La lettera agli Ebrei ci ha detto che Gesù «è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato». Non so a voi, ma queste parole mi rassicurano, mi fanno sentire ancor più la sua presenza nella mia vita: Gesù sa cosa ognuno di noi vive perché l’ha vissuto pure lui, «ogni cosa»! Ecco perché davanti alla richiesta dei due apostoli e allo sdegno degli altri, continua ad aver pazienza, a cercare di spiegare cosa significa essere il primo e il più grande.
Guardiamo con simpatia gli apostoli, in ciascuno di loro possiamo vedere anche un po’ del nostro carattere, dei nostri pensieri, dei nostri modi di fare. Anche noi vogliamo che gli altri e addirittura Dio faccia ciò che chiediamo; anche noi ci ritroviamo nella richiesta dei due fratelli e nell’indignazione degli altri. Essere il primo e il più grande, puntare al meglio, fare bene, vederci stimati, avere una buona posizione sono desideri legittimi. Infatti, Gesù non dice nulla su questo, perché non vuole discepoli mortificati, senza passione, tristi, ma ci chiama a cambiare il modo di primeggiare ed essere grandi, per Dio essere il primo e il più grande, equivale ad essere servo. Nel profeta Isaia (I lettura), infatti, si presenta come «il giusto servo» che offre se stesso. Non bisogna desiderare la grandezza dei «governanti delle nazioni» che «dominano su di esse e i loro capi le opprimono», non può essere così per i cristiani che hanno come maestro Gesù che «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Dunque, per essere grandi i cristiani sono chiamati ad abbassarsi come il loro maestro, non possono opprimere gli altri, ma sollevarli, condividere le «gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (GS 1), non possono pretendere di essere serviti, ma servire. Gesù nell’ultima cena ci ha mostrato il modo di vivere la grandezza e l’autorità: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri» (Gv 13,14). Noi siamo amati e serviti da Dio (cf Gv 10,10) e da questo amore riceviamo coraggio e forza per amare e servire gli altri (cf Gv 14,12). Ci viene chiesto oggi, se ancora non lo abbiamo fatto – ma tutti siamo sempre in cammino di conversione – di cambiare prospettiva nel vivere le responsabilità che abbiamo come genitori, come preti, nel mondo del lavoro…: Mi sento superiore agli altri? È un dominio o un servizio il mio? Mi aspetto sempre un riconoscimento o so vivere la gratuità? In una società dove sembra che ci si debba fare spazio a tutti costi, anche mortificando gli altri, siamo chiamati a favorire il bene degli altri, a togliere ogni ostacolo dal loro cammino – per quello che ci è possibile.
Domenica scorsa Papa Francesco ha aperto il cammino sinodale per tutta la Chiesa, oggi si apre in ogni diocesi. Questo cammino è caratterizzato dall’ascolto reciproco. Papa Francesco ha detto domenica scorsa: «come stiamo con l’ascolto? Come va “l’udito” del nostro cuore? Permettiamo alle persone di esprimersi, di camminare nella fede anche se hanno percorsi di vita difficili, di contribuire alla vita della comunità senza essere ostacolate, rifiutate o giudicate? Fare Sinodo è porsi sulla stessa via del Verbo fatto uomo: è seguire le sue tracce, ascoltando la sua Parola insieme alle parole degli altri».
Ascoltiamo chi ci vive accanto, i genitori ascoltino i figli, i figli ascoltino i genitori, si ascoltino i colleghi, gli amici, i vicini; ascoltiamo chiunque incrociamo sulle strade della nostra vita. L’ascolto vero ci permette di entrare nel “mondo” dell’altro, ci aiuta a conoscerlo veramente, a superare i pregiudizi, a trovare insieme la strada migliore per il bene di tutti, siamo chiamati a detestare il male, ad attaccarci al bene; ad amarci gli uni gli altri con affetto fraterno, a gareggiare nello stimarci a vicenda (cf Rm 12,9-13), ad avere gli stessi sentimenti di Gesù (Fil 2,5): l’amore, la generosità, l’umiltà, l’obbedienza a Dio, il dono di sé. «Si tratta non solo e non semplicemente di seguire l’esempio di Gesù, come una cosa morale, ma di coinvolgere tutta l’esistenza nel suo modo di pensare e di agire» (Benedetto XVI).
Maria che si è definita «la serva del Signore» (Lc 1,38), ci aiuti a credere veramente che «Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35).
don Alfonso Lettieri