Cosa pensiamo dei santi e della santità? Di solito siamo portati a guardare i santi dal basso verso l’alto, posti su un altare, non alla nostra altezza e, nonostante la devozione e le preghiere, non vediamo la santità alla nostra portata. Eppure i santi sono donne e uomini come noi che hanno creduto e seguito Gesù, che da Lui hanno ricevuto il dono della santità e lo hanno vissuto quotidianamente. La Chiesa li pone in “alto” semplicemente per farli vedere affinché noi siamo incoraggiati dal loro esempio, ma loro hanno vissuto la santità in “basso”, tra noi, nelle nostre città e spesso con una vita fatta di gioie e difficoltà non estranee a quelle che viviamo noi. La beatificazione di Carlo Acutis (10 ottobre u.s.) testimonia proprio questo, di fatto è stato proclamato beato un normalissimo ragazzo dei nostri giorni (1991-2006), lo possiamo vedere anche nei video su YouTube mentre scherza con altri ragazzi, fa linguacce, si tuffa in mare, spegne le candeline sulla torta il giorno del suo compleanno… Il suo programma di vita è stato quello di essere sempre unito a Gesù e per lui la felicità è «lo sguardo rivolto verso Dio».
Dio «ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente» – dice il Papa (Gaudete et exsultate 1) – ci vuole felici e questo dono lo offre a tutti, in ogni stato di vita: questa infatti è volontà di Dio, la nostra santificazione (cf 1Ts 4,3). Per essere santi non è indispensabile essere vescovi, preti o religiosi, basta vivere, nelle proprie occupazioni quotidiane, il dono ricevuto: «quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (II lettura). Il Concilio parla di «universale vocazione alla santità» (cf Lumen gentium 39-42): «Nei vari generi di vita e nei vari compiti una unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio» (n. 41).
La santità è alla nostra portata, non siamo chiamati a fare imprese straordinarie, grandi miracoli, né a fare la faccia da immaginetta – dice il Papa – ma a «vivere la vita ordinaria e quotidiana con amore, fede, onestà e pentimento e in comunione con Dio e con i fratelli; essa non sta nel fare cose straordinarie ma nel compiere le cose ordinarie con un amore straordinario, vivendo la propria vita sulla terra in maniera positiva e utile per sé e per gli altri» (Papa Francesco). A piccoli passi avanziamo sulla via della santità: un papà e una mamma che sostengono la famiglia, si spendono per l’educazione dei figli, vivono la santità; un giovane che si impegna nello studio, ha buone relazioni con gli amici, ama la vita e non cerca compromessi e sballi, vive la santità; un politico che si impegna per il bene comune, difende i più deboli e i poveri, vive la santità; una nonna che passa giornate intere a pregare per la sua famiglia, per gli amici e per il mondo intero, vive la santità. E chi vive la santità, contribuisce a rendere santo il mondo attorno a sé.
Gesù ci dice: Beati! Per noi chi è beato, felice? Chi gode di ottima salute, chi ha molti soldi e ricchezze, non ha alcun problema, lavora poco e guadagna tanto: “beato lui!” – esclamiamo. Così pensiamo di trovare la felicità lontano dalla nostra vita reale e viviamo sempre insoddisfatti, frustrati. Gesù con le Beatitudini ci riporta nella nostra realtà, ci radica in questa storia e ci dice che la felicità non si trova lontana dalla nostra vita reale, ma nella nostra vita, nei piccoli gesti quotidiani e non esula né dal nostro lavoro, né dallo studio, né dalla famiglia, perché sono questi i luoghi dove la possiamo trovare e godere e, addirittura, la possiamo vivere nonostante i problemi, le difficoltà della vita, la malattia (cf Rossella Petrellese, Chiara Badano, Carlo Acutis) e nonostante i nostri limiti e peccati perché la santità «è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia» (Gaudete et exsultate 34). Infatti, «Non tutto quello che dice un santo è pienamente fedele al Vangelo, non tutto quello che fa è autentico e perfetto» (Gaudete et exsultate 22). Allora questa solennità con le Beatitudini, ci incoraggia perché ci ricorda il dono che abbiamo ricevuto e la felicità che ne deriva.
Il santo è una persona felice che gode di una gioia vera e non ha paura di affrontare la vita, ma povero e mite, sa affidarsi a Dio sapendo che mai lo lascerà solo; non ignora le situazioni dolorose, né le nasconde, né si rifugia nello svago e nelle trasgressioni, ma nel pianto cerca la vera consolazione, quella di Gesù e non con quella del mondo; avendo fame e sete della giustizia si impegna ad essere giusto nelle sue decisioni e a difendere i poveri e i deboli; consapevole di essere amato e perdonato, agisce con misericordia; con cuore puro ama il prossimo vedendo in esso Dio; quale figlio di Dio, semina pace attorno a sé; percorre ogni giorno la via del Vangelo nonostante la difficoltà e la persecuzione che questa scelta procura (cf Gaudete et exsultate 66-94).
La santità è il dono che abbiamo ricevuto e vivendolo, un giorno ci uniremo a quella «moltitudine immensa» (I lettura) che sta in piedi (cioè è viva) e adora e loda Dio nella gioia senza fine. Maria, la tutta santa, sostenga il nostro cammino. Amen
don Alfonso Lettieri