«State vicini a questi giovani, accompagnateli nel loro cammino, sosteneteli, e se necessario, tirate loro le orecchie». E’ l’esortazione del vescovo Di Donna ai parroci e alle comunità parrocchiali di cinque seminaristi, ai quali ha conferito ad alcuni il Lettorato e ad altri l’Accolitato.
Soprattutto, il vescovo ha raccomandato di sentirsi «parte di una famiglia», e anche per questo, insieme a don Alfonso Lettieri, responsabile della formazione, ha scelto un’unica celebrazione in Cattedrale nonostante la diversa provenienza dei giovani.
Ai fratelli più grandi, già ministri ordinati, il presule ha raccomandato di «stare accanto» a questi giovani avviandoli «all’arte pastorale» nelle comunità.
La sera di domenica 12 aprile in Cattedrale ad Acerra, Gustavo Arbellino, Antonio Insidioso e Raffaele Schiavone hanno ricevuto il ministero del Lettorato, mentre Carmine Passaro e Francesco Piscitelli sono stati istituiti Accoliti. Con il vescovo Di Donna hanno concelebrato il vescovo ausiliare di Napoli e rettore del Seminario di Capodimonte, Salvatore Angerami, il vicario generale della nostra diocesi, Cuono Crimaldi, il responsabile diocesano della pastorale vocazionale, Alfonso Lettieri, il vicario foraneo di Acerra e parroco di sant’Alfonso, Giancarlo Petrella, il parroco della Cattedrale, Antonio Riccio, il parroco di san Nicola Magno di Santa Maria a Vico, Carmine Pirozzi, il parroco dell’Annunziata di Acerra, Domenico Cirillo, il parroco di San Marco Evangelista in Santa Maria a Vico, Francesco Perrotta, il parroco di Sant’Alfonso di Cancello Scalo, nel Comune di San Felice a Cancello, Giuseppe De Rosa, il parroco di Loreto Mandre, Mario Napolitano, e il vice parroco di Sant’Alfonso di Acerra, Ciro Barbato. Presenti i diaconi permanenti Roberto Valentino e Giovanni Caliendo e molti altri giovani seminaristi.
Numerosi fedeli delle comunità parrocchiali di appartenenza, e presso le quali i ragazzi svolgono attualmente il loro servizio, hanno riempito la Cattedrale per la Messa animata dalla schola cantorum diretta dal maestro Mauro Caturano.
Un saluto particolare il vescovo ha rivolto ai «genitori, accanto i quali i giovani si sono seduti all’inizio della celebrazione», a sottolineare il dono che la famiglia riceve dal Signore e nello stesso tempo offre alla Chiesa.
Il cammino di fede di Tommaso
A partire dal Vangelo della domenica, ottava di Pasqua, Di Donna ha proposto ai giovani seminaristi, e all’intera assemblea, «l’itinerario di fede di Tommaso», il suo passaggio «dal dubbio ad una delle più grandi professioni di fede: “Mio Signore e mio Dio”». Tommaso è «simbolo dell’uomo di tutti i tempi», ha detto il vescovo, «soprattutto del nostro, dominato dalla cultura del sospetto, dalla sfiducia, dalla diffidenza e dal dogma del “vedere per credere”», dogma al quale Di Donna ha contrapposto che «l’essenziale, ciò che conta veramente nella vita, è invisibile agli occhi», secondo l’espressione del Piccolo Principe di Antoine De Saint – Exupery, testo a lui «molto caro».
Con la sua incredulità, ha continuato il presule citando Papa Gregorio Magno, «l’apostolo Tommaso ci è più utile di tutti gli altri apostoli», perché ci fa capire che «Gesù prende l’iniziativa, non i discepoli».
Con i racconti «importanti» di Pasqua, ha detto ancora il vescovo, «la Chiesa ci fa ascoltare e incontrare Gesù vivo e risorto»; essi rappresentano il «nucleo genetico» da cui «ha origine la fede nella resurrezione del Signore», e da cui ricaviamo «le testimonianze su cui si fonda
la nostra fede».
E la prima indicazione che abbiamo da essi è proprio questa: «Gesù prende l’iniziativa mentre i discepoli sono morti dentro, con la paura di fare la sua stessa fine». Di Donna ha sottolineato la situazione negativa, di tristezza, in cui si trovano i discepoli, i quali speravano e adesso dubitano. I Vangeli, ha detto Di Donna, non cancellano questo stato d’animo ma realisticamente lasciano questa situazione interiore. Tutti, non solo Tommaso, sono nel dubbio, più o meno angosciati, e vivono una condizione interiore di crollo della speranza, illuminata non da un’allucinazione collettiva ma dall’iniziativa del Signore Risorto che «si fa vedere». Tanto è vero che «solo dopo, alla luce della fede, lo riconoscono».
