Per quarant’anni l’umile frate minore cappuccino della provincia monastica di Napoli, fra Antonio Di Mauro, ha percorso le strade di Arienzo e dell’intera Valle di Suessola andando «pellegrino della carità, di porta in porta» per svolgere l’ufficio della questua affinché gli uomini del suo tempo sperimentassero la Misericordia di Dio.Di lui si è parlato il 21 ottobre presso il Convento dei frati minori cappuccini di Arienzo in occasione della presentazione del libro “Fra Antonio Di Mauro. L’angelo della carità”. Sono intervenuti Antonio Di Donna, vescovo della diocesi di Acerra nel cui territorio si trova Arienzo; padre Leonardo Franzese, Ministro provinciale dell’Ordine dei frati minori cappuccini e l’autore, il frate cappuccino Massimiliano Noviello.La presentazione di un libro comporta quasi sempre il rischio sottile che venga considerato un evento a se stante, riservato a pochi, per celebrare semplicemente un personaggio del passato o in questo caso per dare lustro a un ordine religioso. Non così per Fra Antonio Di Mauro, perché leggendo la sua vita l’osservatore attento immediatamente pensa a quello che ancora oggi questo uomo di Dio dice ad Arienzo e alla Chiesa di Acerra. E così, scoprendo che Fra Antonio «ha la capacità di trasformare la questua in pastorale familiare» e che «il culmine di questo metodo pastorale è la celebrazione dei sacramenti della confessione e dell’Eucarestia» – così annota Noviello a pagina 23 del libro – il lettore impegnato pensa a quella «visita alle famiglie» che il vescovo Antonio Di Donna pone al centro della vita delle parrocchie della diocesi di Acerra come occasione preziosa di conversione missionaria e quotidiana delle comunità critsiane. Non a caso il presule – autore della presentazione contenuta nel testo – ha dedicato buona parte del suo intervento alla questua come forma di «apostolato familiare».Ma un altro aspetto della personalità di Fra Antonio riguarda «la sapienza del povero» che lo stesso vescovo di Acerra attribuisce all’umile frate, cioè «la capacità dell’intelligenza che la rende omogenea alle cose, in modo che essa le colga immediatamente». Per Di Donna, la semplicità di Fra Antonio, quasi illitterato, «non va identificata, come avviene nell’accezione corrente, con la mancanza di raziocinio» ma con la capacità mostrarsi «sensibile verso le donne che non possono avere figli, le vedove e gli orfani, offrendo il frutto della questua anche ai poveri». Anche il segretario della Cei, Nunzio Galantino – aprendo nella Cattedrale di Acerra lo scorso 8 settembre i lavori del 36esimo Convegno ecclesiale – aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di «coltivare la formazione» per stabilire «priorità» a partire dal Vangelo e rispondere alle domande del nostro tempo attraverso la «dimensione culturale della fede». «Non si è più santi se si rimane più ignoranti», aveva ammonito il presule.La santa semplicità e l’amore concreto per i fratelli Fra Antonio li riceveva dal suo portarsi «di notte o al mattino presto – alle 3,00 – in coro per la preghiera silenziosa», dove «con lo sguardo attento del bambino scrutava i misteri di Dio», scrive nella prefazione padre Leonardo Franzese, secondo il quale Fra Antonio ha permesso a Dio di scrivere e realizzare il suo progetto d’amore abbassandosi con umiltà e diventando una «carta bianca» davanti al Signore, fuggendo ogni tentazione di «carrierismo» o autocompiacimento che pure assalgono gli uomini, ahimè spesso «anche di Chiesa». Anche padre Massimiliano Noviello ha insistito sul valore immenso della preghiera, con la quale Fra Antonio ha permesso a Dio di purificarlo e liberarlo.Fra Antonio è stato per tutti anche un testimone della preghiera di intercessione: «Alla fine della giornata, ritornava in convento con due bisacce, l’una ripiena della carità del popolo devoto e l’altra ripiena di richieste di preghiere, di lacrime, di sofferenze fisiche e morali. Era fedele sempre alla consegna dell’una e dell’altra, consegnando la prima al padre guardiano e la seconda a Gesù sacramentato», così annota Fra Sisto Ambrosino, suo confratello. Davanti a tanti Frati minori cappuccini arrivati ad Arienzo per omaggiare il conosciutissimo e molto amato frate, toccante è stata la testimonianza della sorella di Fra Antonio, suor Anna Teresa, venuta con alcuni nipoti. Simbolicamente è stata esposta sul tavolo dei relatori la cassetta con cui Fra Antonio svolgeva l’Ufficio della questua, accompagnato da San Francesco e Sant’Antonio da Padova ritratti sui due lati della stessa. Allegati al testo sono stati stampati alcuni “pensierini” che Fra Antonio scriveva – se ne contano più di 300 – su pezzi di carta ovunque si trovava. E chissà cosa avrà annotato l’ilare frate dopo essersi rovesciato insieme al mitico “Ape Car” con cui andava in giro. Il libro è edito dalla Velar.