Diaconi Gustavo Arbellino e Raffaele D’Addio

L'ordinazione per le mani del vescovo Antonio Di Donna il 10 giugno in Cattedrale

GESÙ È IL PIÙ FORTE E’ questa la bella e «buona notizia» che la Chiesa di Acerra riceve accogliendo «nel suo grembo» i giovani Gustavo Arbellino e Raffaele D’Addio, ordinati diaconi dal vescovo Antonio Di Donna «in attesa di diventare sacerdoti».

Un’ordinazione, ha detto il presule, che «è segno di una Chiesa viva», come quella di Acerra che ha riempito la Cattedrale per la «celebrazione solenne» domenica 10 giugno. Un’assemblea piena di «gioia per le infinite misericordie di Dio», ma anche «penitente per l’incapacità di rispondere ogni giorno adeguatamente alla propria vocazione». Presente il vescovo emerito Giovanni Rinaldi, che «ha accolto Gustavo e Raffaele in seminario diversi anni fa». 

DENTRO UNA LOTTA «Cari Gustavo e Raffaele, voi assumete stasera nella Chiesa il ministero del diaconato in vista del presbiterato, ed entrate a pieno titolo in un combattimento, che si consuma fin dalle origini del mondo, tra la luce e le tenebre, la vita e la morte, il potere e il servizio, il dominio e il dono».

«Questa lotta, passata attraverso Gesù che l’ha vinta per mezzo della sua Croce e Resurrezione», è la consegna ai diaconi del vescovo, che ha aggiunto: «Gesù è il più forte e il regno del diavolo sta per finire. Ricordate e portate con voi questa parola del Vangelo del vostro diaconato». Evitando l’illusione di «una vita cristiana dolciastra, romantica e retorica», perché non mancheranno «battaglie» e «opposizioni», come quelle raccontate all’inizio del Vangelo di Marco della decima domenica del Tempo Ordinario nei confronti di Gesù ai «primi passi del ministero», all’inizio di «un cammino irto di difficoltà». Un “fuoco amico” che si sviluppa su due fronti: i «parenti delusi», quelli della sua «cerchia», che lo pensano un «esaltato “fuori di sé”»; gli «scribi», quelli della «sua religione», stimati ed esperti di scrittura inviati da Gerusalemme per un inchiesta, che lo bollano come «indemoniato» che compie miracoli, al fine di «screditarlo agli occhi del popolo». 

PAROLA, ALTARE E POVERI «Da diaconi sarete chiamati a combattere contro il potere di Satana». Non va per il sottile il vescovo Antonio Di Donna mentre parla direttamente a Gustavo e Raffaele. Del resto «uno dei momenti del Battesimo,  porta di ingresso nella vita cristiana, è la rinuncia a Satana e la professione di fede in Gesù Cristo».

Per riuscirci, il presule indica le «armi» del combattimento, frutto della «Grazia dello Spirito Santo che vi viene data attraverso l’imposizione delle mie mani e la preghiera di invocazione allo Spirito». Perché se è vero che «Satana si combatte anche con le preghiere di esorcismo, strumenti da sempre a disposizione della Chiesa, è anzitutto l’annuncio del Vangelo la vera arma: la luce di Cristo da annunciare che vince le tenebre del mondo».Non a caso, ha detto il vescovo, «vi sarà affidato il Vangelo, lo riceverete nelle vostre mani» con un impegno grave: «Annuncia questa parola», che «non vuol dire soltanto proclamare il Vangelo nelle celebrazioni liturgiche, cosa che solo il diacono può fare oltre al sacerdote», bensì significa lasciarsi travolgere dall’«urgenza, dalla passione e dallo zelo di portare la parola nuova di Gesù ad un mondo che ne ha bisogno». E dunque l’appello: «Uscite dalle sacrestie, andate e portate il Vangelo laddove l’uomo vive, soffre, lotta, ama e muore».Insieme alla Parola, il vescovo ha ricordato ai diaconi il servizio all’Eucarestia, «il ministero dell’altare che vi sarà affidato», il servizio al «Corpo e Sangue del Signore». All’altare, il diacono svolge infatti il suo servizio al calice e al libro; aiuta il sacerdote celebrante, purifica e ripone i vasi sacri. Infine, il mandato delle «opere di Carità». Non solo «a imitazione del Cristo povero», ma anche come «strumento di Carità verso i poveri», perché «la Carità copre una moltitudine di peccati» ed «è un’arma nelle vostre mani contro il potere di Satana, il quale alla fin fine non vuole che trionfi il bene sul male». 

SERVI INUTILI A TEMPO PIENO Insieme alle consegne, «perché il vostro ministero sia fecondo», monsignor Di Donna ha invitato i giovani diaconi a riflettere su alcuni «gesti» che «per la prima volta farete stasera».

«Voi dichiarerete promessa di obbedienza e di filiale rispetto nelle mani del vescovo del momento», ha detto monsignor Di Donna ai diaconi. Ma si tratta di una promessa «alla Chiesa» che «impegna tutta la vita» e supera gli stessi vescovi, che «passano». Essa è già una «risposta alla tentazione di far prevalere l’io, le sue voglie e i suoi capricci», perché «significa: eccomi, sono pronto per entrare in quella famiglia nuova di Gesù non più fondata sui legami di sangue, ma su quelli nuovi della volontà di Dio». Perciò, è l’auspicio del presule, «mi auguro che la purezza di questo momento duri a lungo, per tutta la vita».«Il celibato per il regno dei cieli», ha aggiunto il vescovo, «non è semplicemente vivere senza una donna», ma è «mettere Dio al primo posto, al di sopra di tutto con cuore indiviso», è «cercare il regno di Dio e la sua giustizia, il resto viene dopo».E poi, ancora, «la scelta dei poveri». Diacono significa mettersi al «servizio degli ultimi», e «non per riempirsi la bocca con slogan alla moda negli ultimi tempi», ma un «servizio reale, in opposizione alla tentazione del potere, della libido e del dominio». Insomma, è una questione di dentro o fuori: «O il potere o il servizio, o il dominio o il dono di sé». Perciò il vescovo esorta: «Scegliete il servizio piuttosto che diventare potenti davanti al mondo».Del resto, che la Chiesa ponga il diaconato quale grado dell’ordine da ricevere prima del presbiterato è un «messaggio chiaro: prima di essere assimilato a Cristo capo e pastore, tu sei assimilato a Cristo servo, diacono». E’ un messaggio preciso: «Prima servo e poi capo, e capo nella misura sei servo», nella prospettiva della «Chiesa del grembiule, immagine molto bella consegnataci da don Tonino Bello». Infine l’esortazione: «Cari Gustavo e Raffaele, siate servi inutili, a tempo pieno». 

LA PREGHIERA Che al termine dell’omelia monsignor Di Donna ha recitato a nome dei diaconi: «O Dio, tu hai chiamato a collaborare con te Abramo bugiardo, Mosè balbuziente; Sara impaziente e Ruth straniera; Giacobbe imbroglione e Davide adultero; Elia irruente e Giona disobbediente; Giobbe con pessimi amici e moglie petulante, Geremia timido e pauroso.

O Gesù, tu hai chiamato a collaborare con te Maria di Magdala, ragazza come tante; Zaccheo, piccolo di statura; Tommaso dubbioso e Pietro impulsivo; Paolo assassino e Matteo grande ladro; Giacomo e Giovanni ambiziosi. Se tu Signore ti sei servito di loro, puoi servirti anche di me per migliorare il mondo. Dammi la docilità del cuore e della mente perché possa essere un audace apostolo del Vangelo e testimone del tuo amore verso i poveri. Amen».