La seconda connotazione dei racconti della resurrezione è cronologica: «Nei Vangeli – ha detto Di Donna – contano anche le virgole», e non è assolutamente irrilevante che «Gesù si incontra con i suoi il primo giorno della settimana, e poi otto giorni dopo. Quel giorno – ha aggiunto il presule – sarà così decisivo che diventerà la pasqua settimanale, e i cristiani cambieranno anche il suo nome in Dies Domini, Giorno del Signore, e poi domenica. Il giorno dunque del Signore, il giorno della sua resurrezione». Se custodissimo e vivessimo fino in fondo il giorno del Signore capiremmo molto più della nostra fede. Perciò, il vescovo si è detto rammaricato che molti trascurino il giorno del Signore.
Al servizio di una fede personale matura
Ma Tommaso, alla prima apparizione assente, è molto più vicino a noi di quanto pensiamo. Egli non crede agli altri apostoli che gli comunicano di aver visto il Signore. Non si affida ad una fede che non ha sperimentato.
Perciò, ha detto Di Donna, ancora oggi egli ci invita a «passare da una fede di consuetudine, tradizione sociale e per sentito dire, ad una personale». «Mio Signore mio Dio»: non più gli altri mi dicono che hanno visto il Signore ma io l’ho visto, ho fatto esperienza. E questo è ancora più vero per noi occidentali, popoli di antica cristianità, ma da tempo entrati in una fase di transizione, con il rischio di cadere in una fede di pura tradizione sociale, consuetudine e conformismo: «Questa fede non ha più futuro», ha ammonito il vescovo di Acerra, e «i segnali, ormai chiari da tempo, ci dicono che il Signore ci sta conducendo ad una fede più personale nella sua resurrezione, fondata su libere motivazioni interiori e responsabile».
«Cari amici, attraverso gli Uffici che oggi vi conferiamo, mettetevi al servizio di questa fede in questa particolare congiuntura storica, al servizio cioè di questo passaggio da una fede di consuetudine sociale ad una fede personale, come quella di Tommaso», ha detto il vescovo rivolgendosi ai seminaristi.
Anzitutto, come lettori. «Ponete il vostro ministero al servizio di una fede che nasce dall’ascolto della Parola», ha raccomandato Di Donna ad Antonio, Gustavo e Raffaele, perché «non c’è altra via alla fede che nasce come obbedienza alla Parola di Dio» e «la fede che non nasce dall’annuncio della Parola è esposta alla creduloneria e al devozionismo bigotto in cerca di miracoli». Questi «sono ancora oggi i rischi di una fede debole». Di Donna ha poi constatato che «a 50 anni dal Concilio Vaticano II, che ha rimesso la Parola nelle nostre mani, e nonostante i passi avanti in termini di rinnovamento biblico, il nostro popolo vive ancora nell’ignoranza della Scrittura, della Parola di Dio, e ignorare la Scrittura, secondo l’insegnamento di san Girolamo, è ignorare Cristo». Il vescovo ha citato anche lo scrittore francese Paul Claudel: «I cattolici hanno un tale rispetto della Scrittura che non la toccano neanche con un dito». Perciò, rivolgendosi ancora ai seminaristi lettori, Di Donna ha detto: «A voi stasera è affidata la Parola di Dio affinché la proclamiate nell’assemblea ed educhiate gli altri a proclamarla bene, perché la domenica la casa non cada nel buio». Non si può infatti comprendere l’omelia senza aver ascoltato bene la Parola.
Ma soprattutto, il vescovo ha richiamato il compito dei lettori di «portare la Parola di Dio ai lontani.
Questo – ha detto Di Donna – vi chiede che anzitutto voi amiate e vi nutriate della Parola di Dio abbondantemente, la meditiate giorno dopo giorno, per essere, quando il Signore vorrà, e se vorrà, ministri della Parola, nell’annuncio e nella predicazione, incominciando fin d’ora ad essere familiari con la Scrittura, con il testo biblico, ma soprattutto a gustarla nella meditazione e nella lectio divina». Infine, il vescovo ha ricordato il compito che viene affidato ai lettori, per quanto possibile in ordine di tempo, di «catechista, per educare alla fede i fanciulli, i giovani e gli adulti».
