Giovedì 25 Maggio 2017 ore 19.00
Cattedrale di Acerra
Organista M° Giovanni Picciafoco
Organista titolare del Duomo di Nola e dell’antico Santuario di S. Maria a Parete di Liveri
Dopo molti anni il vecchio organo restaurato ritorna a farci sentire la sua melodia
Con la partecipazione del Coro “Diarmonia” diretto dal M° Mauro Caturano
L’Organo nella storia della Cattedrale e della Diocesi
La costruzione dell’organo nel 1873 segnò la conclusione di una tormentata ricostruzione della cattedrale dopo il suo abbattimento nel 1787.
Per oltre ottant’anni la chiesa di Acerra era rimasta impelagata ed anche frastornata dal proposito di avere una chiesa madre più fastosa e più moderna. A dire il vero, poco dopo l’abbattimento (deciso dal Vicario Capitolare in sede episcopale vacante), grazie ad un oneroso impegno economico assunto dal vescovo mons. De Fusco, la cattedrale potè essere aperta al culto e consacrata nel 1796. Ma l’edificio, anche nel decoro che gli si doveva, era essenziale; più maestoso in quanto a volumetria rispetto al precedente ma privo di arredi, di pitture murarie. Non esisteva neanche il colonnato che fu costruito successivamente nei primi anni dell’Ottocento. I lavori erano stati eseguiti con la fretta di restituire alla città la sua cattedrale e tra tesi contrastanti (non tutti erano convinti della necessità e della opportunità di abbattere ed ampliare l’edificio) segnate dal succedersi di architetti ed imprese costruttrici che lavoravano senza un preciso progetto e senza un definito piano finanziario. Gli effetti non tardarono: scoppiarono polemiche anche tra il clero e soprattutto crollò la cupola.
Gli anni della ricostruzione della cattedrale coincisero sintomaticamente con il periodo più buio della Diocesi di Acerra. Dal 1818, infatti, la sede vescovile di Acerra era stata di fatto soppressa in quanto accorpata a quella di S. Agata de’ Goti; rimaneva il titolo e l’affetto dei vescovi che, pur risiedendo a S. Agata, non dimenticavano Acerra tanto che uno di essi (mons. Garzilli) volle essere seppellito proprio in quella chiesa contemporaneamente nuova e diruta. E si deve all’interessamento del successore di questi, mons. Javarone, se Acerra nel 1854 tornò ad essere sede episcopale autonoma e con un territorio più vasto rispetto alla tradizione. Ma la cattedrale,
ridimensionata all’estensione delle navate al di qua della verticale della cupola, era ancora l’immagine di una Chiesa da ricostruire non solo nell’edificio murario ma nella comunità. Gli anni dell’episcopato di mons. Romano furono tra i più tormentati perché coincisero con troppi cambiamenti: il rinnovamento sociale e culturale emblematizzato dagli eventi del 1848, l’avvento del Regno d’Italia all’insegna della laicità, la nuova circoscrizione diocesana.
Bisognò attendere un nuovo clima, formatosi paradossalmente dopo il 1871, dopo la presa di Roma da parte dei bersaglieri in nome del Regno d’Italia, per vedere rialzarsi la Chiesa di Acerra tanto nella sua struttura ecclesiale quanto nel suo tempio cattedrale. L’avvento sulla cattedra episcopale di un giovane e volitivo sacerdote aversano, mons. Giacinto Magliulo, rimise in piedi la comunità ecclesiale e diede nuova vitalità all’intera società locale.
La costruzione della cattedrale fu portata a termine nelle forme ancora oggi esistenti grazie ad un rinnovato patto tra società civile e comunità ecclesiale. Nonostante la polemica circa la laicità dello Stato (polemica che animava anche la vita acerrana) il Comune di Acerra contribuì in misura non residuale all’onere finanziario per il completamento della cattedrale. Come ricordano le lapidi poste sulla facciata, sotto il porticato, già il 27 dicembre del 1874 si potè inaugurare la chiesa. Tale coinvolgimento dell’Amministrazione Comunale nel sostenere con il clero e con i cittadini le ancora pesanti spese per dare decoro alla chiesa-madre durò ancora per un decennio: solo il 6 giugno 1884 la cattedrale poté essere consacrata e quella liturgia fu resa ancora più solenne dal suono del nuovo organo a canne.
