«Costui riceve i peccatori e mangia con loro» – mormorano farisei e scribi, e hanno ragione, è proprio così. Infatti, Gesù – e lo dice lui stesso – è conosciuto come «un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori» (Mt 11,19) ed è convinto di questo, perché «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» e non è «venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,12-13).
Ai farisei e agli scribi tutto ciò fa problema, per loro non solo i peccatori sono lontani da Dio, ma Dio deve stare lontano dai peccatori. E noi come reagiamo davanti a queste parole?
All’inizio del suo Vangelo Giovanni dice: «Dio, nessuno lo ha mai visto» e aggiunge: «il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (1,18). «Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre» – dice il Papa. Chi vuole conoscere il vero volto di Dio, deve guardare Gesù (cf Gv 14,9). Il racconto di Luca ci fa gustare tutta la dolcezza del cuore del Padre, il suono di queste parole è musica dolce che entra nelle nostre orecchie, tocca il nostro cuore, rinvigorisce la speranza, rafforza la nostra fiducia, ci invita a non esitare mai di ritornare dal Padre che è misericordia, sempre. Gesù ci incoraggia a ritornare e ci mostra come l’amore del Padre non cambia mai, nemmeno dopo che il figlio si è allontanato, ha sperperato la sua vita e vuole essere trattato come un servo. Veramente «non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe» (Sal 102,10), infatti, quando era ancora lontano «suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Non chiede spiegazioni, non gli rinfaccia nulla, la gioia di riaverlo prevale su tutto, perciò per lui era necessaria la festa: «bisognava far festa e rallegrarsi».
E così stamattina ha fatto con ciascuno di noi: ci ha visti da lontano, quando siamo usciti da casa, ha avuto compassione leggendo nel nostro cuore cosa abbiamo vissuto in questa settimana, ci è venuto incontro facendoci trovare la porta della sua casa aperta, si è gettato al collo accogliendoci nei fratelli e sorelle che qui abbiamo incontrato, ci ha baciati donandoci la sua parola. E mentre noi ci siamo riconosciuti peccatori, lui ci ha rivestiti della sua misericordia, ha preparato la mensa della sua parola, ha apparecchiato la tavola non per il vitello grasso, ma per nutrirci del Corpo e Sangue del suo stesso Figlio e ci riporta in piena comunione con lui, in piena comunione con la sua famiglia, la Chiesa. Questo è il nostro Dio, così ci ama! E Gesù non solo lo dice in una parabola, ma lo confermerà tra due domeniche quando appeso al legno griderà: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
Quando si stancherà Dio di amare così? Da sempre ama così, mai si è lasciato distrarre dai peccati dell’uomo, perché dovrebbe farlo oggi e proprio con noi?
Quante volte il popolo che camminava nel deserto si è ribellato, lamentato, ha dubitato della bontà del Signore (cf Es 17,3.7; Nm 20,3-5), si è fatto un vitello d’oro (cf Es 32,4). Eppure Dio ha continuato a guidarlo e ha mantenuto la sua promessa di portarlo in una terra dove scorre latte e miele (cf Es 3,17), gli ha fatto “gustare e vedere com’è buono il Signore”.
È possibile per noi essere così misericordiosi? Sì, è possibile perché riceviamo misericordia, siamo amati così (cf Lc 6,36). «È evidente – dice il Papa – che, rapportato a questo amore che non ha misura, il nostro amore sempre sarà in difetto. Ma quando Gesù ci chiede di essere misericordiosi come il Padre, non pensa alla quantità! Egli chiede ai suoi discepoli di diventare segno, canali, testimoni della sua misericordia». È possibile perché come ci ha ricordato san Paolo: «se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove». Sì, siamo creature rinnovate col battesimo, siamo stati immersi nella Pasqua di Gesù, siamo stati riempiti di misericordia. Ogni domenica usciamo da questa celebrazione con il cuore che trabocca di amore che ci spinge ad essere misericordiosi, siamo rafforzati dal Pane della vita, possiamo essere misericordiosi come il Padre, il quale ci «ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione». Attraverso noi, oggi, vuole far arrivare la sua misericordia ad altri suoi figli che sono ancora lontani e che noi possiamo avvicinare. Ognuno di noi, arricchito del suo amore, può far sentire il profumo della casa del Padre, il calore del suo abbraccio, la dolcezza delle sue parole, la gioia del ritorno, i canti della festa.
È possibile, è questione di fede: fidiamoci del Padre, amiamo così ancor più in questi giorni di guerra, dove si pensa di trovare la pace con le armi, facciamo vedere a tutti che la misericordia è «la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono» (Misericordiae vultus 9), ci permette di guardarci come fratelli e sorelle dell’unico Padre pur appartenendo a popoli diversi, ci fa gioire del bene dell’altro, ci fa essere veri operatori di pace.
Preghiamo per tutti, per gli aggrediti e gli aggressori, amiamo tutti come fa il Padre che continua a far «sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45), perché è la misericordia la forza della pace.
E con il Papa, invochiamo Maria, Mater Misericordiae: «Tu, stella del mare, non lasciarci naufragare nella tempesta della guerra. Tu, arca della nuova alleanza, ispira progetti e vie di riconciliazione» Amen.
don Alfonso Lettieri