Egr. Sindaco di Acerra Raffaele Lettieri
Egr. Assessore Avv. Giovanni Di Nardo
La Diocesi di Acerra è ben lieta di accogliere l’invito a esprimere le proprie osservazioni sul Piano Urbanistico Comunale giunto all’ultima fase dell’iter previsto dalla legge per la sua approvazione. Certo, sarebbe stato più opportuno che questa istituzione religiosa avesse potuto formulare delle raccomandazioni nella fase preliminare allorché sono stati fissati gli indirizzi, le linee guida per il lavoro dei tecnici incaricati di redigere il Piano. Intervenire in questa fase del dibattito comporta dover dare per scontata, per già definita l’impostazione di tale strumento urbanistico per appuntare, invece, l’attenzione su particolari che si ritiene opportuno correggere. Tale compito richiede una competenza tecnica, di settore che non è specifica di questa istituzione di natura religiosa ed inoltre va al di là della funzione che le è propria.
Gli esperti di urbanistica a cui questa Diocesi si è rivolta per essere aiutata a interpretare la proposta di PUC in esame hanno valutato positivamente il lavoro svolto dai redattori; essi hanno assicurato che il Piano proposto fonda su un’attenta analisi della realtà cittadina ed è rispettoso di tutte le leggi nazionali e regionali che regolamentano l’elaborazione di tali progetti. Di contro hanno lamentato l’assenza di una proposta urbanistica in grado di far fare un salto di qualità ad Acerra, di mettere in condizione questa città di esprimere una presenza qualificante nella organizzazione della vita sociale dell’area regionale. Evidentemente i tecnici hanno svolto con professionalità il proprio compito sulla base delle indicazioni ricevute dal committente politico a cui spettano le scelte di indirizzo che qualificano il prodotto atteso.
Sulla base dell’esperienza diretta e delle testimonianze raccolte da quanti, privati o organizzazioni, si rivolgono agli ambienti ecclesiali per confidare i propri affanni e per sollecitare un intervento sul piano dell’etica pubblica, ho più volte richiamato l’attenzione delle pubbliche istituzioni e dei singoli cittadini sul progressivo degrado della vita cittadina, sulle situazioni di malessere della città. La progettazione urbanistica per il decennio futuro è l’atto politico-gestionale più idoneo per affrontare tali bisogni della comunità locale e per garantirle la speranza di un futuro sereno. Del resto una radicata e secolare tradizione attribuisce alla cattedra vescovile acerrana una funzione di patronato per la promozione sociale e la difesa della comunità dalle avversità e dai tentativi di soprusi perpetrati a suo danno.
Diventa pertanto doveroso per il vescovo richiamare gli Amministratori e il Consiglio Comunale a dotare la città di un Piano Urbanistico che nel prossimo futuro dia risposte ai bisogni presenti valorizzando le tante risorse umane e naturali che questa comunità può vantare. La conosciuta ed apprezzata sensibilità personale e politica di questa classe dirigente fa ben sperare in un ponderato accoglimento delle osservazioni critiche che di seguito si esprimono con sereno e convinto spirito di collaborazione per il bene della città. Nella sua enciclica Laudato sii, al §150, papa Francesco scrive: Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco. Anche per questo è tanto importante che il punto di vista degli abitanti del luogo contribuisca sempre all’analisi della pianificazione urbanistica.
La serenità di una comunità, come per la singola persona, è garantita dalla piena espressione delle proprie caratteristiche peculiari determinate dalla tradizione e dalle condizioni ambientali e relazionali. Sarebbe stato necessario, a tal fine, che l’identità della città fosse stata chiara premessa alle indicazioni che gli Organismi comunali preposti hanno dato ai redattori del Piano. Questo, infatti, sembra indirizzato a dare risposte alle emergenze presenti ma in un quadro “di scuola”, non relativo alla specificità della comunità. Sembra scorgere nella proposta in esame una impostazione tecnicista, deterministica che prospetta le soluzioni come dato conseguente a oggettive premesse, in una logica di stretta correlazione di causa-effetto che non lascia spazio ad una riflessione umanistica, ad un’analisi politica.
