La liturgia oggi ci porta sul Calvario, lì troviamo tre uomini appesi alla croce, il popolo che sta a vedere come si vede uno spettacolo; i capi e i soldati che deridono Gesù, un malfattore che lo insulta, l’altro che lo difende e si affida a lui. E noi? Ci mettiamo con Gesù ad ascoltare tutti nel giorno di questa solennità che chiude l’anno liturgico: Cristo Re dell’Universo. Da ciò che dicono possiamo renderci conto di quale idea di Dio hanno e cercare di evitare anche noi certe idee che possono affollare la nostra mente e deviare la nostra fede.
I capi riconoscono che ha salvato altri, ma per credere che lui è il Cristo, vogliono che salvi la sua vita: «scendi dalla croce» (Mt 27,40). Vogliono un dio che pensi a sé stesso – il diavolo nel deserto, quando Gesù ebbe fame, gli aveva detto: «di’ a questa pietra che diventi pane» (Lc 4,3). Ma Gesù «non aprì la sua bocca» (Is 53,4), non risponde; lui ci ha mostrato un Dio che salva i peccatori (cf Lc 5,32), che dà la vita in abbondanza (cf Gv 10,10), che è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cf Mc 10,45); il Padre, infatti, ha inviato il Figlio per la salvezza del mondo, non per se stesso (cf Gv 3,17).
I soldati lo deridono perché la loro idea di re è totalmente diversa, è inconcepibile per loro un re appeso ad una croce. Il loro re lo hanno visto sempre e solo comandare e condannare, non ci può essere una regalità diversa: un re nudo e solo, senza soldati e schiavi non esiste. Eppure quella scritta posta sul suo capo dice la verità: Gesù è il re!
Il primo ladrone non capisce perché una persona che ha il potere di salvarsi e di salvare, si fa uccidere senza opporre resistenza: «Salva te stesso e noi», “puoi, perché non lo fai?”. Nella sua atroce sofferenza, quest’uomo sta chiedendo, a suo modo, aiuto. Quante volte la vita ci mette davanti a situazioni simili, dove non vediamo vie d’uscita e non comprendiamo perché Dio non intervenga. Quante preghiere per i nostri ammalati restano inascoltate!
L’altro ladrone, invece, non accetta la posizione del suo compagno e lo rimprovera, riconosce che la loro condanna è conseguenza delle loro scelte e non chiede a Gesù di farli scendere dalla croce – “questo è il loro posto!” – ma: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Riconosce che quest’uomo appeso accanto a lui è Dio: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena?». E lo prega di ricordarsi di lui, crede che su quella croce non ha l’ultima parola la morte; vede in questo innocente la forza della vita: “tu che dopo questo momento continuerai a vivere, ricordati di me. Non ho alcun merito, la mia vita è un fallimento, ma ho capito che con te, anche se non so come, tutto può essere recuperato, tutto può risorgere”. E Gesù: «oggi con me sarai nel paradiso».
Lui che si è ricordato di noi e si è abbassato fino a condividere ogni nostra sofferenza e la morte, ci fa condividere con lui la gioia del Paradiso, ci dona la sua stessa vita. «Dio, – dice il Papa – appena gliene diamo la possibilità, si ricorda di noi. egli è pronto a cancellare completamente e per sempre il peccato, perché la sua memoria non registra il male fatto e non tiene conto dei torti subiti, come la nostra. Non c’è persona, per quanto abbia vissuto male, a cui resta solo la disperazione e sia proibita la grazia!».
Oggi Gesù sta accanto a ciascuno di noi, oggi condivide tutto ciò che stiamo vivendo, si abbassa e si fa presente accanto a noi, condivide la nostra stessa pena, e la sua presenza dà speranza come l’ha data a questo ladrone ormai senza più speranza. Per ogni cosa affidiamoci a lui, diciamo anche noi: «ricordati di me», chiediamo anche di essere liberati dalla sofferenza che stiamo vivendo, ma crediamo che con Dio, in ogni caso, l’ultima parola è sempre quella della vita e con Lui vinciamo anche l’angoscia della morte.
Ricorre oggi la 37a Giornata Mondiale della Gioventù dal tema: «Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39). Il Papa pone come modello ai giovani la Vergine Maria: «Maria è esempio di giovane che non perde tempo a cercare l’attenzione o il consenso degli altri – come accade quando dipendiamo dai “mi piace” sui social media –, ma si muove per cercare la connessione più genuina, quella che viene dall’incontro, dalla condivisione, dall’amore e dal servizio… C’è bisogno dell’alleanza tra giovani e anziani, per non dimenticare le lezioni della storia, per superare le polarizzazioni e gli estremismi di questo tempo».
Preghiamo oggi per tutti i giovani: gli adulti imparino a stare accanto a loro, ad ascoltarli, a non puntare il dito quando non comprendono i loro comportamenti; i giovani apprezzino l’esperienza degli anziani; ognuno sia sostegno dell’altro. Lasciamo quel giovanilismo che confonde i giovani: c’è chi è giovane oggi, chi lo è stato “ieri” o “l’altro ieri”, ognuno viva con serenità ogni epoca della sua vita, solo così si può avere quell’alleanza auspicata dal Papa e contribuire insieme ad una società più umana, dove tutti, giovani e anziani, trovano il loro posto.
don Alfonso Lettieri