Cosa devo fare? Forse è una delle domande più ricorrenti nella nostra vita. Oggi è quest’uomo ricco che la rivolge al maestro, vuole sapere che deve fare per vivere pienamente la sua vita, vuole la felicità vera, duratura. E si rivolge all’uomo giusto, a chi non solo gli dà la risposta ma è la risposta, è la vita e la felicità senza fine. Anche noi non esitiamo a chiedere a Gesù ciò che ci manca, ad affidare a lui ciò che portiamo nel cuore, i desideri di bene, i nostri sogni e anche le angosce, le preoccupazioni.
È bello vedere il Maestro con quanta delicatezza ci accompagna, lui non si sostituisce mai a noi, ci illumina e ci guida. «Tu conosci i comandamenti» – dice a questo tale. I comandamenti sono dei punti di riferimento per aiutarci a rimanere nella libertà, ci aiutano a distinguere il bene dal male, «Dio ci ha donato i Comandamenti – ha detto Benedetto XVI – per educarci alla vera libertà e all’amore autentico, così che possiamo essere davvero felici».
«Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza» – risponde. Dice Marco che Gesù a questo punto lo guarda, lo ama e gli indica la via del dono, della condivisione delle proprie ricchezze: «vendi quello che hai e dallo ai poveri» e della propria vita: «vieni! Seguimi!». Ciò che ci rende veramente ricchi, liberi e felici non è semplicemente ciò che abbiamo, ma ciò che doniamo!
Quest’uomo se ne va triste, ha il sogno della felicità, ma non il coraggio di viverla! Il poeta K. Gibran dando voce alla felicità, dice: «Amo l’uomo e lui mi ama / Ma nel suo cuore / ho una rivale che lo tormenta e mi assilla. / È un’amante crudele; / si chiama Materia. / Dovunque andiamo, ci segue / come una guardiana, per separarci».
Infatti, ciò che Gesù chiede di lasciare è tutto ciò che appesantisce la nostra vita, ostacola il nostro cammino di libertà e felicità.
Bisogna ringraziare il Signore perché non ci manca nulla, abbiamo il necessario per vivere e forse anche il superfluo, e gli ostacoli non sono le grandi ricchezze, ma il modo di rapportarci con esse, di usarle, perciò abbiamo chiesto di valutare «con sapienza i beni di questo mondo» per diventare «liberi e poveri» per il regno. Se ciò che abbiamo non serve ad aprire il cuore, ci rende servi e non padroni della ricchezza, infatti, questo tale aveva molti beni e questi hanno deciso per lui.
Come uso i beni che ho? Cosa ostacola il mio desiderio di felicità?
I discepoli restano stupiti dalle parole di Gesù: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio», chiedono: «E chi può essere salvato?». La salvezza è un dono da accogliere, non qualcosa da conquistare, non dipende dalle sole forze umane.
Quando la nostra debolezza prevale, quando siamo tentati di condannare gli altri, ricordiamoci che «tutto è possibile a Dio», anche far passare un cammello per la cruna di un ago: gli è possibile far entrare chiunque nel suo regno, anche chi sembra non aver speranza.
Quell’uomo se n’è andato, a Pietro interessa la sorte di chi è rimasto. Gesù ci dice che con Dio nessuno ha mai perso qualcosa, infatti, ciò che si dona viene moltiplicato – «cento volte tanto» –, e seguirlo non è questione di mortificazione, ma di desideri più grandi, di amore più forte, di coraggio per affrontare la vita e gustarla fino in fondo.
L’amorevole sguardo del Maestro ci accompagna ogni momento, tenere fissi i nostri occhi nei suoi è il segreto per non perdere la via, per dare il giusto valore ad ogni cosa, per comprendere cosa ci manca per essere veramente felici. Solo così possiamo evitare di andar via anche noi tristi.
don Alfonso Lettieri