Questa mancanza genera perplessità sulla capacità di tale Piano ad invertire una tendenza politico-gestionale che, da circa cinquant’anni, vede Acerra passivo ricettore di scelte di altre Istituzioni, area disponibile per interessi economici o per soluzione a situazioni emergenziali. Ciò ha generato un progressivo sfilacciamento della vita sociale cittadina, un progressivo appannamento della percezione di appartenenza alla comunità; la stessa partecipazione a momenti di vita religiosa tradizionali dà la misura di tale perdita del senso di cittadinanza.
Non sembra al momento di poter dare un volto ad Acerra che la tradizione riconosceva come universitas, che può vantare un patrimonio culturale immateriale che la individua con nettezza rispetto alle altre comunità dell’area metropolitana e di quelle più interne. Si opporrà a tale osservazione la cultura del momento che non incentiva le persone alla partecipazione alla vita pubblica, alla vita di relazione, che, anzi, tende a massificare, a spersonalizzare il ruolo dell’individuo e a nullificare il dibattito civico; ciò è senz’altro vero ma non meno evidente è l’assenza di una politica che limiti tale deriva e salvaguardi il valore comunitario che dà senso alla civile convivenza.
Necessario, quindi, esprimersi con chiarezza sulla identità cittadina e cercare su di essa universale condivisione. Essa, infatti, costituisce l’orizzonte che permette ai singoli ed alle libere associazioni cittadine di orientarsi, di formulare le strategie da essi ritenute più idonee al perseguimento del bene della città; essa è condizione necessaria e sufficiente perché possa riprendere quota il dibattito politico cittadino, perché le piazze possano tornare ad essere luoghi pulsanti di vita, rese vive dal confronto di opinioni, che si auspica sereno ma comunque vivace, espressive di “umori” che sono il sale del dibattito politico.
La definita identità cittadina, la conseguente valorizzazione delle risorse ad essa relative di fatto costituirà un baluardo della autonomia cittadina perché sarà un punto certo di orientamento anche per gli ambienti estranei che non potranno più considerare comunque disponibile alle proprie necessità il territorio acerrano.
Anche il flusso migratorio in entrata è da prevedere che ne risulti condizionato perché un’Acerra non indistinta “città-dormitorio” orienterà la scelta di quanti la eleggeranno a propria residenza; essi avranno percezione di entrare a far parte non di un indistinto e gruppo sociale ma di una comunità con precisi connotati da far propri.
Circa la previsione di crescita demografica di circa diecimila persone fino al 2027 e del conseguente fabbisogno abitativo, mi permetto di osservare che essa è stimata in termini statistici e non tiene conto dei possibili condizionamenti che potrebbero derivare dall’attuazione di politiche più determinate nella gestione della vita cittadina. In merito esprimo preoccupazione per la scelta di concentrare buona parte dei nuovi vani necessari a tale bisogno nell’area prospiciente la erigenda stazione ferroviaria della linea T.A.C. e, in genere, di reperirli con nuove costruzioni. Nella proposta in discussione si valuta il patrimonio edilizio del centro storico insufficiente a tale bisogno. Mi permetto di invitare l’Amministrazione a riconsiderare tale stima e a verificare se con un opportuno piano di recupero, nel rispetto degli standard urbanistici e delle caratteristiche architettoniche e in genere culturali di tale area cittadina non sia possibile prevedere un maggior numero di alloggi ad uso residenziale da far convivere con le funzioni commerciali e di servizio. Il centro storico, luogo dell’identità cittadina, merita un’attenzione maggiore di quella che finora gli è stata riservata e che, con le scelte sopra evidenziate, rischia un’ulteriore emarginazione o uno stravolgimento della sua identità.
