Abbiamo ascoltato uno dei passi del Vangelo più famosi, lo conoscono e lo citano tutti, anche gli atei. Ma a noi cristiani cosa dice?
Erodiani e farisei non vanno d’accordo, ma si alleano «per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi». Se risponde sì alla loro domanda, il popolo che attende il Messia liberatore lo vede come traditore; se dice no viene accusato di essere un sobillatore del popolo contro i romani. Ma al maestro ciò che importa è guidare tutti alla verità, non si fa ingannare né imprigionare nelle nostre domande, anzi, pone lui domande per far luce sui nostri modi di fare e di pensare. Chiede di vedere una moneta: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Infatti, sulla moneta è scritto: “Tiberio Cesare, figlio del dio Augusto”, ed è raffigurato l’imperatore. Ecco, risolto il problema. Questa moneta appartiene a Cesare e a lui va restituita. Ma voi di chi siete, a chi appartenete? Guardando la moneta subito si capisce a chi appartiene; e chi guarda noi capisce con altrettanta facilità che apparteniamo a Dio, che siamo cristiani? Abbiamo impresso in noi l’immagine di Dio (cf Gn 1,26), «egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo» (Sal 99,3), col battesimo ci siamo addirittura rivestiti di Cristo, apparteniamo a lui (cf Gal 3,27-28), non possiamo essere schiavi di nessuno. Noi siamo identificati in base all’appartenenza ad una famiglia, agli amici, al lavoro che facciamo, alla città dove viviamo, ma l’appartenenza fondamentale è a Dio. Sentiamo questa appartenenza? Siamo di Dio, amati e scelti da Lui (cf II lettura) che ci dà tutto ciò che siamo e abbiamo e da noi non vuole cose, ma noi stessi, perciò san Paolo ci esorta a offrire/restituire i nostri corpi, noi stessi, «come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1), così da far trasparire in noi la sua immagine, il suo amore. Lui è nostro Padre, si prende cura di noi in ogni modo, anche per strade inaspettate. Per far ritornare al proprio paese il popolo esiliato a Babilonia suscita Ciro, re persiano, pagano, Egli è «il Signore e non c’è alcun altro» e opera in tutti e attraverso tutti.
Oggi si celebra la 94a Giornata Mondiale Missionaria, il tema scelto – “Eccomi, manda me. Tessitori di fraternità” – ci richiama ad essere disponibili alla chiamata del Signore che ci invia a far conoscere il suo amore per tutti gli uomini. Preghiamo e sosteniamo i missionari che vanno in terre lontane, disagiate, ma sia forte in noi la consapevolezza che la Chiesa tutta è missionaria, «continua nella storia la missione di Gesù» (Papa Francesco). Chi ha sperimentato l’amore vero ha in sé il desiderio di farlo conoscere; non si tratta di convincere, ma di amare proprio lì dove viviamo quotidianamente, dalla famiglia ai luoghi di lavoro e di svago portando la luce del Vangelo e il profumo dell’amore (cf GS 43). Dio e Cesare non vanno contrapposti, infatti la nostra fede ha un solo luogo per essere vissuta, qui ed ora, perché non viviamo fuori dal mondo (cf A Diogneto). Anzi, in questo tempo di sofferenza a causa della pandemia siamo fortemente interpellati: «La povertà di chi muore solo, di chi è abbandonato a sé stesso, di chi perde il lavoro e il salario, di chi non ha casa e cibo ci interroga. In questo contesto, la domanda che Dio pone: “Chi manderò?”, ci viene nuovamente rivolta e attende da noi una risposta generosa e convinta: “Eccomi, manda me!” (Is 6,8). Dio continua a cercare chi inviare al mondo e alle genti per testimoniare il suo amore, la sua salvezza dal peccato e dalla morte, la sua liberazione dal male (cfr Mt 9,35-38; Lc 10,1-12)» (dal Messaggio per la GMM).
Maria ci aiuti a portare a tutti la gioia del Vangelo e ad essere pronti nel rispondere “Eccomi, manda me!”.
don Alfonso Lettieri