Rivolgendosi poi a Carmine e Francesco, il vescovo ha detto che «l’Accolitato è un ministero che fa riferimento all’altare e all’Eucarestia, il dono più grande che abbiamo», quindi «non semplicemente all’altare per le rubriche o la tappezzeria liturgica, bensì in riferimento all’Eucarestia». Del resto, ha continuato il vescovo, «la Chiesa non è così stolta da istituire e conservare due importanti ministeri (Lettorato e Accolitato, ndr) per poi ridurli semplicemente a leggere la lettura, preparare la tovaglia dell’altare, l’acqua e il vino, funzioni importanti ma non così essenziali».
Gli Accoliti, in particolare, sono «chiamati nel loro piccolo e in collaborazione con i ministri ordinati, soprattutto all’animazione delle celebrazioni eucaristiche domenicali, nel giorno del Signore», per «animare il popolo di Dio» e questo possono farlo – ha detto Di Donna – perché «la domenica state nelle vostre comunità, i cui fedeli voi potete aiutare a vivere bene l’eucarestia domenicale attraverso la proclamazione delle letture, il canto, il silenzio, la preghiera, i vari gesti e momenti della liturgia». Perché quelle domenicali – ha aggiunto il presule richiamando i vescovi italiani – siano «celebrazioni serie semplici e belle».
E se è vero che agli accoliti è «affidato soprattutto il Corpo del Signore», Di Donna ha precisato che «Corpo del Signore è anche la Comunità Cristiana, il popolo di Dio», esortando i giovani Carmine e Francesco a «formare – fin d’ora, ma soprattutto quando, e se Dio vorrà, sarete preti – con i vostri fratelli un unico corpo», e ad «amare di sincero amore questo unico corpo che è la Comunità, preparandosi a dedicarsi a tempo pieno, non parziale, al suo servizio».
«Amate soprattutto i poveri e i deboli, perché anch’essi, e soprattutto loro, sono il Corpo del Signore», ha ancora aggiunto Di Donna ribadendo: «Corpo del Signore è l’Eucarestia, Corpo del Signore è il popolo di Dio, Corpo del Signore sono i poveri. Non lo dimenticate mai».
Non a caso, «la Chiesa ha conservato il Lettorato e l’Accolitato, che fanno riferimento l’uno alla Parola di Dio e l’altro al pane spezzato, l’Eucarestia», perché «solo così si riconosce il Signore presente nell’assemblea liturgica della domenica, Pasqua della settimana», attraverso cioè la Parola e il corpo spezzato.
E non è un caso che «proprio nei racconti pasquali, il Signore viene riconosciuto in questo modo (l’incontro con i discepoli di Emmaus, ndr), perché «i Vangeli rispondono alla domanda dell’uomo su come sia possibile riconoscere il Signore Risorto ieri, oggi e sempre».
E i Vangeli ci dicono che «questo è l’unico modo per farlo – ha detto Di Donna: si incontra il Signore Risorto mentre lui apre la mente all’intelligenza delle scritture e nello spezzare il pane. Non c’è altro modo per riconoscere il Signore vivo in mezzo a noi». La sua Parola e il suo Corpo, spezzare il suo pane. Perciò, ha esortato ancora il vescovo, «a voi lettori è affidato il ministero della Parola, e a voi accoliti è affidato il ministero della spezzare il pane. Sono i due modi con cui il Signore Risorto si fa presente in mezzo a noi. Vivete dunque bene questo piccolo impegno, questa responsabilità che vi viene data stasera. Noi confidiamo in voi e vogliamo che vi prepariate bene al grande momento, vivendo già prima questi due segni – la Parola di Dio e l’Eucarestia – in attesa poi soprattutto del Diaconato, in cui la triade sarà completa». Manca infatti ancora un terzo elemento: «La parola di Dio, l’Eucarestia, i poveri». Il Diaconato, come segno del Cristo servo della Chiesa, «vi abiliterà al servizio dei poveri», ha aggiunto il vescovo, per poi concludere: «Non dimenticate mai queste tre dimensioni costitutive della fede cristiana, della Chiesa e di ogni ministero in essa: Parola di Dio, Eucarestia e servizio dei poveri. A queste dimensioni voi sarete abilitati, e questa sera i due ministeri che ricevete sono al servizio di questa fede che è fede nella Resurrezione del Signore».