Vescovo, sacerdoti, religiosi, diaconi e fedeli intorno all’altare della Cattedrale, «popolo in festa» a ringraziare il Signore «per i doni ricevuti», a invocare lo «Spirito» e chiedere «luce» per il nuovo anno. La «Chiesa di Dio» di Acerra ha celebrato la sera del 9 ottobre la Messa che «simbolicamente» segna l’inizio del nuovo anno pastorale nel «cammino ininterrotto della fede». Lo ha precisato il vescovo Antonio Di Donna per il quale «la Chiesa cammina di domenica in domenica» in un «vero catecumenato del popolo» a cui dovrebbe tendere tutta la vita pastorale, perché «la qualità della fede è data dall’eucarestia della domenica», obiettivo su cui riflettere leggendo le «linee operative» consegnate al termine della celebrazione e tratte dagli orientamenti pastorali pluriennali “Riscaldare il cuore” consegnati nel 2014 per aiutare e accompagnare il passaggio da una «religiosità naturale» ad una «fede matura», come i «lebbrosi» del Vangelo, i quali «già credono e hanno fiducia in Gesù», ma dei dieci guariti «uno solo», per di più «straniero», torna per ringraziare il Signore e così compiere il «salto» da una fede «per sentito dire», di abitudine e conoscenza superficiale, ad una «adesione consapevole» a Gesù e il Vangelo. Eppure «rendere grazie, fare eucarestia è segno di una fede matura», ha detto il vescovo per poi ammonire: «Guai a perdere il senso della domenica», esortare: «Rendiamo la celebrazione seria, semplice e bella», e sognare «la Chiesa di Acerra in cammino, domenica dopo domenica». Ma se «la salvezza è più della salute» ed è «riconoscere e aprire il cuore a Gesù», oggi «è difficile ringraziare chi ci fa del bene» e «ancor di più Dio per i suoi doni» perché «dire grazie è riconoscere di dipendere» mentre «la società della tecnica e dei diritti» – così lontana da quella «contadina dei nostri padri, abituati a ringraziare continuamente Dio per i frutti della terra» – ci spinge ad «accampare» pretese e a credere di essere «autosufficienti», ha detto il vescovo di Acerra mettendo in guardia chi si illude di «bastare a se stesso» perché «tutti abbiamo bisogno di qualcun altro», ancor più per la «fede» la cui «natura è fondata sul dono» e la capacità di «ringraziare»: i «sacramenti» e l’impossibilità di darseli da soli stanno lì a dimostrarlo concretamente, per cui «nessuno si autoassolve».«Accampare diritti è antivangelo» ha concluso Di Donna esortando: «Una diocesi, un vescovo, una parrocchia, un parroco, un cristiano non basta a se stesso. E’ finito il tempo della parrocchia autosufficiente» per dare lo spazio dovuto all’«unica Chiesa locale intorno al vescovo», che è «Chiesa madre» dalla quale «abbiamo la fede e lo spirito», perché «staccati da essa siamo tizzoni fumanti destinati a spegnersi. Nessuno è navigatore solitario, non costruisce niente e non va da nessuna parte».Subito dopo l’omelia il vescovo ha consegnato le linee operative per il biennio 2016/2018 e le conclusioni del Convegno diocesano 2016 a ogni sacerdote, ad una religiosa, un diacono e un laico, per chiarire che «nessuno si autoelegge» e che nel «mandato del Signore attraverso il vescovo» trova pieno e autentico significato il servizio alla Chiesa di ogni battezzato, con la supplica particolare di dare «amore ai giovani» e «togliere i ragazzi dalla strada», e l’invito a «non scoraggiarsi» perché «anche quest’anno il Signore risponderà alle nostre fragilità con la sua infinita misericordia» e magari il «dieci per cento» di coloro che rispondono alle sollecitazioni della Chiesa – come i lebbrosi con Gesù – si trasformerà in «trenta».