Marco ci sta presentando Gesù che insegna nelle sinagoghe, guarisce gli ammalati, scaccia demoni; la sua parola illumina, guarisce, sconfigge il male.
Oggi si presenta davanti a lui un lebbroso. I lebbrosi erano considerati impuri davanti agli uomini e davanti a Dio, nessuno poteva avvicinarsi a loro, né toccarli; erano condannati all’isolamento, esclusi dalla vita sociale, con la lebbra perdevano tutto: parenti, amici, casa, lavoro. Quest’uomo si avvicina a Gesù, lo supplica: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Ognuno, in qualsiasi condizione si trovi, ha sempre la possibilità di presentarsi davanti a Dio così com’è nella sua ricchezza e anche nella sua miseria, con la propria “lebbra”, con il proprio peccato e Dio non evita mai l’incontro con i suoi figli. Gesù, infatti, non scaccia il lebbroso, né si allontana da lui, anzi, «tese la mano, lo toccò». Il Signore non ha paura di contaminarsi con le nostre “malattie”, per amore «si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,3) per risollevarci, per guarirci. Mai dubitare di poter essere accolti da Lui, per ogni cosa possiamo andare dal Padre, nulla ci deve impedire di confidare nella Sua misericordia. Questo toccare di Gesù è la carezza di Dio all’umanità malata, ferita, scartata, è la certezza della vicinanza di Dio, del nostro stare al centro del Suo cuore, è prova del Suo coinvolgimento nella nostra vita, nella nostra storia e del dono della Sua grazia, del suo aiuto. Gesù l’ha ribadito tante volte con gesti concreti come quello di farsi lavare i piedi da una donna peccatrice (cf Lc 7,37-38), toccando gli occhi di un cieco (cf Gv 9,6-7), le orecchie e la lingua di un sordomuto (cf Mc 7,32-35), non condannando l’adultera (cf Gv 8,1-11), perdonando Pietro (cf Gv 21,15-19), raccontando la parabola del Padre misericordioso (cf Lc 15,11-32), ma soprattutto facendosi lui stesso peccato (cf 2Cor 5,21), “lebbroso” scacciato fuori dalla città e inchiodato sulla croce (cf Mc 15,20). E oggi, nel Pane eucaristico, tende la mano verso ciascuno di noi, ci tocca, ci dona tutto se stesso. Che grande dono!
Se vuoi… dice il lebbroso: Tu hai il potere, puoi, ma mi vuoi aiutare? Questa domanda ci fa riflettere sulla nostra preghiera, sulla nostra fede in Dio. Gesù dice che quando preghiamo dobbiamo avere la certezza che il Padre non fa aspettare i figli che gridano a Lui (cf Lc 7,8), che «darà cose buone a quelli che gliele chiedono» (Mt 7,11). Abbiamo questa certezza quando ci rivolgiamo al Padre? Si insinua spesso l’antico dubbio/tentazione: Dio vuole veramente il mio bene? (cf Gen 3,1-5). Ho chiesto tante volte aiuto e non mi ha ascoltato! E questa pandemia che non passa… quando interviene?
Gesù risponde: «Lo voglio, sii purificato!». Dio ascolta, vuole il nostro bene, «è alleato nostro. Colui che un giorno pianse per la morte di Lazzaro, piange oggi per il flagello che si è abbattuto sull’umanità. Sì, Dio “soffre”, come ogni padre e ogni madre. Quando un giorno lo scopriremo, ci vergogneremo di tutte le accuse che gli abbiamo rivolte in vita. Dio partecipa al nostro dolore per superarlo» (Card. Cantalamessa).
Ecco perché Gesù ci ha detto di rivolgerci a Dio chiamandolo Padre (cf Mt 6,9), per far crescere in noi questa consapevolezza che Lui non manderà mai via i suoi figli e si prenderà sempre cura di loro! Perciò mettiamo davanti a Dio le nostre ferite, lasciamoci toccare dalla Sua grazia, fiduciosi di essere da Lui guariti. E raccontiamo a tutti ciò che ha fatto per noi; imitiamolo, annunciamo con la nostra vicinanza il Suo amore per tutti, a partire dai più deboli ed esclusi.
don Alfonso Lettieri