LA FESTA DEL CORPUS DOMINI

Per diventare ciò che mangiamo

Gesù attraversa le nostre «strade», in particolare di Acerra, e stringe ancora una volta «alleanza» con gli «ambienti di vita» per quel «legame profondo» tra il Signore presente nell’eucarestia e la città. Un «connubio» simboleggiato dalla «presenza del sindaco» e delle altre autorità civili e militari. Il vescovo Antonio Di Donna ha introdotto la processione del corpo e sangue del Signore, che si è svolta ad Acerra e nelle altre città della diocesi lo scorso 7 giugno, spiegando che «portando il Signore realmente vivo e presente nel suo corpo e sangue per le strade di Acerra, noi preghiamo perché sia l’anima dei nostri ambienti, il centro e faro ispiratore della nostra città; perché conforti gli ammalati e sostenga quelli che soffrono, doni intelligenza creativa a quelli che ci governino e aiuti i suoi discepoli a non chiudersi dentro le mura della parrocchia ma a farsi testimoni e missionari per rendere più abitabile, viva e partecipata la nostra Acerra».
Nell’omelia della Messa presieduta in Cattedrale con i sacerdoti di Acerra, Di Donna ha esortato i cristiani a non ignorare questo «rapporto tra la fede e la città»; a non stare «alla finestra a guardare»; e a non essere «disimpegnati» o addirittura «chiusi nei loro circoli». Anzi, i discepoli di Gesù devono «uscire» e contribuire a dare «un’anima» alla città, per renderla più «umana e vivibile» e creare un «ambiente di pace e nuova alleanza tra tutti quelli che vi abitano».
 
L’eucarestia è perciò il «sacramento dell’alleanza nuova, definitiva ed eterna della storia di Dio con il suo popolo» – dalla «creazione», ai giorni nostri e per sempre – che «niente potrà più spezzare».
Con essa, noi abbiamo la possibilità di entrare «in comunione» con il Signore che ha voluto legare la sua presenza al pane e al vino, al gesto più normale e importante per l’uomo: il mangiare e il bere, e quindi al «segno della mensa» e del «banchetto».
 
Fino a Gesù, l’alleanza era avvenuta attraverso «parole e comandamenti», ora essa si svolge ad un livello «più profondo», capace di «cambiare la coscienza e il cuore». Perché, «come il cibo – che mangiamo per vivere, sostenerci e nutrirci – entra nel nostro corpo e diventa in noi carne, muscoli e cellule, trasformandosi in noi stessi», così «quando mangiamo il corpo e beviamo il sangue di Cristo, anche noi diventiamo Cristo».
 
E’ questo il «mistero più grande della Chiesa» sul quale tutti i cristiani sono chiamati a riflettere, ma ancor più «i sacerdoti e i vescovi, ministri del corpo e sangue del Signore, ministri dell’altare, ai quali la Chiesa ha affidato il compito “terribile”, grande e magnifico di celebrare l’eucarestia». Perciò, Di Donna ha messo in guardia dal «rischio», reale e «molto forte», di fare «l’abitudine alla Messa», soprattutto quando si celebra «a ripetizione, più volte nella giornata, nella settimana o la domenica», con il pericolo della «ripetitività» e del «meccanicismo». «I preti non sono macchine che producono Messe», ha ammonito il presule esortando tutti a «vivere di più» e meglio la «celebrazione dell’eucarestia».
 
Nel ricordare, infine, che «la processione di stasera è la madre di tutte le processioni, l’unica ufficialmente ammessa dalla Chiesa», e precisando che «le altre certamente lo sono, ma in misura minore», Di Donna ha rivolto un accorato ringraziamento alla comunità della parrocchia san Carlo Borromeo di Pezzalunga, che «con grande lavoro e generosità» ancora una volta quest’anno ha adornato di fiori alcune strade della città sulle quali ha camminato il Signore.