Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata da monsignor Di Donna.
In questa Messa celebriamo la solennità di Maria Assunta in Cielo in anima e corpo. E’ la più antica festa mariana che richiama il culto e la devozione del nostro popolo. All’Assunta è dedicata la nostra bella Cattedrale, perciò è una ricorrenza particolarmente solenne, molto cara al popolo cristiano, che ogni anno si ripete nel centro dell’estate.
Ci scusiamo con i fratelli e le sorelle che sono rimasti fuori: purtroppo lo impongono le restrizioni del Governo, anche se stringe il cuore vedere persone che sentono la festa e stanno partecipando all’eucarestia, ma dall’esterno della Chiesa.
Questa festa è detta “La Pasqua dell’estate”, perché fa riferimento alla Pasqua del Signore Gesù, la Croce e la Risurrezione del Signore, che è il cuore e il centro della nostra fede. Noi vediamo, infatti, Maria come Colei a cui è stata applicata per prima la redenzione del Signore: Lei, subito dopo Gesù, partecipa del suo destino di gloria. Oggi contempliamo la sua gloria. Noi crediamo, per verità di fede, che la Vergine Maria non ha conosciuto la corruzione del sepolcro: Lei, che ha generato l’Autore, il Signore della Vita, non poteva conoscere la corruzione del sepolcro, si è addormentata nella morte ed è stata Assunta. La Cattedrale possiede una bella statua della Dormitio Virginis: in latino, la Vergine si è addormentata ed è stata assunta, cioè presa, e gode della gloria di Dio.
E questo perché Perché è stata unita a Gesù, come abbiamo sentito dal breve del Vangelo di stasera: «Mentre Gesù parlava alle folle, una donna alzò la voce e disse: “Beato il grembo che ti ha portato, il seno che ti ha dato il latte”. Ma Gesù dice: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”». Sembra quasi che Gesù corregga questa beatitudine della folla verso la Madre che lo ha portato in grembo e gli ha dato il latte. E invece, Egli fa capire qual è la vera grandezza di Maria: certamente il fatto che Lo ha generato, ed è la Madre anche dal punto di vista fisico, ma ben più importante in Maria è il fatto che Lei ha creduto. La prima beatitudine del Vangelo secondo Luca è proprio quella di Maria: «Elisabetta le dice: “Beata colei che ha creduto al compimento delle parole del Signore”». Maria è Assunta in Cielo perché è «Colei che ha creduto».
E questo avviene perché Lei è stata unita intimamente a suo Figlio: è in virtù di questa unione tra Lei e Gesù che Maria gode della Gloria del Cielo, Assunta!
E’ stata unita dal punto di vista fisico: Lo ha portato in grembo, abbiamo sentito dal Vangelo, è sua Madre; è stata unita nella fede: perché ha creduto alla parola di Gesù, è la «prima credente» nella parola del Signore, la prima discepola, secondo qualche autore; è stata unita a Gesù nel suo servizio e ministero: Lo ha «seguito», dice il Vangelo, Maria seguiva come i discepoli Gesù. Ella ha dunque ascoltato la sua parola, e ci ha creduto. Ma è stata unita a Gesù soprattutto sotto la Croce, unita alla Passione del Figlio. Certo, non ha subito il martirio cruento, come Gesù sulla Croce, ma ha subito un martirio altrettanto doloroso, come aveva predetto Simeone: «Anche a te una spada trafiggerà l’anima».
E se Maria è stata unita a Gesù in vita e in morte, se è stata unita al Signore in tutto, nell’obbedienza alla sua parola, nella condivisione della sua vita, allora Ella deve essere unita a Lui anche per il resto, cioè il suo destino glorioso. Perciò stiamo celebrando soprattutto una festa di speranza per noi. «Maria risplende sul nostro cammino – lo sentiremo tra poco dal prefazio – come segno di consolazione e di sicura speranza». Lei è inizio della Chiesa, immagine del popolo di Dio in cammino nella storia, e quello che è successo a Lei succederà a tutti i discepoli di Gesù, a tutti quelli che credono in Lui. Noi vediamo in Lei realizzato quello che sarà realizzato in noi. Perciò celebriamo una festa di speranza!
Ma io vorrei fermarmi soprattutto sulla espressione della verità di fede, del dogma, che celebriamo oggi e domani. La fede della Chiesa l’ha proclamata ufficialmente nel 1950 con il Papa Pio XII, ma il popolo cristiano ha creduto da sempre in questa verità di fede, e cioè che Maria è stata Assunta in Cielo in anima e corpo.