Esso fu commissionato ai maestri organari Giuseppe e Marcellino Abbate di Airola. La scelta di questi valenti artigiani rileva che si voleva dotare la nuova chiesa cattedrale di uno strumento di buona qualità. Infatti i fratelli Abbate erano eredi di un’antica famiglia di organari che aveva acquisito prestigio nel settore; a Donato Abbate, loro antenato, si devono gli organi della chiesa dell’Annunziata di Arienzo e della cattedrale di Sant’Agata de’ Goti. La loro maestria non doveva essere sconosciuta al vescovo di Acerra che, come detto, era di origini aversane, precisamente di Frignano; essi, infatti, avevano costruito l’organo della chiesa parrocchiale di Succivo e quello della chiesa di san Biagio di Aversa; a loro, ancora, si deve l’organo del santuario della Madonna della Neve di Airola. Già nella seconda metà degli anni ’70 la ditta Abbate consegnò lo strumento le cui caratteristiche erano ridotte rispetto al progetto originario. Infatti la tastiera fu ridotta a 62 tasti rispetto ai 64 preventivati, come pure la pedaliera fu ridotta di due unità; l’organo non fu provvisto della banda (grancassa, piatti, campanelli), e del sistro pure previsti. Comunque le attese non furono tradite perché lo strumento della cattedrale di Acerra, comunque, risultò potente e affidabile. Esso fu controllato dallo stesso Marcellino Abbate fino al 1882; successivamente ebbero cura dello strumento Carmine Iodisco nel 1883 ed Elia Favorito nel 1908 e nel primo dopoguerra.
Fino agli anni ’50 del Novecento, l’organo ha accompagnato le occasioni più importanti della vita acerrana e diocesana. Posto che il suono dell’organo è segno di solennità,
non c’è stato momento solenne della vita diocesana e, perché no, civile che non sia stato suggellato dal suono di questo strumento musicale; si pensi all’ingresso in diocesi di due vescovi, al Te Deum per la fine delle due guerre mondiali.
Anche se è una pessima abitudine quella di graffitare pareti con il proprio nome, molti, moltissimi acerrani e diocesani (alcuni di essi, poi, hanno ricoperto anche importanti incarichi nella vita locale) hanno voluto testimoniare la loro esistenza firmando la cassa dell’organo nell’arco di oltre un secolo. Così oltre a donare solennità con il suo suono, l’organo è diventato anche un documento del legame tra la società locale e la vita religiosa. Nel corso del recente restauro si è provveduto a fare memoria non di un gesto, sicuramente da non imitare, ma del vissuto che da esso è documentato.
La realizzazione dell’organo a canne fu tra gli interventi che chiusero la tormentata ricostruzione della cattedrale. In quella vicenda, come risulta evidente, non furono poche le situazioni simboliche: la coincidenza dei lavori per la cattedrale con il declassamento della sede vescovile acerrana a comprimaria con quella di Sant’Agata de’ Goti, lo stato di degrado della chiesa cattedrale fino al crollo della cupola appena edificata nel periodo di assenza del vescovo nella sede acerrana, la ripresa dei lavori definitivi in un rinnovato progetto ecclesiale diocesano. In questa prospettiva è da considerare che la realizzazione dell’organo a canne completando l’opera di ricostruzione portò con sé un altro simbolo. Come a rappresentare una rinnovata presenza della Chiesa nel nuovo clima culturale della fine del sec. XIX, sulla cassa dell’organo fu posto (ed ancora resiste) lo stemma della città di Acerra; la scelta di quella collocazione del simbolo della comunità locale metteva in risalto quello strumento quasi a significare la partecipazione corale alla vita religiosa locale.
Gennaro Niola