Il giorno di Natale la Chiesa ha posto la nostra attenzione sul Figlio di Dio che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Oggi ce lo fa contemplare nella santa Famiglia di Nazareth tra Maria e Giuseppe. Dio per venire nel mondo ha scelto il modo più naturale, entra a far parte di una famiglia, tanto che di lui si dirà: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22), «il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria?» (Mt 13,55). «Che sorpresa – dice il Papa – vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini!» (Admirabile signum 8). Così descrive questa famiglia l’Inno delle Lodi: «Giuseppe addestra all’umile arte del falegname il Figlio dell’Altissimo. Accanto a lui Maria fa lieta la sua casa di una limpida gioia». Come ogni bambino Dio ha avuto bisogno di cura e protezione; ha dovuto imparare a parlare, a camminare, a pregare: Gesù ha imparato a conoscere il Padre alla scuola di Maria e Giuseppe, due persone che si sono fidate totalmente di Dio (cf Lc 1,38; Mt 1,24). Da grande questo bambino dirà: «Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato» (Gv 4,34); e sulla croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Proprio come hanno fatto i suoi genitori! «Ci sono inclinazioni maturate nell’infanzia che impregnano il profondo di una persona e permangono per tutta la vita…
Molte persone agiscono per tutta la vita in una certa maniera perché considerano valido quel modo di agire che hanno assimilato dall’infanzia, come per osmosi: “A me hanno insegnato così”» (Amoris laetitia 274). Quanto è importante l’educazione ricevuta in famiglia!
Nel Tempio Gesù viene accolto tra le braccia dell’anziano Simeone che l’ha riconosciuto come «il Cristo Signore» perché l’ha saputo attendere, ha creduto alle promesse di Dio (cf Lc 2,26), così i suoi occhi hanno visto la salvezza (v. 30). La Chiesa ogni sera nell’ultima preghiera (Compieta) ci fa ripetere le parole di Simeone: «i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Sì, perché ogni giorno la salvezza di Dio viene donata agli uomini, viene data a noi. Come Simeone impariamo a vedere i segni della salvezza nelle nostre giornate, non facciamoci prendere solo dalla stanchezza e dallo sconforto, impariamo a scorgerla nelle persone che vivono con noi, nella semplicità dei gesti quotidiani, in chi fa il proprio dovere, nella cura che si ha per gli ammalati, in un gesto di riconciliazione, in una parola detta per incoraggiare, nel silenzio di chi sa ascoltare, nell’impegno per il bene comune, in chi si spende per la salvaguardia del creato, nella solidarietà dei volontari, nella carità dei cristiani, nella dedizione di una mamma e di un papà, nella premura dei figli per i genitori anziani, in chi sa rinunciare anche a qualche suo diritto per costruire la pace, in chi segue i propri sogni e affronta qualsiasi difficoltà, nelle cose belle che cadono sotto i nostri occhi, in un sorriso che ci ha regalato un po’ di calore nonostante le fredde mascherine…
Stupiamoci ogni giorno come Maria e Giuseppe delle cose che Gesù fa e ci fa vedere, meditiamole nel nostro cuore, solo così in ogni singolo giorno dell’anno, anche in quello che ci sembra più buio, impareremo a vedere la luce e saremo contenti e grati di averli vissuti.
don Alfonso Lettieri