«In anima e corpo», vorrei fermarmi su queste due parole. Esse vanno sempre insieme: l’uomo, la donna, è corpo e spirito. Noi siamo corpo e anima: sono due elementi da non separare mai. Mai solo il corpo o solo l’anima, ma insieme. L’uomo è unità, e la salvezza che ci ha portato Gesù è una salvezza integrale! Cioè tutto, corpo e anima, tutto l’uomo, tutta la donna, tutta la persona umana è interessata alla salvezza: corpo e anima. Mai solo il corpo, mai solo le cose della terra, mai solo la materia; e mai solo lo spirito. Sempre insieme.
Invece, tante volte noi siamo tentati a separare: pensiamo alla fede e alla salvezza cristiana solo come a un fatto dello spirito, dell’anima, che riguardi solo l’aldilà, la vita eterna, il mondo futuro. E intanto non ci interessiamo del corpo, della materia, della terra, dei sentimenti, delle lacrime, il dolore, le gioie, delle esperienze della vita di ogni giorno.
Viceversa, come succede spesso oggi, ci sono quelli che pensano solo al corpo, alla materia, agli affanni, al godere, al piacere della vita di ogni giorno, e non si interessano dello spirito, dell’anima.
Dobbiamo invece sempre mettere insieme le due cose. Oggi certamente, rispetto a diverso tempo fa, si pensa più al corpo che all’anima. Un tempo contava solo l’anima, il corpo veniva disprezzato, mortificato, trascurato. Oggi succede esattamente il contrario. Quanta attenzione mettiamo al nostro corpo! Lo curiamo, lo vogliamo scattante, sportivo; lo vogliamo, giustamente, sempre sano, bello, giovanile, e facciamo di tutto perché questo avvenga. Senza pensare all’anima, allo spirito.
Ecco invece la bellezza della fede cristiana: essa mette insieme sempre le due cose: Dio e l’uomo, corpo e anima, cielo e terra, fede e storia, preghiera e impegno nella vita, testimonianza. Sempre insieme, mai separati.
Ed ecco perché in questa festa di speranza, in questa celebrazione, sono abituato ogni anno ad esortare me e voi a non dimenticare mai questa destinazione finale. Noi siamo destinati alla Gloria, noi guardiamo al Cielo, non nel senso del luogo fisico, lo spazio, ma guardiamo a dove siamo diretti. Noi non siamo destinati al nulla, a finire. La morte non rompe definitivamente il nostro cammino: è un passaggio, un transito, direi, come nel caso della Vergine Maria, una Dormitio, un addormentarsi nel Signore, ma che va oltre.
Ma, in questa stessa festa, sono abituato ogni anno anche a richiamare me e voi alla realtà terrena. Mentre guardiamo alla meta, al traguardo, all’obiettivo finale, che è la Gloria, come è stata la Gloria di Maria, nello stesso tempo dobbiamo però pensare anche alla terra. Noi siamo – diceva sant’Agostino – cittadini di due patrie, due città: la città di Dio e la città degli uomini, e mentre siamo cittadini della città futura, la Gerusalemme, nello stesso tempo siamo cittadini di questa città terrena, di questo territorio nel quale ogni giorno viviamo, soffriamo, piangiamo, ridiamo.
Ecco perché, come ogni anno, questo momento è per me l’occasione – il vescovo parla nelle sue omelie, ogni tanto fa qualche comunicato per qualche situazione particolare, ma il suo luogo per parlare è l’omelia, la predicazione, come del resto spetta a un vescovo, a un sacerdote – per dirvi qualche cosa sul nostro impegno nella città terrena. Mentre guardiamo al Cielo, non perdiamo di vista il nostro impegno sulla terra, il nostro camminare nel nostro territorio.
E sapete come ci sta a cuore soprattutto l’impegno per il Creato, la Creazione, l’ambiente! Domani, nella Messa del giorno dell’Assunta, sentiremo un brano dal libro dell’Apocalisse, in cui l’Autore «vede nel Cielo un segno grandioso, una donna vestita di sole. Maria è vestita di sole ed è insidiata dal drago che La minaccia e vuole rapire il suo bambino, il figlio maschio che Lei partorisce».