La previsione di fabbisogno abitativo avanzata dal Piano in discussione già risulta inferiore a quella quantificata dal precedente PUC del 2009 del 35% ma, a quanto sostenuto da alcuni, tale riduzione è ottenuta tra l’altro eliminando interventi a sostegno pubblico di edilizia economica e popolare. Mi preme raccomandare attenzione per la fascia debole della società, per le giovani coppie, per quanti hanno difficoltà a soddisfare il bisogno essenziale di disporre di una casa. Una impostazione tecnicista, votata al tornaconto economico rischia di indirizzare il governo del territorio a privilegiare la speculazione edilizia perdendo di vista la finalità sociale, l’attenzione equanime verso tutti i cittadini.
È sicuramente opportuno che il Vescovo non entri nel dibattito politico ma è altrettanto per lui doveroso sollecitarlo. La partecipazione alla ricerca del bene comune è un dovere etico essenziale innanzitutto per quanti professano la fede cristiana e, per sua natura, è la condizione dell’esistenza stessa della società civile. Il dibattito politico può svilupparsi solamente se c’è la condivisione dell’appartenenza ad una precisa comunità, se si ha contezza della identità della propria città; nella loro diversità, le scelte possono essere messe a confronto sulla base della discriminante della migliore rispondenza ai caratteri propri della comunità. In relazione a ciò, spesso si ha l’impressione che pur interessanti iniziative attuate soprattutto dall’Amministrazione siano fine a se stesse, che non contribuiscano ad affermare un sistema cittadino o che, peggio, possano essere finalizzate a interessi di parte o clientelari. È sacrosanto esercizio di libero arbitrio scegliere l’assetto identitario della città; l’attuale momento critico della vita cittadina potrebbe far ipotizzare l’abbandono della tradizione rurale per rispondere nell’immediato all’indirizzo culturale del momento, alle tendenze del mercato. Tale scelta, però, comporta una necessaria fase di riconversione che porta con sé una fase di stallo economico e sociale e, se non opportunamente messa a sistema, si rivela una fata morgana che svanisce nella concreta esperienza ed è fonte di rinnovata miseria. La scelta decisa, convinta del rispetto della connaturata vocazione agricola di Acerra può diventare, invece, il vero motore di crescita della città. Gli agricoltori acerrani, infatti, hanno bisogno di una prospettiva sicura per i loro investimenti; l’attuale impostazione urbanistica, che non pare contraddetta dal Piano in esame, fa dell’agricoltura un’attività da dismettere alla prima occasione determinata da centri di potere esterni alla città. L’economia si basa sulla fiducia, ha bisogno di certezze e ciò è quanto attendono gli agricoltori della nostra città; una decisa e convinta scelta di un futuro cittadino legato all’agricoltura e a quanto da essa deriva (trasformazione, commercio, promozione culturale e turistica, ristorazione ed accoglienza) può essere fonte di speranza per Acerra.
Un deciso salto di qualità della vita cittadina potrebbe derivare dalla messa a sistema delle risorse in una economia circolare, rispettosa dell’ambiente e civicamente solidale.
Con questa mia missiva non ho inteso rivolgermi all’Amministrazione nella forma codificata delle osservazioni previste nell’ultima fase della procedura di redazione del P.U.C. ma, da Pastore peraltro impegnato nella Visita pastorale, ho voluto fare appello agli Amministratori, ai Politici locali, alle Associazioni, ai singoli Cittadini perché, sulla spinta di una finalmente trovata concordia, non perdano la presente favorevole occasione per ridare vitalità e una prospettiva certa per lo sviluppo della città. Una impostazione puramente economicista, un’ottica semplicemente edilizia ridurrebbe la programmazione del futuro cittadino a esclusivo interesse estimativo delle proprietà e ricaccerebbe la città nel limbo in cui oggi langue. Acerra merita un sereno sviluppo che, però, solo gli Acerrani le possono garantire.
Cordiali saluti e buon lavoro per il bene della nostra amata città.
Acerra, dalla sede episcopale, 20 giugno 2019
Antonio Di Donna
Vescovo di Acerra