«Questa sera celebriamo un genio della santità». Lo ha detto il vescovo Antonio Di Donna all’inizio della Messa in occasione della festa di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, patrono della diocesi di Acerra. Nei primi vespri di venerdì 31 luglio, il vescovo ha convocato l’intera Chiesa locale ad Arienzo, comune della diocesi in provincia di Caserta, dove Sant’Alfonso stabilì la sua dimora per un certo tempo durante il ministero di vescovo della diocesi di Sant’Agata de’ Goti. Non a caso la Chiesa di Sant’Andrea, dove Di Donna ha celebrato insieme ai sacerdoti della diocesi, è collegata all’episcopio dove il santo viveva. «E’ mia intenzione – ha ribadito il presule – valorizzare fortemente questo luogo, perché esso diventi caro a tutti noi come lo era a Sant’Alfonso, e svolga una funzione di promozione religiosa, artistica e culturale, anche per le altre diocesi della Campania», ma soprattutto rappresenti un fattore di «unità» delle due anime della diocesi – quella di Acerra e Casalnuovo, in provincia di Napoli, e l’altra, dei comuni di Valle di Suessola – di cui il santo patrono è «segno».
E, nonostante le difficoltà, «la celebrazione di questa sera è un piccolo passo nella direzione giusta». E’ «intenzione tenace» del vescovo, infatti, solennizzare sempre più «questa festa», anche se, ha aggiunto scherzosamente, sant’Alfonso ha l’«unico difetto» di essere morto in un periodo dell’anno in cui è difficile raccogliere le persone per il caldo e le vacanze estive!
E’ «un rischio» e «una scommessa» che vale la pena correre, però, anche scegliendo di non celebrare in Cattedrale ma in un luogo simbolo della presenza in diocesi di sant’Alfonso.
La preghiera al santo patrono, scritta per l’occasione da Di Donna, e recitata con i sacerdoti al termine della Messa presso l’altare della Cappella dell’episcopio restaurata – i lavori saranno completati entro ottobre – ha dato un particolare significato a questo «sogno» del vescovo.
Parlando del santo dottore della Chiesa, Di Donna ha affermato che si tratta di «un gigante della santità, dalla poliedrica personalità umana e cristiana». «Lo Spirito del Signore è così grande da donare «in tutti i tempi e a tutte le generazioni modelli nuovi di vita cristiana, per condurre il cammino della Chiesa nella storia, in ogni epoca e luogo». Perciò, «nessun santo è uguale a un altro», perché «lo Spirito è multiforme e vario», mentre l’«unica, inesauribile fonte è Gesù Cristo», ha aggiunto il presule, che ha ricordato le due conversioni di Alfonso: da illustre avvocato del foro di Napoli a sacerdote; e poi l’abbandono, con «grande sacrificio», della grande città, dove pure «suscitava nuovi germi di santità», per portare, come Gesù, «il lieto annuncio ai “cafoni”», cioè i poveri e abbandonati, gli sbandati e gli illetterati delle zone interne della Campania.
Questo, ha detto Di Donna, è il «primo» e più importante messaggio del santo per la nostra epoca. Egli, che «ha attraversato con la sua lunga vita tutto il secolo XVIII», è «un modello vivo della conversione missionaria della pastorale ordinaria». A tal proposito, il vescovo ha ricordato gli Orientamenti pastorali donati alla diocesi di Acerra un anno fa, in cui il presule chiede una Chiesa capace di «riscaldare i cuori» attraverso «la trasformazione della pastorale di ogni giorno nelle parrocchie in chiave missionaria», cioè calare «la missione dentro la pastorale ordinaria».
Il cammino non è facile, ne è consapevole il presule, che ha ribadito l’intenzione di recarsi in tutta la diocesi, andando a «predicare», come sant’Alfonso, nelle «foranie» e nelle parrocchie.
Di Donna non si illude sulle difficoltà ma è forte della certezza che questo rinnovamento «non viene chiesto da me, vescovo Antonio, ma dallo Spirito, dal magistero» – il Papa, il Concilio Vaticano II e i vescovi italiani, da tempo invitano le parrocchie ad uscire – e da una «lettura» sapienziale dei «segni dei tempi».
Lo stesso sant’Alfonso fonda la Congregazione dei «Figli Redentoristi» con l’unico scopo di «essere missionari nelle borgate sperdute della Campania» anticipando di qualche secolo le periferie geografiche, spirituali e culturali, di Papa Francesco.
E’ questa la «scelta decisiva» da compiere sull’esempio di sant’Alfonso, ha esortato ancora una volta il vescovo, che poi ha chiesto al Signore «tre grazie» per intercessione del santo patrono.
Innanzitutto, la «conversione missionaria delle parrocchie, senza l’illusione che si possa cambiare da un giorno all’altro», ma con la forza e la convinzione che si tratta di un «appello dello Spirito. Ogni parrocchia ha le sue periferie, ha detto Di Donna, i crocicchi dove si radunano gli uomini, i luoghi dove l’uomo, abita, vive, gioisce e soffre».
Poi, con riferimento ai preti, «la dignità del nostro sacerdozio», che «va recuperata sull’esempio di sant’Alfonso», il quale invocava la «riforma del clero» con l’esempio e la testimonianza, perché i pastori siano vicini alla gente e si spendano per il popolo. Siate «ministri della liturgia, al servizio dell’eucarestia», ha esortato il presule rivolgendosi ai sacerdoti, ai quali ha chiesto ancora una volta, confortato dai vescovi italiani, «liturgie serie, semplici e belle», e una «predicazione preparata e intelligente che scaldi i cuori come quella di sant’Alfonso».
Infine, Di Donna ha invocato chiesto la grazia di «preparare al meglio il Giubileo della Misericordia, che inizierà l’8 dicembre, per educare e spingere la Chiesa ad entrare di più nelle viscere e nel cuore di misericordia del Signore». Lo stesso sant’Alfonso è stato «un genio e un maestro di misericordia». «Rigorismo e lassismo lasciano entrambi il peccatore solo», ha esortato il presule, per il quale solo l’amore di quel Gesù Cristo «mariungiell e acchiappa cuori», secondo la bella espressione del santo patrono, «vince» ed è «capace di riformare».