Non dimentichiamo mai questa lotta tra il bene e il male. Se Maria è Assunta in Cielo, partecipa della Gloria di Dio, è perché anche Lei ha combattuto la battaglia contro il drago, il male, il peccato in tutte le sue forme e le sue strutture. Questa battaglia continua, e devo dire che proprio sul fronte dell’ambiente dobbiamo purtroppo registrare ancora una volta il perdurare di un disegno “diabolico” che vuole fare del nostro territorio – tra Napoli e Caserta, in particolare Acerra – il “Polo dei rifiuti della Campania”. Il disegno è ormai chiaro: ancora una volta in queste settimane ci troviamo a fare i conti con l’autorizzazione di un nuovo impianto di produzione di biomasse nell’area ASI di Acerra. Esso dovrebbe sorgere in un’area già piena di impianti per lo smaltimento dei rifiuti. E, come se non bastasse, c’è un altro gemello, un impianto di compostaggio, che dovrebbe sorgere in Contrada “Omo Morto”, Comune di Caivano, ma a due passi da Acerra. E tutto questo senza informare la popolazione, senza consultare i cittadini interessati. Realizzare questi impianti significherebbe affossare per sempre il nostro territorio. Recentemente i Carabinieri hanno sequestrato tra Afragola e Acerra migliaia di tonnellate di compost sospetto versato nei campi coltivati!
E’ vero, ci danno pure le motivazioni: questi impianti servirebbero perché lo smaltimento è il vero antidoto, è il vero mezzo per combattere gli scarichi abusivi. A noi non interessano, a noi interessa che questo territorio, la nostra terra sia blindata! Il nostro territorio è saturo: ha già pagato da troppi anni. Mi chiedo spesso: ma perché sempre e solo qui ad Acerra e nel territorio circostante? La Campania è una regione così grande, perché tale accanimento, infierire su questo territorio? Allora non c’è dubbio: significa che c’è un disegno perverso di fare di esso il “Polo dei rifiuti” della Campania. Io non so trovare altra spiegazione! Perché sempre e solo qui? E così Acerra, insieme al territorio circostante, diventa la vittima di questo disegno diabolico, che le Istituzioni, regionale e locale, non vogliono o non possono contrastare.
Assistiamo poi in questi ultimi tempi anche alla tendenza particolare a ridimensionare il dramma ambientale, quasi negarlo. … «Mai più Terra dei Fuochi, la Terra dei Fuochi non esiste. Non bisogna parlare di Terra dei Fuochi, non lo ricordiamo, non bisogna ricordare quello che è successo» …
Dovremmo cioè dimenticare la devastazione che è avvenuta, dimenticare l’impianto dell’inceneritore che è stato messo qui contro la volontà popolare, che non è a norma, come ormai viene riconosciuto anche da esperti, perfino sui giornali di recente, favorevoli a tale impianto, ma che riconoscono quello di Acerra non norma!
Certo, a nessuno, neanche a me, piace ricordare quanto è accaduto, e sta accadendo nel nostro territorio. Anche io vorrei poter dire: «Ma non parliamo più di Terra dei Fuochi. Ci fa male. Danneggia l’immagine della città, del territorio». Diremmo con una parola di una canzone napoletana: «Scurdammece ‘o passato», e andiamo avanti. Ma non si fa così. Non è giusto, non è onesto. Il male non lo si deve negare, lo si deve lucidamente e razionalmente riconoscere, e lo si deve combattere. E non invece: «Facciamo finta che tutto va bene».
E che dire poi dell’aria che continua ad essere irrespirabile? Soprattutto d’estate, con i roghi che ancora continuano, e la puzza nauseabonda che molte volte, soprattutto la sera, dobbiamo respirare. Altro che mascherine per non prendere il contagio, qui ad Acerra la mascherina a noi serve contro la puzza e contro quello che dobbiamo respirare, e niente viene fatto per controllare la qualità dell’aria, le centraline sforano continuamente e intanto ci si continua ad ammalare e a morire!
Siamo disposti a dialogare con le Istituzioni, sia regionale che locale, ma ad una condizione: che si riconosca il problema e non si faccia finta di niente, per dimenticare; che i cittadini vengano ascoltati! Sembra che da un po’ di tempo le Istituzioni e la politica non abbiano più il coraggio di confrontarsi con la gente, dialogare, informare i cittadini, i quali devono conoscere i fatti e partecipare.
