A chi contempla la bellezza del tempio Gesù ricorda che le cose di questo mondo sono destinate a finire: «di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». E non lo dice per farci paura, ma per aiutarci a considerare nel giusto modo ogni cosa ed evitare di legare la nostra vita a ciò che per sua natura è destinato a finire. C’è un tempio maestoso, bellissimo, ma è fatto di pietre, di materiali che si consumano, bisogna prenderne atto e non farne un problema: «passa infatti la figura di questo mondo!» (1Cor 7,29). Accettare la caducità delle cose aiuta a viverle meglio.
Il linguaggio di questo testo di Luca è apocalittico, usa immagini forti per rivelare delle verità, per parlare della fine di questo mondo. Ciò che è descritto nel Vangelo sembra la cronaca di questi giorni: terremoti, guerre, carestie, persecuzioni, proteste… E sembra che nel mondo ci sia solo questo. Forse anche la nostra attenzione in questo passo del Vangelo è stata catturata solo da questi tragici eventi, eppure nel testo c’è una buona notizia: in tutti questi eventi non siamo soli, il Signore ci darà «parola e sapienza» per affrontare ogni avversità. Passerà ogni cosa, non resterà pietra su pietra, ma «nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» perché siamo preziosi per Dio, infatti siamo stati «comprati a caro prezzo» – dice san Paolo (1Cor 6,20). Questa parola, dunque, non vuole mettere paura, ma infondere gioia e sicurezza: Dio si prende cura di noi, nelle sue mani è la nostra vita (cf Sal 16,5). L’invito, allora, è a rimanere in queste mani, per poter fare cose che restano e non passano, per fare il bene e non ingiustizie che saranno bruciate come paglia, per essere illuminati con raggi benefici dal sole di giustizia quando il Signore verrà a giudicare il mondo. Diffondiamo la Buona Notizia a partire dalle buone notizie. Sembra che ci sia oggi un certo gusto per i guai da raccontare: tra tutto ciò che accade oggi, partiamo dal bene e dal bello per non lasciarci schiacciare dal male, per tenere alta la speranza in Gesù che da ricco che era “si è fatto povero per noi”.
Oggi celebriamo la VI Giornata Mondiale dei Poveri, una «sana provocazione – dice il Papa – per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente». Il Papa richiama la sensibilità che i Corinti ebbero per la chiesa di Gerusalemme che si trovava in gravi difficoltà a causa della carestia: «ogni primo giorno della settimana raccolsero quanto erano riusciti a risparmiare e tutti furono molto generosi… anche noi ogni domenica, durante la celebrazione della santa Eucaristia, compiamo il medesimo gesto, mettendo in comune le nostre offerte perché la comunità possa provvedere alle esigenze dei più poveri». Siamo chiamati a condividere «il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra». E «la generosità nei confronti dei poveri trova la sua motivazione più forte nella scelta del Figlio di Dio che ha voluto farsi povero Lui stesso». Davanti ai poveri non servono parole, ma azioni concrete, ognuno è chiamato ad agire in prima persona senza delegare nessuno. Siamo invitati a riflettere sul valore che il denaro ha per noi, perché l’attaccamento al denaro impedisce «di vedere le esigenze degli altri». Evitando l’attivismo e l’assistenzialismo, al povero ci si avvicina come ad un fratello.
Il Papa desidera che questa Giornata «diventi un’opportunità di grazia, per fare un esame di coscienza personale e comunitario e domandarci se la povertà di Gesù Cristo è la nostra fedele compagna di vita». Domandiamoci non cosa sto facendo per i poveri (in generale), ma “cosa sto facendo di concreto per quel povero che conosco, che incontro ogni giorno, che cammina per le strade del mio quartiere, che bussa alla mia porta”.
Maria ci renda attenti ai poveri e generosi ne prenderci cura di loro.
don Alfonso Lettieri