Gesù continua a parlare con i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, (sono quelli che poi lo metteranno a morte). Gli chiedono: «Con quale autorità fai queste cose?» (Mt 21,23). Nel rispondere racconta anche di un «uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna», continua così a rivelarci il modo di agire del Padre.
Nella sua grande bontà Dio ha creato il mondo con tanta premura: «Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino»: non fa mancare nulla, ogni cosa è al suo posto, la vigna ha tutto il necessario per portare frutti. Dice il Papa: «Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi… tutto è carezza di Dio» (Laudato si’ 84). E si fida così tanto di noi da mettere tutto nelle nostre mani: «La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano».
Il racconto prosegue in modo drammatico, infatti, quando arrivano i servi a prendere il raccolto «uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono». Ne manda poi altri. Sembra assurdo, ma è l’amore paziente di Dio che non si fa fermare dal nostro egoismo, dalla malvagità, dai nostri peccati, ci ama e perciò continua a sperare, è sempre pronto a ricominciare e fa di tutto per farci ravvedere: «Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?». Questi contadini non considerano che la vigna è stata affidata a loro ma non ne sono i proprietari e il padrone ha diritto di chiedere i frutti. Dice il Papa: «L’armonia tra il Creatore, l’umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutando di riconoscerci come creature limitate. Questo fatto ha distorto anche la natura del mandato di soggiogare la terra (cfr Gen 1,28) e di coltivarla e custodirla (cfr Gen 2,15)» (Laudato si’ 66).
Gesù continua e ci sorprende di più. Chi di noi dopo aver visto come hanno trattato i servi avrebbe mandato il figlio? La nostra risposta non è diversa da quella dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». Invece Dio manda il Figlio e in lui mostra tutta la sua misericordia: «Avranno rispetto per mio figlio!», “capiranno quanta fiducia ho in loro, si renderanno conto che non sono i padroni della vigna, ma sono chiamati a custodirla, a coltivarla per dare frutti”.
Il Signore ci ha affidato la sua vigna, la Casa comune, un lavoro da fare, ci ha affidato la nostra famiglia, ci ha chiamati ad essere preti, genitori, fratelli tutti… Mette nelle nostre mani ciò che è suo, si fida di noi, tanto da andarsene lontano, cioè da lasciarci piena libertà nel progettare, decidere e lavorare per poter portare frutti, ma non ci lascia soli, infatti per ogni lavoro/vocazione la sua grazia ci previene e ci sostiene, il suo Spirito ci illumina e ci guida; come un Padre attende impaziente i buoni frutti dei figli e anche se qualcuno non corrisponde a questa fiducia, Lui non si ferma, il suo progetto d’amore continua ad andare avanti, il regno di Dio «sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Il chiedere frutti di Dio è sempre per il nostro bene, ci aiuta a comprendere come stiamo vivendo la nostra vocazione, come stiamo usando i suoi doni, le nostre capacità. Anche noi chiediamo frutti buoni quando desideriamo che gli altri facciano il proprio dovere, quando vogliamo che chi ci governa lo faccia per il bene di tutti, quando vogliamo che coloro che devono fare un lavoro lo facciano bene…
Ad Assisi il Papa ha firmato l’enciclica sulla fratellanza (Fratelli tutti); preghiamo affinché sull’esempio di San Francesco sappiamo avere relazioni di fraternità con Dio, con i fratelli, con il creato.
Maria che ci ha dato Gesù, il frutto benedetto del suo seno, ci aiuti a portare buoni frutti e ad essere riconoscenti per i doni che riceviamo quotidianamente da Dio.
don Alfonso Lettieri