Ma una parola va detta anche a noi, a voi cittadini delle nostre terre: dobbiamo ritrovare il gusto della partecipazione, di essere informati, di partecipare, di essere un popolo sovrano, non suddito, schiavo, pauroso di ricevere ritorsioni, o peggio ancora per avere vantaggi personali. Tutti ci lamentiamo sottovoce, chiacchieriamo, ma non abbiamo il coraggio di partecipare e chiedere maggiore partecipazione.
Eppure, libertà significa partecipazione. Il Signore ci ha creati liberi, Cristo ci ha liberati con la sua morte e risurrezione. L’Assunta che stiamo celebrando è la Pasqua dell’estate, a ricordarci la liberazione anzitutto dalla morte e dal peccato, da tutte le strutture di peccato e di male che ci sono. La partecipazione, l’informazione!
Lo esigono le regole della democrazia. Se viviamo in una democrazia, essa esige la partecipazione. Lo esige il magistero della Chiesa, i Papi soprattutto, che nei documenti non si stancano di parlare di dignità della persona umana, di bene comune, di partecipazione. L’ultimo, proprio la Laudato si’, il documento del Papa sulla casa comune.
Esige tutto questo il sangue innocente dei ragazzi e dei giovani morti per cancro in questi anni, quel sangue che grida vendetta al cospetto di Dio. Ritorneremo su questi temi, soprattutto sull’educazione alla salvaguardia del creato, lungo tutto quest’anno che Papa Francesco ha voluto dedicare proprio alla Laudato si’, a quel suo documento sulla cura e la custodia della casa comune, la nostra Madre Terra, il Creato.
E lo faremo anche in preparazione alla sua visita, che ha promesso, si è impegnato solennemente, lo ha detto pubblicamente nel Regina Coeli del 24 maggio scorso: «Andrò ad Acerra, sicuro». E noi ci prepareremo alla sua visita. Anzi, non solo noi come vescovo e diocesi di Acerra, ma addirittura i vescovi e le dieci diocesi comprese nel territorio tra Napoli e Caserta, interessate al dramma dell’inquinamento ambientale. Faremo insieme questo cammino di preparazione alla visita del Papa, per vivere quest’anno dedicato alla Laudato si’.
Vorrei, in conclusione, ricordare due cose.
Faccio mio l’appello di alcuni medici di base di Acerra: hanno chiesto che nell’Asl di Acerra ci sia accanto alle altre figure anche la figura dell’oncologo, servirebbe per fare visite domiciliari ai malati di tumore, raccordarsi con i medici di base e orientare gli stessi pazienti malati di tumore, che spesso non sanno dove rivolgersi. Faccio mia la richiesta: mi sono già fatto portavoce presso l’Asl locale, mi hanno promesso che al più presto ci sarà anche il medico oncologo, per essere vicini alle famiglie che hanno malati di tumore.
E infine, un ultimo ricordo: scusate per il caldo, ma esso non ci deve distrarre da questi temi gravi.
Vorrei richiamare la vostra attenzione su un fenomeno che mi preoccupa, e speriamo finisca qui. Nel giro di due, tre settimane ultime scorse, ci sono stati tre suicidi, tre persone che si sono tolte la vita. Due qui ad Acerra, e uno a San felice a Cancello. Non sappiamo certo le motivazioni, ma non è difficile capire che dietro questi gesti disperati ci siano i motivi di povertà, di disoccupazione, di mancanza di lavoro, soprattutto in questo tempo di pandemia che sta procurando nuove povertà e la gente non ce la fa ad andare avanti. Mentre sono vicino a queste famiglie – ho fatto passare qualche giorno –, prenderò contatto con loro, la diocesi cercherà di essere loro vicina, come anche voglio dire, quando ci sono situazioni gravi, segnalatele. Certo, non abbiamo la bacchetta magica per risolvere i problemi, però almeno la vicinanza o un piccolo aiuto, forse una goccia, ma è importante per sollevare chi piange e chi non ce la fa ad arrivare, non dico a fine mese, ma nemmeno alla metà. Mentre siamo vicini alle famiglie, che hanno avuto queste perdite in maniera così drammatica, chiediamo al Signore per intercessione di Maria Assunta che possa asciugare le loro lacrime e possa non far perdere, a noi e loro, il bene grande, inestimabile della speranza. Senza speranza non si può vivere, senza speranza si muore, anche se si continua mangiare e a bere, ad andare avanti. Ma la speranza è necessaria come il pane e come l’acqua.
Buona festa dell’Assunta a tutti voi.
Cattedrale di Acerra, 14 agosto 2020
Monsignor Antonio Di Donna
Vescovo di Acerra