Domenica scorsa un pubblicano è salito al tempio (cf Lc 18,10), oggi un capo dei pubblicani viene invitato a scendere da un sicomoro e accogliere Gesù a casa sua. Il Signore continua a sorprendere i suoi ascoltatori i quali pensano ad un Dio lontano, che può stare solo con loro che pensano di essere giusti e si scandalizzano: «È entrato in casa di un peccatore!». Gesù lo sa, non è necessario che glielo ricordino, era già stato in casa di un altro pubblicano e aveva detto a coloro che mormoravano: «io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano» (Lc 5,32).
Zaccheo desidera vedere il Signore e sale su un albero, ma arrivato sotto l’albero, tra la folla, è Gesù che alza lo sguardo e vede lui: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». In questa scena è ribaltata l’antica idea di un Dio in alto, lontano, irraggiungibile, che ci guarda dall’alto verso il basso. Dio si è fatto uomo (cf Gv 1,14), percorre le nostre strade, si è abbassato al nostro livello per incontrare ciascuno di noi lì dove vive. Zaccheo semplicemente “vuole” vederlo, Gesù “deve” fermarsi a casa sua: per il Signore è una necessità entrare nella nostra casa, nella nostra vita per portare la sua grazia, per portare la sua salvezza: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza… Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Queste parole ci riempiono di speranza, ci invitano a guardare la nostra vita, quella degli altri, il mondo, i conflitti, le tragedie sotto la luce della risurrezione. Gesù è «venuto a cercare e a salvare chi era perduto». Lì dove noi pensiamo non ci siano via di scampo, non ci sia più nulla da fare, Gesù può fare tutto (cf Lc 1,37), può portare una soluzione, la salvezza, la vita. Perciò Giovanni Paolo II gridava a tutti: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! … aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!» (Omelia 22 ottobre 1978). E Papa Francesco con forza ribadisce: «Di fronte alla nostra fragilità, il Signore non si tira indietro. Non rimane nella sua eternità beata e nella sua luce infinita, ma si fa vicino, si fa carne, si cala nelle tenebre, abita terre a Lui estranee… Se il tuo cuore ti sembra troppo inquinato dal male, ti sembra disordinato, per favore, non chiuderti, non avere paura: Lui viene» (Omelia 2 gennaio 2022). Lì dove lasciamo entrare Cristo arriva la vita, la salvezza.
Dio è amante della vita, ha compassione di tutti, può tutto, conosce i nostri peccati ed è paziente, aspetta il nostro pentimento, ci perdona perché ci ama; ama tutte le cose che esistono, è misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore; è fedele in «tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere. Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto».
Alla luce di questa parola, mi chiedo: fin dove ho fatto entrare Gesù nella mia vita? Confido nella misericordia di Dio o mi scoraggio per i miei peccati? Ho uno sguardo di misericordia verso gli altri o li condanno? Mostro con la mia vita il volto misericordioso del Padre? Vivo con la speranza nel cuore o penso che nulla e nessuno possa cambiare?
Zaccheo ha fatto entrare Gesù nella sua casa e la sua vita cambia: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Come cambia la mia vita ogni volta che incontro il Signore?
«Tu ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato». Che sguardo ho sulle cose create: le sfrutto o sono attento a custodirle, ad usarle bene?
Maria, che ha accolto Gesù nel suo grembo, ci aiuti a “scendere subito” e ad accogliere il suo Figlio nella nostra casa.
don Alfonso Lettieri