Domenico Pirozzi nasce ad Arienzo-San Felice il 16 maggio del 1939.
Viene ordinato sacerdote ad Acerra il 5 luglio 1964 da monsignor Nicola Capasso.
Il 22 gennaio del 1968 c’è la sua immissione in possesso della comunità San Pietro Apostolo di Talanico, di cui ancora oggi è parroco.
Don Domenico Pirozzi è il secondo sacerdote della diocesi di Acerra che si racconta a noi seminaristi. Nel mese di novembre apre le porte della casa canonica della parrocchia di San Pietro Apostolo in San Felice a Cancello – Frazione Talanico, per parlarci di sé nella semplicità della vita parrocchiale: tutti e tre, seduti davanti ad un cammino. Il fuoco è spento, ma ci appaga il calore delle parole di don Domenico, una vocazione unica e un rapporto continuo con il Signore in tutti questi anni.
Lo sguardo e la particolarità degli occhiali non distoglie la nostra attenzione da quanto egli ci dice, a partire dal contatto forte con Cristo, attraverso la Lectio Divina giornaliera, fondamento di preghiera e di crescita vocazionale, che mai ha fatto mancare alla propria vita di prete. E non si tratta di un’esclusiva “sacerdotale”, ma di una pratica accessibile a tutti, nelle diverse vocazioni. Un legame costante, non solo con un Cristo raccontato, o da studiare esclusivamente sui libri di teologia, bensì un Cristo Pastorale, capace di mostrarsi attraverso le relazioni con le persone che Dio porta nella nostra vita.
Il cammino di discernimento di don Domenico comincia in terza media. Eppure, afferma l’anziano sacerdote, «la vocazione non deve essere guardata dall’inizio ma dal seguito, semplicemente perché a quella età un giovane ragazzo non ha tutte le capacità per identificare bene il proprio futuro». E sottolinea la «differenza» con le nostre vocazioni, «adulte», quando cioè le scelte nella vita sono molto più «mirate», tra la vita matrimoniale o la sequela di Cristo nel sacerdozio.
Il discernimento parte quindi da una domanda precisa: Cosa «ci attrae»? Che per don Domenico è la «prima questione da prendere in considerazione nella proprio scelta di vita». Perché «le cose fatte con piacere ti danno la possibilità di affrontare anche le difficoltà che si incontrano durante il cammino».
L’«attrattiva» diventa così «segno visibile dalla presenza di Dio». Proprio laddove tutto è iniziato anche per don Domenico, che «da piccolo» ha avuto «la possibilità di vivere in un clima religioso e forte devozione grazie ai miei fratelli» (don Carmine Pirozzi e suor Angelica Deodata Maria, delle Suore Angeliche di San Paolo, ndr). Una «testimonianza familiare che alimentava in me la piccola fiamma giovanile».
«La nostra vita è una storia fatta di eventi, e se uno li sa leggere vede la mano di Dio», racconta ancora don Domenico. «Ci possono essere momenti piacevoli o meno, ma tutti importanti, e non è possibile individuarne uno in particolare. Tutti sono essenziali per la nostra esperienza». Eppure, don Domenico ne individua uno. Siamo nel 1968, anno della morte del fratello don Carmine, sacerdote di circa 40 anni. Don Domenico si ritrova nella parrocchia di San Pietro Apostolo a Talanico, dove ancora oggi esercita il suo ministero. Contemporaneamente è Prefetto del seminario di Acerra, a contatto diretto con i seminaristi.
Come leggere tutto questo? Un fatto naturale o un segno del Signore? Anche se a volte «non è facile leggere i segni che Dio mette sul nostro cammino, bisogna stare attenti alle persone che Egli porta nella nostra vita», confessa don Pirozzi. Perché «anche il sacerdote non può fare a meno dei rapporti affettivi con la gente», e deve «coltivare i sogni che portiamo nel nostro cuore, doni da custodire nella propria vita, ed essere servitore per il prossimo».
«Serva ordinem et ordo servabit te – Conserva l’ordine e l’ordine conserverà te». Don Domenico ci saluta citando sant’Agostino: un messaggio semplice e chiaro per il nostro cammino di seminaristi. Essere custodi e padroni della libertà, seguendo con umiltà gli insegnamenti del Signore.
Un’esortazione che facciamo nostra e che è anche una risposta alla domanda che il parroco ci rivolge al termine del nostro incontro: «Non so se mi sono spiegato e se tu hai capito». Sì, abbiamo capito caro don Domenico. E grazie!
Vincenzo Guadagno
Luca Piscitelli
Giuseppe Sarnataro