Non temere, piccole gregge. È consolante e bello ascoltare queste parole nel periodo di incertezza e di paura che stiamo vivendo. Esse sono frutto dell’attenzione che il Signore ha per ciascuno di noi; egli che «conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome» (Sal 147,4), sa cosa stiamo vivendo, quali sono le nostre paure, i nostri desideri, le gioie e le preoccupazioni e ci dice di non temere. Perché non dobbiamo temere? Perché al Padre è piaciuto darci il suo Regno, perché a Dio piace farci partecipare della sua gioia (cf Mt 25,21; Gv 15,11), condividere con noi non solo quello che ha, ma quello che è. Dio ci ama, si prende cura di noi, perfino i capelli del nostro capo sono tutti contati (cf Mt 10,30): ogni parola che ci dona e tutto ciò che fa o permette è solo per il nostro bene.
Domenica scorsa siamo stati esortati ad arricchirci davanti a Dio (cf Lc 12,21), oggi Gesù lo ribadisce invitandoci a farci tesori sicuri nei cieli, ad impegnare il nostro cuore, ad investire la nostra vita in cose che restano per sempre perché «dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore». Allora ci chiediamo: dov’è il nostro cuore? Per chi e per cosa viviamo? In cosa troviamo sicurezze?
Gesù ci esorta alla vigilanza, lo fa con tre parabole che ci invitano a vivere da risorti. Infatti, la veste stretta ai fianchi e le lampade accese, richiamano la Pasqua degli ebrei (cf Es 12,11) che uscirono dalla schiavitù dell’Egitto e si incamminarono verso la terra promessa; Gesù ci chiama a camminare nella libertà che ci ha donato con la sua Pasqua, salvandoci da ogni schiavitù.
Ci vuole fede nella vigilanza, nell’attesa: è necessario aver fiducia nel padrone che ritorna dalle nozze; nell’amministrare bene ciò che ci è stato affidato: la nostra vita, la nostra vocazione/missione, i beni che abbiamo, l’ambiente in cui viviamo; è necessario essere attenti a non farci rubare la libertà e la dignità che ci è stata donata. La liturgia oggi ci presenta come modello la fede di Abramo: egli per fede, «chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava». Di questo Dio che ha dato prova del suo amore per noi donandoci il suo Figlio (cf Gv 3,16-17), ci possiamo fidare. È lui che in Gesù si cinge i fianchi e si mette a servire i suoi fratelli (cf Gv 13,4-5); è lui che viene nell’ora che non immaginiamo, e viene non per rubare ma per donare la sua stessa vita (cf Gv 10,10); è lui che si fida di noi e mette nelle nostre mani ogni suo bene (cf Mt 25,14-15) e tutto se stesso (cf Mt 26,26). Siamo il suo piccolo gregge per il quale lui ha dato tutta la sua vita (cf Gv 10,11).
Nell’Eucaristia noi incontriamo il Signore che viene, qui è lui che ci invita a sederci alla sua mensa: «Beati gli invitati alla Cena dell’Agnello», è lui che ci serve e addirittura si fa nostro cibo: «Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi».
Maria ci aiuti a vigilare e ad essere sempre pronti ad accogliere Gesù nella nostra vita, a non perdere nessuna occasione di incontro con lui.
don Alfonso Lettieri