Prima della Messa, dopo la tradizionale benedizione delle candele – segno di «Cristo, luce dei popoli», ha detto il vescovo – dal chiostro del Seminario vescovile è partita la processione che ha dato inizio al Giubileo diocesano della vita consacrata.
A 40 giorni dal Natale, ha detto Di Donna durante l’omelia, continuiamo ad approfondire il mistero dell’Incarnazione di Gesù, mediante il quale Dio si è fatto «uno di noi». Il Signore, infatti, «non ha scelto una corsia preferenziale», bensì come uno qualunque si è «sottomesso alla legge del popolo».
Ma il 2 febbraio è anche la festa dell’«incontro tra Dio e l’uomo», del «popolo che va incontro al suo Signore», perché la fede, ha quasi ammonito il presule, è incontro dell’uomo con la persona di Gesù Cristo, Dio vivo e vero, e «tutte le nostre azioni, fatiche e attività pastorali» hanno senso se «preparano e portano a questo incontro».
Di Donna ha poi elencato i motivi della Giornata per la vita consacrata, istituita da Giovanni Paolo II nel 1997: «Ringraziare Dio» per «tanti fratelli e sorelle che si donano a Lui senza riserve»; «promuovere la stima dei fedeli» verso la vita consacrata; invitare i religiosi a «celebrare le meraviglie» che il Signore ha operato in loro.
Quest’anno poi la giornata ha assunto una particolare solennità, coincidendo con il Giubileo della misericordia, a pochi mesi dall’inizio dell’Anno santo voluto da Papa Francesco, e con la chiusura dell’Anno della vita consacrata indetto dallo stesso Papa.
Anche per questo, il vescovo ha sottolineato l’importanza di riunirsi tutti – sacerdoti, religiosi, fedeli laici – intorno al vescovo per ringraziare Dio, il quale «suscita nel popolo uomini e donne che consacrano la propria esistenza totalmente al Signore», perché «la vita consacrata è un dono per tutta la Chiesa», ha chiarito il presule.
Rivolgendosi poi alle 10 comunità presenti nella nostra diocesi (tre maschili e 7 femminili), il vescovo di Acerra ha esortato i religiosi a lodare il Signore nonostante la crisi di vocazioni. Voi siete preziosi, non per il numero, ha detto il presule, ma per quello che «siete e testimoniate nel territorio» della nostra Chiesa particolare, e cioè che «Dio viene prima di tutto» e che «solo Lui è necessario»; in secondo luogo, a proposito della «stima di tutto il popolo di Dio verso la vita consacrata», il vescovo ha posto una domanda provocatoria: «Quale stima abbiamo verso di loro? Ce ne serviamo o ce ne curiamo con premura?», ha chiesto Di Donna all’intera assemblea; infine, ha invitato i religiosi a «celebrare le meraviglie che il Signore opera in loro» contro la tentazione della «stanchezza» e delle «lamentele». «Siate gioiosi al di la dei problemi», ha esortato il presule, testimoni di una vita «radicata solo in Cristo».
Di Donna ha concluso l’omelia invitando i religiosi a non smettere di essere «profezia» tra gli uomini del nostro tempo, a partire da «povertà, castità e obbedienza».
La vostra povertà, ha detto, è segno di contraddizione per un mondo sempre più chiuso nell’«effimero» e piegato sul «superficiale», e il solo vostro esserci, prima ancora del vostro fare, possa trasformarsi in «riserva di futuro» per un tempo che rischia di perdere la speranza. E invece, i religiosi ci dicono che «c’è qualcosa che vale di più del denaro».
E poi, la castità, per dire al mondo di oggi che l’amore umano può trovare forza e autenticità solo se fondato su quello «più grande di Dio».
E infine, l’obbedienza, perché «c’è qualcosa di più della propria volontà e dei propri capricci».
Ma Di Donna ha chiesto ai religiosi anche la profezia della «fraternità», consapevoli che «noi non ci scegliamo i nostri fratelli e sorelle», e che «nessuno nella Chiesa si sceglie». Per poi finire con alcune domande provocatorie sulla crisi delle vocazioni alla vita consacrata, e un invito: «Siate come i vecchi Simeone e Anna, non ripiegati su se stessi», ma sempre «in attesa del futuro», non «lamentosi» ma pronti a destarsi di fronte alle promesse e meraviglie di Dio.