimonianza: sappiamo trasmettere lo stupore e la gioia che proviamo davanti all’Eucaristia? O la nostra partecipazione è solo una buona abitudine che non ha alcuna incidenza sul nostro vivere quotidiano e non testimonia la bellezza e la grandezza di questo Sacramento?
Sarebbe davvero bello se anche noi uscissimo dalla celebrazione con il cuore colmo, sovrabbondante di quello che abbiamo ricevuto, pronti a condividerlo con coloro che incontriamo.
don Alfonso Lettieri