«Tu scendi dalle stelle» – canta il nostro sant’Alfonso contemplando il grande dono del Natale di Gesù e resta estasiato davanti alla concretezza dell’amore di Dio per noi, arrivato fino a farsi carne (cf Gv 1,14), fino a nascere povero, al freddo e al gelo: «A te, che sei del mondo il Creatore – continua il nostro santo – mancano panni e fuoco o mio Signore!» e aggiunge: «Ahi, quanto ti costò l’avermi amato!».
In un momento preciso della storia (cf Lc 2,1-2), in un luogo preciso, a Betlemme, nella pienezza del tempo «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché noi ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Ecco il grande dono del Natale: Dio si è fatto come noi, per farci come lui. «Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine; fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità» (dalla Liturgia). Infatti, a coloro che «lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).
Il Natale di Gesù ci ricorda la grande dignità dell’uomo: «Vale la pena di essere uomo, perché tu sei stato uomo!» – diceva Giovanni Paolo II. E proprio per non escludere nessuno, si è fatto povero, bisognoso di tutto, per dire che in ogni condizione, anche la più disperata, l’uomo è sempre degno di essere amato e rispettato. Con la sua povertà il Bambino di Betlemme grida a tutti l’amore del Padre: siamo amati non per i nostri meriti, ma perché siamo suoi figli! Infatti, «egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia» (Tt 3,4).
Rischiamo sempre di scoraggiarci nel pensare ciò che dobbiamo fare; il Natale sposta la nostra attenzione prima di tutto su ciò che Dio ha fatto e fa per noi: è l’Emmanuele, è il Dio con noi, per noi, disposto a tutto per il bene nostro, disposto ad entrare in «una carne simile a quella del peccato» (Rm 8,3), cioè disposto a incarnarsi nelle pieghe della nostra quotidianità per condividere tutto ciò che viviamo, povero tra i poveri, ma per farci ricchi: «da ricco che era – dice san Paolo – si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). «La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria» (Papa Francesco).
Questo è il grande mistero del Natale: con l’incarnazione il nostro Dio «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (GS 22). Quindi tutto ciò che viviamo non è estraneo a Lui e non ci allontana da Lui (cf GS 34), ma vissuto nel suo amore rafforza la comunione e ci rende santi, come lui è santo (cf Lv 19,1; Mt 5,48). «Ora che veramente si è fatto uomo, questo mondo con il suo destino sta a cuore a Lui. Ora non è solo opera sua, ma una parte di Lui stesso. Ora Lui pure è sulla nostra terra, dove non gode un’esistenza migliore della nostra, dove non gli fu assicurato alcun privilegio, ma ogni parte del nostro destino: fame, stanchezza, ostilità, angoscia di dover perire, e morte miseranda» (K. Rahner).
Carissimi, oggi non stiamo ricordando semplicemente un compleanno, ma stiamo celebrando l’incarnazione di Dio, il suo pieno e perfetto coinvolgimento nella nostra vita: oggi Dio scende in questo nostro mondo e scende perché lo ama (cf Gv 3,16), nasce per ciascuno di noi, per portare la sua luce in ogni angolo buio: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce» (Is 9,1). Gesù porta la luce della vita dove regna l’angoscia e il dolore della morte, la luce della pace dove c’è divisione e discordia, la luce della speranza dove c’è tristezza e angoscia.
Maria pone il Bambino in una mangiatoia: Dio si è fatto nostro cibo e oggi su questo altare si presenta a noi come pane della vita e non solo lo possiamo adorare come hanno fatto Maria, Giuseppe e i pastori, ma ci possiamo nutrire di lui. Un giorno, da grande, dirà: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» (Gv 6,51).
Dio non ha avuto paura di nascere in un luogo di fortuna, non ha disdegnato di essere adagiato in una mangiatoia, questo ci aiuta a guardare con occhi di speranza ogni persona, ogni situazione e ogni luogo invocando ovunque la sua presenza: Vieni, Signore Gesù!
È Natale, Dio si è fatto uomo, chiama gli uomini per compiere il suo disegno di salvezza, accogliamolo come lo hanno accolto Maria e Giuseppe, lasciamolo nascere e crescere nella nostra vita.
Come i pastori, dopo averlo ascoltato e adorato, anche noi raccontiamo a tutti, con la nostra vita, ciò che abbiamo visto e la gioia che abbiamo nel cuore.
don Alfonso Lettieri