Cos’è l’Avvento

Nella liturgia nulla è lasciato al caso, ma ogni elemento è pensato per esprimere il mistero che si celebra
 
Con l’Avvento inizia il nuovo anno liturgico. Un anno speciale e non un semplice calendario che segna lo scorrere del tempo ricordandoci quando si celebra il Natale e in che giorno cade la solennità della Pasqua, quando si festeggia questo o l’altro santo. L’anno liturgico è il vivere nel tempo di un anno il Mistero di Cristo morto e risorto per noi. È la salvezza che si attua oggi nella vita dei cristiani.
Assistiamo ad un appiattimento del tempo: ogni giorno è uguale all’altro. Risulta difficile distinguere il giorno feriale dal giorno della festa. Ci sono negozi che non chiudono più la domenica e nemmeno a Natale e Pasqua, altri aperti 24 ore al giorno, 7 giorni a settimana. Bisogna recuperare il senso della festa, momento importante per la vita dell’uomo. Il popolo d’Israele deve far festa, è un comando del Signore che ha un motivo preciso: «Ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e osserverai e metterai in pratica queste leggi» (Dt 17,12). Israele deve far festa per ricordare e celebrare i benefici ricevuti e lì trovare la motivazione per osservare la legge, cioè per restare libero.
La parola stessa, festa, «designa un momento diverso da tutto il resto del tempo… è espressione di libertà, poiché è superamento dell’abituale adempimento del dovere» (R. Tessari, «Festa», in Grande dizionario enciclopedico, Utet, Torino 1987, 215-216). La festa dà occasione di «sperimentare aspetti di sé, degli altri e della vita che durante il tempo feriale rimangono sullo sfondo e vengono dimenticati. Il tempo della festa rappresenta innanzitutto un momento di rottura rispetto alla linearità del tempo quotidiano» [D. Maggi, Anche lo sport ha un’anima, Elledici, Leumann (Torino) 1998, 68]. Festeggiare ci aiuta a vincere l’appiattimento del tempo e a recuperare dimensioni trascurate della nostra vita.
L’Avvento è il primo periodo dell’anno, ha una duplice caratteristica: mentre ci prepara a celebrare la prima venuta di Gesù nella carne umana (Natale), ci chiama a vegliare e pregare per essere pronti ad accoglierlo nella sua seconda venuta nella Gloria.
L’attesa caratterizza questo tempo e deve caratterizzare la nostra vita; infatti al Mistero della fede, rispondiamo così: «Annunciamo la tua morte, Signore, annunciamo la tu resurrezione, nell’attesa della tua venuta».
Le quattro settimane di Avvento ci preparano ad andare incontro al Signore che viene. È un andare incontro, quindi, è una attesa operosa, non passiva: «Suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene», cosi pregheremo il Padre nella prima domenica di Avvento e Maranatha! – Vieni Signore Gesù – sarà l’invocazione sulle labbra dei cristiani.
La vigilanza caratterizza questi giorni: il Signore viene, non possiamo distrarci e rischiare di non accorgerci della sua presenza. Timeo Dominum transeuntem – dice Agostino, “Temo che il Signore passi e io non me ne accorga”. Perciò l’invito di Gesù: «Vegliate» (cf Vangelo della I domenica di Avvento).
Ci accompagnano nel cammino il profeta Isaia: profeta della speranza di Israele, annuncia il compimento delle promesse di Dio; Giovanni Battista: ultimo dei profeti, riassume in sé tutta la storia precedente, ha la missione di preparare le vie del Signore (cf Is 40,3); Giuseppe: è il segno del compimento della promessa che Dio ha fatto a Davide: «Io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno» (2Sam 7,12). Maria: in lei culmina l’attesa del Messia dicendo il suo sì all’arcangelo Gabriele.
In questo tempo, la «liturgia celebra in modo esemplare la beata Vergine, ricorda alcune donne dell’Antica Alleanza, che erano figura e profezia della sua missione; esalta l’atteggiamento di fede e di umiltà con cui Maria di Nazaret aderì prontamente e totalmente al progetto salvifico di Dio; mette in luce la sua presenza negli avvenimenti di grazia che precedettero la nascita del Salvatore» (Direttorio su pietà popolare e liturgia, n. 101). Notiamo subito alcune variazioni che ci aiutano a vivere l’Avvento. Siamo in attesa del Salvatore, è già tempo di gioia, ma non ancora piena, allora non si canta l’inno del Gloria, lo innalzeremo di nuovo al Padre, all’annunzio della nascita del Salvatore la notte di Natale unendoci al canto degli angeli; il colore liturgico dei paramenti è il viola, colore dell’attesa, della penitenza e della conversione; l’altare sarà ornato di fiori, ma «con quella misura che conviene alla natura di questo tempo, evitando di anticipare la gioia piena del Natività del Signore», lo stesso vale per l’organo e gli altri strumenti musicali, vanno usati con quella «moderazione che conviene alla natura di questo tempo» (OGMR, 305. 313). Nella Liturgia delle Ore gli Inni a tutte le Ore, l’antifona all’Ora media sono parti proprie; nelle domeniche di Avvento sono proibite le Messe per i defunti, anche l’esequiale; le solennità dei Santi Patroni coincidenti con le domeniche di Avvento si trasferiscono al lunedì seguente.
Tutto ciò sottolinea la particolarità del tempo che stiamo vivendo e vuole favorire la celebrazione del mistero, così che a Natale si celebri veramente l’Incarnazione del Verbo di Dio, il solo motivo che giustifica la festa. Natale non è la festa dell’inverno, né chissà per quale motivo siamo tutti più buoni (e comunque la bontà non ha tempo determinato!). Festeggiamo perché ci viene annunciata una grande gioia: è nato il Salvatore, venuto a visitarci dall’alto come «sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte» (Lc 1,78-79).
Attendiamo Gesù che, pur essendo di natura divina, si è incarnato e si è fatto uomo, è il Maestro, ma non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita per noi; è onnipotente ma si presenta a noi nella debolezza di un bambino. Attendiamo Colui che è la nostra pace, la nostra gioia, la nostra vita! Prepariamoci ad accoglierlo e impariamo da lui che si è fatto come noi per farci come lui. Mirabile commercium! Meraviglioso scambio!
Auguri, buon anno a tutti!
 
Don Alfonso Lettieri