Non abbiamo ancora lasciato la mangiatoia di Betlemme che già la liturgia di questa domenica ci porta a Gerusalemme. È la domenica della santa famiglia. Siamo abituati a contemplarla nelle statuine del presepe, al centro della scena, circondata da pastori, pecorelle e angeli. Guardandola così pensiamo che sia una famiglia beata, cioè senza problemi e preoccupazioni, perché per noi questa è la beatitudine e la pace: l’assenza di problemi e difficoltà. E così rischiamo di vedere la fede come uno scudo, come qualcosa di magico che ci deve difendere da ogni cosa, ci deve appianare la strada, perciò nelle difficoltà protestiamo: “proprio a me, perché? Che ho fatto?”.
Nella lettera Patris corde in occasione dell’anno di san Giuseppe, il Papa parla delle difficoltà che il padre di Gesù ha dovuto affrontare quando «è fortemente angustiato davanti all’incomprensibile gravidanza di Maria» (n. 3), quando ha dovuto affrontare il lungo viaggio verso Betlemme con la moglie incinta, nel trovare un alloggio di fortuna per far nascere il figlio, quando è andato in esilio in Egitto. «Lungi da noi allora – dice Francesco – il pensare che credere significhi trovare facili soluzioni consolatorie. La fede che ci ha insegnato Cristo è invece quella che vediamo in San Giuseppe, che non cerca scorciatoie, ma affronta “ad occhi aperti” quello che gli sta capitando, assumendone in prima persona la responsabilità» (n. 4). È nelle difficoltà che la nostra fede ci aiuta e fa venir fuori «risorse che nemmeno pensavamo di avere» (n. 5). Quindi questa non è una famiglia da presepe, anzi, ha sperimentato ciò che le nostre famiglie sperimentano e ci dice che Dio non fa mai mancare il suo aiuto a coloro che si affidano a Lui e dà a tutti la forza e la grazia per affrontare ogni difficoltà: anche nella sofferenza non fa mancare la sua pace. Un inno della Liturgia delle ore di questa festa, così parla della santa famiglia: «La mano del Signore li guida e li protegge nei giorni della prova. O famiglia di Nazaret, esperta del soffrire, dona al mondo la pace». Come ha guidato e protetto loro, così il Signore guida e protegge le nostre famiglie.
Maria e Giuseppe «si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua», oggi ci vanno da genitori con il loro figlio Gesù. Sperimentano anche l’angoscia di non trovare il figlio e «quell’angoscia che essi provarono – dice il Papa – dovrebbe essere anche la nostra angoscia quando siamo lontani da Lui… Dovremmo provare angoscia quando per più di tre giorni ci dimentichiamo di Gesù, senza pregare, senza leggere il Vangelo, senza sentire il bisogno della sua presenza e della sua consolante amicizia». Lo hanno cercato e trovato nel Tempio, anche noi stamattina siamo venuti per cercare Gesù e qui lo ascoltiamo, dalla sua parola riceviamo luce per il nostro cammino (cf Sal 118,105), si dona a noi nell’Eucaristia dalla quale attingiamo forza e coraggio per affrontare la vita quotidiana con tutto ciò che comporta.
Quando lo trovarono «restarono stupiti»: chiediamo anche noi il dono dello stupore, della meraviglia davanti a questo grande dono che qui riceviamo: Dio è qui in mezzo a noi, si dona a noi!
Luca dice che non compresero le sue parole eppure non si fermarono nemmeno davanti a questa difficoltà, sono stati docili all’azione dello Spirito, hanno sempre messo Gesù al centro, si sono fidati sempre di Dio anche quando non tutto era chiaro: «Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore».
Come quella di Nazareth, così le nostre famiglie saranno sante quanto più metteranno al centro Gesù e ameranno come lui ci ha amati (cf Gv 15,12).
In questo giorno preghiamo per tutte le famiglie, per quelle che sono nella gioia e per quelle che sono nel pianto, per quelle ferite dalla divisione, dalla incomprensione, dalla malattia, dalla lontananza, dalla disoccupazione, dalla morte. Tutte trovino nella santa famiglia la forza per andare avanti e la protezione per sentirsi sempre amati in ogni momento.
don Alfonso Lettieri