Diverse volte in Marco la gente e gli stessi discepoli, vedendo cosa fa Gesù e ascoltandolo, si chiedono: Chi è costui? (cf Mc 1,27; 4,41). Oggi è il Signore stesso che pone la domanda sulla sua identità.
Siamo nel cuore del secondo vangelo, Gesù ha appena guarito un cieco (8,22-26), la gente lo cerca e lui per la strada interroga i suoi discepoli, sembra curioso di sapere cosa si dice di lui. Però non è semplice curiosità, ma carità perché la risposta a questa domanda è decisiva per il nostro rapporto con lui, per la nostra vita. La gente lo confonde con il Battista (cf Mc 6,14), con Elia, con uno dei profeti. Pietro risponde bene, ma l’idea che ha del Cristo è lontana dalla realtà. Infatti, «la sua missione si compie non nella strada larga del successo, ma nel sentiero arduo del Servo sofferente» (Papa Francesco), e quando Gesù dice che deve «soffrire molto, ed essere rifiutato…», l’apostolo lo rimprovera, non può accettare che si incammini sulla via del fallimento: il “suo” Cristo non può essere così! Si aspettava un Messia diverso, liberatore, vittorioso, che usa la forza contro i prepotenti, così come noi ci aspettiamo un Dio che risolva ogni nostro problema, esaudisca ogni nostra preghiera, ci sollevi da ogni fatica, ci faccia stare tranquilli, in pace, senza alcun disturbo… [a volte sembra che sogniamo una vita da Pinocchio: fare festa 30 giorni al mese, stare sempre in vacanza, mandare altri a lavorare al posto nostro…].
Gesù, invece, è venuto a mostrarci il volto di un Dio che non va a Gerusalemme a distruggere i nemici, ma a dare la vita per tutti.
«Va’ dietro a me, Satana!». Nemmeno Giuda si è sentito rivolgere un rimprovero così duro. Non siamo noi a dover dire a Dio come si deve comportare, è Lui onnipotente e misericordioso, è Lui che ci ha creati, è Lui che ci dà la vita ogni giorno e ci sostiene, è Lui il nostro pastore, noi siamo chiamati a seguirlo, è Lui che conosce la strada da percorrere e solo se lo seguiamo possiamo arrivare al “terzo giorno”, alla risurrezione, a vivere già oggi pienamente la vita.
Per essere suoi discepoli c’è un solo modo, seguirlo, fidarsi veramente di lui anche quando non comprendiamo tutto, percorrere la sua stessa via, quella dell’amore gratuito che ha a cuore il bene dell’altro (rinnegare sé stessi) fino a dare tutto, perché la vita la salviamo solo donandola (prendere la croce).
Possiamo fare questo se rispondiamo alla domanda: Chi è Gesù per me? Fermiamoci e dedichiamo del tempo per formulare la nostra personale risposta e verificare in quale Dio crediamo.
Qualche secolo fa, un giovane di Assisi ha risposto lasciando tutto e seguendolo, poi ha cantato: «Tu sei santo, Signore solo Dio, che compi meraviglie. Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza. Tu sei fortezza, Tu sei rifugio. Tu sei tutta la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna».
Ognuno canti le sue lodi all’Altissimo soprattutto con le proprie opere, solo così possiamo testimoniare la nostra fede.
don Alfonso Lettieri