Con il battesimo di Gesù si conclude il Tempo di Natale, inizia il Tempo ordinario.
La liturgia ci fa fare un salto di 30 anni e dalla mangiatoia di Betlemme oggi ci porta alle rive del Giordano; dall’adorazione dei Magi alla contemplazione dello Spirito che scende su Gesù dopo il battesimo e ci fa ascoltare le parole del Padre: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Tutto questo lo stiamo vivendo nella liturgia che celebriamo. Come quel giorno Gesù è stato presente sulle rive del Giordano, oggi è presente in mezzo a noi, perché ha affermato che dove sono due o tre riuniti nel suo nome, lì è lui in mezzo a loro (cf Mt 18,20). È presente nella sua parola, nel ministro che presiede, nel pane eucaristico (cf SC 7). Sta qui e si immerge anche oggi nella nostra umanità, fa suo tutto ciò che portiamo nel cuore, i nostri desideri, le preghiere, le gioie, le speranze, le difficoltà, le angosce e oggi come allora non ha paura di sporcarsi con il nostro peccato. Presentando il pane e il vino, frutto della terra e del nostro lavoro, lui prende tutto della nostra vita e lo Spirito lo trasforma nel suo corpo e nel suo sangue, così nutrendoci di lui riceviamo la sua salvezza. Comprendiamo, allora, l’importanza della presentazione delle offerte: «portiamo all’altare – dice Benedetto XVI – anche tutta la sofferenza e il dolore del mondo, nella certezza che tutto è prezioso agli occhi di Dio», tutto ciò che riguarda noi interessa a Lui. Quando veniamo a Messa, pensiamo: “Cosa offro oggi al Signore?”.
Il popolo attende il Messia, pensa sia Giovanni, questi risponde: «Viene colui che è più forte di me». Gesù è più forte del Battista, battezza «in Spirito Santo e fuoco», eppure si presenta come uno tra i tanti peccatori che stanno in fila sul fiume. Mi piace sempre pensare che Gesù abbia fatto la fila come tutti gli altri, lui che ha avuto la pazienza di aspettare la pienezza del tempo per nascere (cf Gal 4,4), che per 30 anni ha vissuto in un paesino sperduto della Galilea (cf Lc 2,39.51), si mette in fila, si fa pienamente solidale con noi peccatori. Egli si è caricato i nostri peccati – dice Isaia (cf Is 53,4-5), si è immerso/incarnato nella natura umana (cf Gv 1,14) e uniti a lui noi siamo immersi in Dio: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28). Quindi quella voce risuonata dal cielo è anche per noi, grazie al Battesimo che il Signore ci ha dato «con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo».
In Gesù siamo figli, questa è la nostra grande dignità, e siamo amati. Questo il Signore ci ripete oggi, siamo suoi figli amati, non perché lo abbiamo meritato, ma perché Dio ci guarda con occhi di Padre, ci tratta da figli: «egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia». Ciascuno di noi è amato e prediletto da Dio. Ognuno di noi può dire: “Sono guardato, amato e Dio trova in me il suo compiacimento!”.
Sant’Ireneo di Lione diceva: «Cristiano, diventa ciò che sei». Ringraziando per questo preziosissimo dono, chiediamo la grazia di viverlo, di vivere pienamente da figli amati, di vivere da veri fratelli e sorelle tra noi. Dice il papa nell’Enciclica Fratelli tutti: «Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza “se non attraverso un dono sincero di sé”. E ugualmente non giunge a riconoscere a fondo la propria verità se non nell’incontro con gli altri: “Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro”. Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della vita senza volti concreti da amare» (n. 87).
Il dono ci è stato fatto, viviamolo con coraggio, permettiamo a Dio di compiacersi sempre più di noi. Come Gesù è pienamente solidale con noi, siamo anche tra noi pienamente solidali, attenti a stare accanto ai più deboli, ad interessarci veramente di come stanno i nostri fratelli e le nostre sorelle. Le persone che incontriamo ogni giorno spesso sono quelle che ricevono meno attenzioni da noi. Quasi sempre quando ci incontriamo, chiediamo: “Come stai?”, ma non di rado non ascoltiamo la risposta, passiamo subito oltre, è diventato uno dei tanti modi di salutarci. E così tutti rispondiamo formalmente: “Bene, grazie!”. Tanto sappiamo che all’altro non interessa.
Maria ci aiuti a vivere il dono ricevuto e ad essere attenti, come lo è stata lei alle nozze di Cana (cf Gv 2,1-5), al bene delle persone che incontriamo.
don Alfonso Lettieri